martedì 16 dicembre 2008

E' Natale, butta giù la pillola


Al grido di "evviva evviva", grazie all'aiuto dell'ex ministro della sanità (donna) Livia Turco, sponsorizzata dalla nuova direttrice dell'Unità (donna) Concita Di Gregorio, fra poco in Italia la RU486, la pillola ammazzabambini. Così, alla faccia della legge che impone che l'aborto - che di suo è già una tragedia -sia fatto in strutture sanitarie, ora con la pillolina qualsiasi ragazza si toglierà l'impiccio nel bagno di casa sua, al riparo da sensi di colpa, imbarazzi e schiamazzi. E se qualcuna di queste ragazze ci lascerà le penne, come già capitato a diverse donne che hanno usato questa Meraviglia della Medicina Moderna, ci penesrà Concita a riempire una intera pagina del suo giornale scagliandosi contro l'ingerenza della Chiesa. Chissà perchè quando c'è qualcuno che difende la vita quel qualcuno è sempre la Chiesa (che si becca anche gli urletti di Concita). Intanto, con la benedizione della Turco e il godimento dei radicali, l'industria farmaceutica si frega le mani per il nuovo busines multimiliardario. "I soldi non puzzano" dicevano gli antichi, E nemmeno sanguinano, aggiungiamo noi.

mercoledì 10 dicembre 2008

SpAvvento

Siamo in Avvento, ovvero nel periodo dell'anno che per i cristiani prepara e conduce alla festa gioiosa della nascita di Gesù. Per la maggior parte delle persone, invece, l'avvento è uno spavvento, cioè un periodo di stress in cui "bisogna" sorridere, "bisogna" comperare i regali, "bisogna" organizzare il pranzo con parenti di cui non si ricorda più nemmeno la faccia, "bisogna" essere buoni e fare qualche opera di beneficenza. Quest'anno, in cui la crisi incombe e le spese se ne possono fare di meno, quest'anno di caduta dei mercati non c'è nemmeno il regalo consolatorio a coprire con la sua sorpresa il vuoto del cuore. Ecco perchè la gente, che questo vuoto lo sente, è ancora più triste e arrabbiata del solito. Già da parecchi anni il Natale è una festa vera per pochi, per tutti gli altri è una grande celebrazione consumistica senza significato e senza ragione. Quest'anno, poi, sarebbe solo un gran vuoto consumistico, senza significato e senza ragione. Ecco perchè oggi più che mai il Natale può essere vissuto nel suo significato profondo. In questa fine 2008, con le case di tanta gente svuotate di beni, forse le persone potrebbero essere più pronte ad accogliere la pienezza della gioia. Chissà se ne approfitteranno.

venerdì 21 novembre 2008

Scheletri nell'armadio

26 secoli prima di Cristo, 46 secoli prima dei giorni nostri , in età neolitica; in Germania, ad Eulau. Lì fu sepolta della gente. e gli archeologi l'hanno ritrovata. Quattro persone, due adulti, un maschio e una femmina, e due bambini, entrambi maschi. I genetisti ci raccontano che i quattro sono legati da una sicura affinità. Insomma è una famiglia. Sepolti da una mano pietosa dopo essere stati uccisi da qualche nemico, forse un clan rivale. Sepolti in modo da guardarsi a due a due, uniti e stretti di fronte alla morte, stretti e uniti davanti all'aldilà. In età neolitica c'era la famiglia, quella tradizionale, quella buona. In età neolitica c'era la sensibilità di tenere uniti nella morte coloro che erano stati uniti nella vita. Ma erano selvaggi, oggi noi, saggi, evoluti e divorziati sappiamo. Sappiamo che per il nostro comodo e i nostri alibi possiamo distruggere legami, possiamo sposarci con leggerezza, possiamo fare figli e abbandonarli, e qualche volta possiamo anche ucciderli. Come uccidiamo i malati e tra un pò uccideremo i vecchi. Noi, liberati dalle nostre ideologie non siamo nel neolitico, noi sfasciamo famiglie e se dietro di noi lasciamo morti e rovine non importa, non dobbiamo fare nemmeno lo sforzo di ricomporre i cadaveri.

venerdì 14 novembre 2008

Anche lei farà lo sciopero della sete


I radicali esultano! Sì, anche Eluana Englaro, ha ordinato la Cassazione, sarà libera di fare lo sciopero della sete e della fame come il famoso pensatore radicale. Certo, "libera" forse è una parola un pò troppo forte per una ragazza in coma. E "pensatore" è magari troppo forte per chi in coma ha il cuore e la coscienza . Ma non sottilizziamo, vuoi mettere la soddisfazione dei radicali? Diranno: "Tutti quelli che pensavano che Giacinto facesse finta di star male per i suoi digiuni, ora si ricrederanno. Ad Eluana toglieranno l'alimentazione e lei morirà. Così tutti si renderanno conto di quanto ha rischiato Pannella". Giusto, bravi ragazzi, fate vedere quanto sono pericolosi i digiuni, fate vedere quanto vi sono costate le lotte contro la fame del mondo, per impedire che i bambini africani morissero per mancanza di cibo. E poi, se per far vedere questo Eluana deve morire di fame, non chiamiamola incoerenza; i radicali, si sà, sono nostalgici, si ricordano ancora il famoso slogan degli anni '70: "Colpirne uno per educarne cento". Addio Eluana, martire innocente.

sabato 1 novembre 2008

La marcia dei pinguini

"La marcia ta dei pinguini" è un bel film che racconta il ciclo di vita di questo simpatico animale, che di generazione in generazione si comprta sempre allo stesso modo: come il nonno, cosi il figlio e poi il nipote, tutti fanno le stesse cose alla stessa maniera, acoppiamento, riproduzione, ricerca del cibo, allevamento dei piccoli, sempre i medesimi gesti.





La marcia è un'attività salutare e fa sentire bene. Marciare insieme con gli altri è ancora più piacevole, ci si sente gruppo. unità. forza dinamica e potente. Sembra quasi di poter cambiare il mondo. Soprattutto se quando si marcia si canta, si ripetono slogan incisivi e densi di significato (ma abbastanza vaghi da essere variamente interpretabili al bisogno). Insomma non solo il medico raccomanda la marcia, ma anche lo psicologo e l'educatore. Sì, anche l'educatore, perchè è l'unica occasione in cui ragazzi che non sanno cosa sia la disciplina e il dominio di sè si sacrificano camminando allo stesso passo come bravi soldati e affrontano la fatica e la pioggia per un Alto Ideale. E' un addestramento alla sofferenza e all'autocontrollo (alcune volte devono anche trattenersi la pipì, non è facile trovare un bagno per così tante persone).




Questi indubitabili vantaggi della marcia fanno anche molto comodo. Rendono superflue le motivazioni del marciare. Ma chissenefrega se si marcia per Berlusconi o per Veltroni, se i ragazzi dei centri sociali marciano per l'università, se quelli del liceo marciano contro la Gelmini che marcia a favore delle elementari, mentre i bambini dell'asilo marciano perchè i sindacati continuino a tenere segreti i loro bilanci così da finanziare (ma non è vero) queste marce che però devono sembrare marce autogestite. L'importante è che si marci, con il petto in fuori e le canne in dentro. In fondo non è nemmeno bene pretendere da chi marcia che ci sappia dire in italiano corretto dov'è diretto, a Montecitorio o in Prefettura, a Piazza della Repubblica o al prato più vicino. Tanto il "Movimento" sa dove andare, alla fine la lunga Marcia dei Pinguini arriverà.

sabato 18 ottobre 2008

Non mi intendo di economia...

...ma capisco che la situazione sia davvero brutta. Per questo motivo dobbiamo essere fiduciosi. No, non sono ubriaco e nè voglio provocare a ogni costo. Però penso che il crack della finanza mondiale e la crisi che stiamo vivendo siano una fase storica, non la fine della storia e tanto meno della nostra storia. E' un momento che dobbiamo sfruttare bene per fare una delle operazioni più importanti per la vita: capire ciò che vale davvero, ciò che ha un valore intrinseco che non risente degli alti e bassi delle vicende estene, ma dura per sempre. Quando le cose su cui abbiamo investito spariscono e a noi resta solo n pugno di mosche, l'alternativa è tra la disperazione e la scoperta, la scoperta di fondamenta nuove e solide, di un senso diverso della nostra esistenza, di una vita meno superficiale ed egocentrica. E' un momento importante, forse un'occasione irripetibile per non ricadere nelle nostre corse senza meta.

domenica 28 settembre 2008

Ancora brutte storie, ma è colpa della famiglia?

Notizie da tutta Italia di stragi familiari. Così i solti "equilibrati" commentatori hanno pane per il loro denti per dare addosso alla famiglia e sbatterla in prima pagina come mostro. Genitori che uccidono figli, figli che ricambiano la cortesia, coniugi che si uccidono tra di loro, nonni che per non essere da meno prima si fanno l'amante e poi assumono un killer. Sembra un film di Tarantino tratto da un incubo di Dario Argento. Ma attenzione a non sbagliare obiettivo: questi fatti non sono la famiglia, come le mele marce non sono l'albero del melo. Gli episodi di violenza all'interno delle famiglie ci fanno solo capire che l'albero deve essere curato e protetto per dare solo frutti buoni e sani. Non è certo colpa della famiglia se anni e anni di cultura della morte ha operato contro di lei una progressiva e consapevole aggressione, mettendono in dubbio l'unicità, la bontà, l'nsostituibile ruolo. Non è colpa della famigli se i politici non si sono mai ocuoati seriamente di promuoverla e sostenerla. Non è colpa della famiglia se è lasciata sola alle prese con problemi più grandi di lei. Allora gli espisodi di violenza devono solo convincerci che non solo serve l'albero, ma serve un albero forte, curato e difeso se vorremo ancora magiare frutti non avvelenati da speculatori senza scrupoli.

sabato 13 settembre 2008

Anniversario di Lucio Battisti

In questi giorni ci sono stati molti tributi in onore di Lucio Battisti per il decimo anniversario dallasua scomparsa. Cosa dire ancora che non sia stato detto? La musica è in grado di creare innumerevoli stati d'animo, può spingere una persona verso orizzonti psicologici insospettabili, può stimolare l'intelligenza e la creatività. E' un'arte difficile e sconfinata. Quando si incontra qualcuno che anche nel modesto spazio della musica leggera riesce a scrivere brani così coinvolgenti e duraturi è davvero un grande regalo che ci viene donato. Ma Battisti senza il creatore delle sue parole, l'altrettanto grande Mogol, non sarebbe mai diventato quello che è stato. Il che vuol dire che solo dalle collaborazioni generose e dall'integrazione delle qualità di persone diverse possono nascere cose di valore.

domenica 7 settembre 2008

Scusate il ritardo...

... ma ultimamente ho trascurato l'aggiornamento del blog, e non per mia volontà. Mi verrebbe voglia ora di recuperare il tempo apparentemenete perduto e di mettermi a correre per rifarmi, però non credo sia la soluzione migliore. Certe volte siamo obbligati ad accettare anche delle realtà che ci piacciono poco; i cinesi direbbero che quando arrivano i periodi ying il saggio si ritira e attende senza agire lo sviluppo degli eventi. Tutto ciò non è negativo, ma fa parte del normale alternarsi ciclico. E allora voglio fare tesoro della saggezza orientale e assecondare i tempi. Come se niente fosse, riprendo con piacere questo periodico riflettere con voi sulle cose che accadono, sempre con uno sguardo controcorrente e quando serve, impertinente.

mercoledì 11 giugno 2008

Una legge che conta

Nella clinica Santa Rita di Milano toglievano polmoni a chi aveva l'ernia, sostituivano un tendine tibiale al posto di quello rotuleo, facevano operazioni inutili, diversi pazienti sono morti. Perchè lì, i pazienti, erano carne da macello per fare soldi. Ma il Dottor Massone, l'ex primario della chirurgia toracica della clinica, ora dice: "Ho sempre pensato al bene dei malati".

Già, il bene dei malati. Proprio questo, e solo questo, dovrebbe animare un medico. Il bene dei malati, dovrebbe giustificare la scelta della profesisone medica, le notti insonni per prepararsi agli esami, i sacrifici di anni di tirocinio e pratica ospedaliera. Come, daltronde, questo desiderio dovrebbe animare qualsiasi lavoratore in qualsiasi campo. Anche lo spazzino deve pulire bene la strada per il bene dei cittadini e l'autista del tram deve guidare con attenzione e prudenza per il bene dei viaggiatori. Il commerciante deve vendere prodotti buoni al giusto prezzo per il bene dei suoi clienti, e un professore deve insegnare con coscienza per il bene dei suoi allievi.

Le leggi non possono sanare tutte le mancanze in tutti i settori, deve esserci una legge unica, che abita nella coscienza delle persone, a guidare e regolamentare le loro scelte. Molti si giustificano dicendo che siccome gli altri non fanno il loro dovere allora anche loro..., ma ognuno risponde per se stesso, non per gli altri. Il professor Massone, se verranno confermate le accuse, prima ancora che allo stato risponderà alla propria coscienza, che ha tradito venendo meno all'unica legge che davvero conta, quella che obbliga ognuno di noi a utilizzare le proprie capacità per il bene degli altri.

sabato 24 maggio 2008

Second Life

Riprendo la mia riflessione sulle dipendenze (vedi). Oggi molti cercano la loro "Second Life", un rifugio individualista e recintato dove - anestetizzati - si possa vivere lontani dalla "First Life", cioè la realtà vera, la vita di tutti i giorni. Qualcuno questa seconda vita la trova in realtà parallele, tra le quali spicca proprio il mondo virtuale e internettiano di "Second Life". Ma - come dicevamo nel precedente post - non c'è solo internet, molti affidano il loro rifugio nell'alcool, altri nel gioco compulsivo. Un numero sempre più grande nel sesso senza limiti e regole. Moltissimi si affidano ad hashish e marijuana, non mancano quelli che la loro "bolla" la trovano in pratiche esoteriche o paraesoteriche (new age, yoga, zen...) veicolate da sette e sedicenti guru. La televisione, fa la sua parte, come anche lo sport quando diventa ragione di vita. Esperienze disparate, ma che in comune hanno la possibilità di essere usate come TAZ. TAZ, significa Temporary Autonomus Zone (zona temporaneamente autonoma), un concetto proposto dallo scrittore Peter Lamborn Wilson, più conosciuto come Hakim Bey, maestro e guida riconosciuta dei gruppi anarchici, no global e dei centri sociali, nonchè teorico e studioso del fenomeo della pederastia spirituale (tanto per far capire il soggetto). Hakim Bey descrive la TAZ come un territorio mentale che elude i normali centri di controllo, ha una vita breve, si realizza sul confine di regioni prestabilite dai meccanismi istituzionali. Insomma, un territorio soggettivo e anarchico che si può anche concretizzare per brevi momenti (ad esmpio un Rave) e nel quale vivere fuori delle regole sociali e dare sfogo ad ogni impulso.
Nella foto Akim Bey Hakim Bey teorizza la TAZ come un'esperienza
rivoluzionaria di liberazione. Io ritengo invece, che sia un concetto interessante per descrivere il disagio mentale dei nostri giorni.


Quando una persona non ce la fa a vivere la propria "first life" con le sue responsabilità e le sue fatiche, sente il bisogno insopprimibile di scappare in un mondo fantastico e irreale, in cui stimolazioni neurologiche potenti fanno dimenticare per un pò la realtà e inducono uno stato di piacere effimero e artificiale. Salvo poi, quando ritorna nella vita vera, cadere in uno stato di prostrazione profonda, di delusione, di aridità, di angoscia che la spinge a ripiombare nell'auto-consolazione di una nuova TAZ. Un circuito perverso di auto-annichilimento che estranea sempre più dalla Vita.


Nella pratica clinica, ho verificato che il concetto di TAZ può essere estremamente utile per leggere una serie molto varia di psicopatologie che vanno dagli stati d'ansia, ad alcuni tipi di depressioni, alle polidipendenze. Il panorama attuale mostra sempre più spesso, infatti, pazienti che sfuggono alle tradizionali classificazioni diagnostiche, e che non sapendo come altro etichettarli, gli psichiatri li mettono nel grande calderone dei borderline. Il concetto di TAZ, ci viene in aiuto per individuare la caratteristica comune a questi pazienti: il terrore, l'incapacità, l'inadeguatezza, comunque la difficoltà sempre maggiore di riuscire a sostenere le responsabilità quotidiane, per una mancanza di motivazione alla vita stessa. Con la conseguente tendenza a crearsi degli spazi mentali di isolamento attraverso comportamenti rituali, compulsivi, super attrattivi, in grado di occupare lo spazio mentale Non è la semplice "fuga dalla realtà" con cui spesso si liquida in modo superficiale il problema dei drogati. E' uno stato d'animo di angoscia che emerge di fronte a qualsiasi tipo di frustrazione, che riguarda anche persone che non vorrebbero estraniarsi dalla vita. E allora, la cosiddetta fuga dalla realtà è più corretto concettualizzarla come un'immersone temporanea in una bolla in cui liberare (per liberarsene) i più sentimenti più angosciosi (paura, inadeguatezza, spesso rabbia e violenza); questi sentimenti si possno così esprimere in modo sfrenato e incontrollato in uno spazio mentale, e talvolta fisico, senza regole, per poi poter riassumere un controllo del proprio io e ritornare "ricaricati e purificati" nel mondo normale. Da un certo punto di vista questo comportamento potrebbe essere considerato funzionale all'equilibrio complessivo della persona. Il problema, però, di cui parleremo la prossima volta, è che per le regole dell'apprendimento, la bolla scelta diventa dipendenza, gabbia, e alla fine, patibolo.

sabato 10 maggio 2008

Nuove tendenze in tema di carcere ?

Fino la seconda metà del 1700, la reclusione non era considerata una vera e propria pena, ma solo una modalità necessaria per poter poi somministrare le pene specifiche stabilite dalle legislazioni correnti, che potevano andare – a seconda delle epoche e dei luoghi – dalle pene corporali, al risarcimento dei danni provocati, all’esilio, alle galere, ecc., con un’attenzione comunque puntata a mantenere un rapporto tra reato commesso e punizione subita, che doveva rispondere ad un’necessità sociale di espiazione. Solo dalla fine del XVIII° secolo è subentrata una considerazione della reclusione in carcere come pena in sé stessa, a cui si è andata gradualmente accompagnando una visione riabilitativa/rieducativa della carcerazione. Si è arrivati poi a considerare la reclusione come un’occasione per favorire il reinserimento sociale del reo. Nella Costituzione italiana troviamo all’articolo 27, comma 3: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”
Poi è venuta la Legge 354 del '75, che ha riformato l'intero sistema penitenziario. Si è iniziato a considerare il detenuto come individuo, che aveva sì commesso un reato, ma a cui andava offerta la possibilità di una riabilitazione, attraverso l'offerta di un percorso individualizzato in carcere e la creazione di un trattamento "su misura" per facilitargli un reinserimento sociale. La Legge del '75 nonostante le buone intenzioni non è servita a molto - non si sa se perché basata su presupposti errati o per un'applicazione scorretta. Il numero dei detenuti che tornano a commettere reati dopo la scarcerazione è altissima. Quelli che davvero riprendono una vita regolare sono delle rare eccezioni.Ma il legislatore è andato avanti sulla stessa strada, anzi di più. Spinto da una cultura (non sembra ma la cultura fa sempre da apripista, il problema è quando la cultura diventa brodo di coltura) ideologica, il legislatore ha sfornato sempre maggiori occasioni per i detenuti di uscire dal carcere o diminuirne la durata. L'apoteosi è stato l'indulto dell'anno scorso, provvedimento tanto inopportuno e nocivo quanto demagogico e irrazionale. Non ha prodotto nulla di buono.Ma la coltura va avanti,Nessuno ha il coraggio di fare delle riflessioni serie sul senso della pena, o anche se qualcuno ci prova non si traggono le debite conseguenze. Così, oggi, la tendenza è quella - logicamente consequenziale - della sanitarizzazione del carcere. Il detenuto non è più considerato come persona che ha sbagliato e deve subire le conseguenze negative del suo comportamento, ma come un malato che è stato portato al reato da fattori esterni a lui (malattia mentale, emarginazione, depressione, condizioni sociali o familiari difficili, ecc.) e che quindi va curato. In questo modo il carcere sta diventando sempre più "ospedalizzato", L'attuale passaggio della medicina penitenziaria dal Ministero della Giustizia a quello della Salute testimonia appunto questa scelta ideologica.Ho sentito con le mie orecchie un'alta dirigente del Provveditorato all'Amministrazione Penitenziaria del Lazio esprimere in un pubblico convegno la sua preoccupazione perché i detenuti entravano in carcere "stressati". Evidentemente, secondo la signora,merita più preoccupazione il detenuto stressato che il lavoratore che da quel detenuto è stato scippato del suo stipendio. Così come ho sentito dire in una riunione di commissione al Comune di Roma, che è sacrosanto che un detenuto che deve fare un'analisi in ospedale non debba aspettare quanto un cittadino libero, ma abbia una corsia preferenziale..! Meglio tornare alla nostra riflessione. Questo percorso colturale, che attualmente ha portato all'attuale orientamento di medicalizzazione, è pericoloso, perché arriva a giustificare tutti, a eliminare la responsabilità personale, ed è pericoloso soprattutto perché pedagogicamente nocivo: trasmette il messaggio che commettere reati non è rischioso, e - ancor peggio - che commettere reati è un fatto lieve, in fondo è solo l'effetto della propria condizione su cui non si può far nulla, quindi non è condannabile (mica siamo fondamentalisti, moralisti, intolleranti, ecc. ecc.).Come psicologo mi rendo certamente conto che le persone agiscono spinti da mille condizionamenti, e che la nostra libertà è spesso fortemente compromessa da tante variabili. Ma, paradossalmente, il fatto di agire “come se” le persone fossero libere, il trattarle da adulte e responsabili le aiuta realmente a diventarlo. Un sistema giuridico che offra la certezza della pena, e di una pena seria, non abbatterà certamente il crimine, ma ribadirà l'insegnamento su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Avrà un valore pedagogico. Su questo blog abbiamo già parlato dei padri assenti, dei padri che non sanno dare regole con fermezza, e ne abbiamo visto i danni. In qualche modo essi rappresentano lo stato che non vogliamo, uno stato che ride delle marachelle dei suoi figli, fino a quando si autodistruggono nella totale incoscienza del genitore.
Dobbiamo sempre ricordare che il buonismo è il cancro della bontà, si nasconde sotto una veste di umanitarismo, ma porta a frutti di totalitarismo.


giovedì 24 aprile 2008

Sua Dipendenza "la Libertà"

Il paradosso è che viviamo in un mondo dove apparentemente siamo tutti liberi: liberi di pensare, di agire, di mostrarci. Eppure mai come oggi sono diffuse le dipendenze, ovvero comportamenti che sono l'antitesi della libertà. Molta gente è dipendente dalle droghe, altra dall'alcool; moltissimi sono dipendenti dalla pornografia, sempre di più sono quelli dipendenti dal gioco; molti sono quelli dipendenti da internet, e ci sono pure quelli dipendenti da più dipendenze contemporaneamente. E per le loro dipendenze le persone sprecano denaro, sonno, energie; sono capaci di mentire, imbrogliare, anche commettere reati pur di soddisfare il loro desiderio. Soffrono, ma non riescono a rompere le catene che li imrpigionano. Si rendono conto che stanno rovinando la loro vita e quella delle loro famiglie, ma non riescono a smettere. Anzi, cercano sempre dosi maggiori.

Oggi crediamo di essere liberi, ma è un'illusione. Ci hanno insegnato a inginocchiarci di fronte allo slogan della rivoluzione francese "Libertè, Égalité, Fraternité", e non ci hanno detto che la libertà la può donare solo Chi è al di sopra del prigioniero. Infatti gli schiavi non si possono mica liberare tra di loro! Eppure abbiamo dovuto bere questa menzogna. Così a noi, vittime inconsapevoli degli imbroglioni della rivoluzione, ci hanno fatto credere di essere liberi perchè potevamo criticare l'autorità e vestirci come ci pare e non rispettare le regole. E così noi, eredi degli anrchici e dei sessantottini, ci ritroviamo con i bar pieni di uomini e donne davanti ai videopoker, zombie dallo sguardo fisso, dal portafogli che piange, dall'anima svuotata.
C'è qualcuno che crede che i drammi della dipendenza si possano risolvere con leggi migliori e con inziative di tipo sanitario. Ma se analizzaimo senza pregiudizi il problema ci accorgiamo che è una questione più semplice e più profonda al tempo stesso. Dobbiamo tornare ad accettare l'idea che non siamo liberi, che da soli non possiamo darci la libertà, che le scelte veramente libere sono quelle che si rifanno a criteri esterni a noi. E tutto questo perchè siamo esseri limitati. Dobbiamo accettare l'idea che solo rinunciando a considerare come assolute le nostre pretese possiamo lentamente approdare a costruirci degli spazi di libertà. Ma questo si costruisce in famiglia, è nella famiglia l'antidoto alle dipedenze.

mercoledì 16 aprile 2008

Letterina al nuovo Governo

Caro Governo,
permettimi di rivolgerti a Te, che dall'alto degli alti colli tutto sai e tutto puoi.
Io sono solo un piccolo e confuso cittadino, ma presento alla tua Immensa Saggezza una preghiera. Ascoltami Tu che puoi:

Ti ringrazieremo, se ci toglierai l'Ici sulla prima casa,
ma prima permetti alle giovani coppie di acquistarla/
Ti saremo molto riconoscenti se vorrai eliminare il bollo auto,
ma fà che nelle macchine i giovani possano ancora appartarsi
per sognare il oro futuro,
e non debbano dimenticare
la loro speranza
con una scopata e uno spinello/

E' bello sapere che ti occuperai della nostra sicurezza,
ma oltre alla paura d'essere derubati dagli zingari abbiamo il terrore di
essere derubati della nostra dignità. Trattaci da uomini e non da servitori/
Hai anticipato che saranno necessari sacrifici. Siamo d'accordo, ma
in cambio dacci la soddisfazione di non farti beccare al "Billionaire" durante
le ore di lavoro con qualche puttanella/
Tu sei esperto di famiglie, ne hai cambiate almeno due o tre. Ti prego, dedica la tua
attenzione a quelle che già esistono e a quelle che si vogliono formare. A noi ne basta una a testa, ma curata con amore/
Sempre a proposito di famiglie, Governo caro, non contribuire anche Tu
alla loro dissoluzione. Non limitarti alle elemosine, dedica loro tutte le tue capacità/
Sei stato bambino anche Tu, amato Governo, metti gli uomini in
condizioni di essere papà, metti le donne in condizione di non essere strangolate tra lavoro e casa/
Nostra Guida, hai promesso che ti occuperai di tutti i cittadini, allora - non essere timido - fà che tutti i cittadini abbiano regole chiare e non aver paura di ricordare che libertà non è anarchia.
Prezioso Riferimento, quando parli si sente la tua cultura. concedi che la cultura italiana non venga definitivamente cancellata da scuole che dedicano un anno intero a progetti di multiculturalismo. Fà che prima di tutto la scuola insegni a leggere, scrivere e far di conto. Per il resto c'è tempo/
Un'ultima preghiera, o Grande: concedi ai tuoi miseri cittadini di contiuare ad esprimere le loro idee almeno nel piccolo spazio dei Blog. Lasciaci coltivare il nostro orticello, è modesto, ma grazioso. Te ne saremo grati e potrai sempre incontrarci qui per ricevere la lode del nostro misero cuore.


sabato 5 aprile 2008

Ancora sulla scuola

Dopo un mio precedente post dedicato alle penose condizioni della scuola (vedi), ritorno sull'argomento. E' uscita recentemente un'interessantissima e terribile intervsita ad uno che la scuola la conosce bene, da dentro, l'insegnante Enrico Demme. Cosiglio a tutti i genitori la lettura dell'intervista (vedi), invitandoli (e soprattutto i padri) ad essere loro i primi insostituibili maestri dei loro figli.

sabato 22 marzo 2008

Onora il padre (se riesci a trovarlo)

"Friederich è un ragazzo normalissimo, martedì sera abbiamo mangiato una pizza insieme e poi è uscito, come fanno tutti i ragazzi della sua età. Non so davvero cosa sia successo, chi abbia incontrato: non so ancora darmi spiegazioni a quanto è accaduto". Mi dispiace signor Vernarelli, ma suo figlio Friedrich, che ubriaco fradicio alla guida di una Mercedes Classe B ha ammazzato due ragazze irlandesi, non era un ragazzo. A 32 anni si è uomini, e se non si è diventati ancora uomini comunque non si è più ragazzi, si è perso il treno della maturazione e della responsabilità, si è diventati bambocci che vivono una vita falsa e perduta. E qualche volta oltre a fare danni a sè si fanno anche agli altri.
Ma sinceramente, ora me ne frego di Friederich, la mia attenzione va ai tanti padri dei tanti Friedirich. Padri che si svegliano dal letargo quando il loro figliolo così normale, diventa assassino, drogato, stupratore e loro cadono dalle nuvole. Dalle nuvole di fumo delle sigarette offerte ai loro maschi di casa (oltre ai soldi e alle continue giustificazioni). Una mia paziente mi racconta del fidanzato: "Ha preferito andare a fare spese con il padre piuttosto che con me, perchè io lo costringo a pensare, con il padre si diverte e tutto quello che fa va bene: il padre non lo giudica, è peggio di lui".
Altro che donne ai margini, la nostra società è malata perchè le donne fanno troppo, si sostituiscono agli uomini. Mancano uomini determinati, consapevoli delle loro responsabilità. Sono sempre più rari i padri capaci di dare regole e di farle rispettare. Sono latitanti i capifamiglia. Ci sono uomini che si mettono a competere alla Playstation con i figli - per vincere almeno una sfida nella vita - padri che portano i pargoli adolescenti dalle prostitute per farli svezzare al più presto, ci sono uomini che tradiscono le mogli e se ne vantano con i figli. Basta andare in una scuola quando ci sono i colloqui con gli inseganti; tuttte mamme apprensive e loquaci, quasi nessun padre. I padri non seguono i figli, non li osservano, non analizzano con attenzione le compagnie che frequantano. Sono troppo impegnati ad analizzare i risultati della loro squadra del cuore.
Credo fermamente che in fondo alla Grande Crisi che investe spazi sempre più ampi della nostra società, ci sia una causa fondamentale: la distorsione dei ruoli del maschio e della femmina. Il maschile e il femminile non sono - come vorrebbe qualcuno - solo differenze artificiali,
dovute a scelte sociali e frutto di evoluzioni umane. Sono le due colonne che reggono tutto l'edificio familiare, educativo e sociale del mondo. Ognuna delle due colonne deve stare al suo posto e deve collaborare armonicamente con l'altra per svolgere nel modo migliore il proprio compito. Attualmente la colonna femminile è troopo carica, ha voluto prendersi responsanilità che non le competono e sta venendo giù per troppo peso. La colonna maschile nel frattempo sta facendo una passeggiata allo stadio....
Mi permetto di buttare giù un piccolo decalogo di regolette, ad uso e consumo degli uomini, magari riuscissimo ad applicarne una o due...

1. Il tuo compito non è solo quello di portare i soldi a casa, ma quello di assicurare alla tua casa pace e stabilità.
2. Il tuo compito non è quello di giustificare tuo figlio (ci riesce già benissimo da solo), ma quello di insegnargli cos'è il bene e cos'è il male.
3. Il tuo compito non è quello di pavoneggiarti dicendo cose interessanti, ma di mostrare con l'esempio della tua vita il valore delle tue parole.
4. Il tuo compito non è quello di essere amico di tuo figlio, ma di aiutarlo a distinguere quali amici frequentare.
5. Il tuo compito non è quello di guidare con prudenza - qualsiasi persona con un quoziente intellettivo di un topo dovrebbe farlo - ma guidare chi è affidato a te con pazienza e determinazione.
6. Il tuo compito non è quello di cambiare idea come cambia il vento, ma è vivere coerentemente con i tuoi principi e valori.
7. Il tuo compito non è quello di lamentarti per i tuoi problemi, ma di risolverli.
8. Il tuo compito non è quello di parcheggiarti davanti alla TV, ma vederla con i tuoi figli e criticarla in modo intelligente.
0. Il tuo compito non è quello di imprecare contro il governo, ma di governare bene la tua famiglia.
10. Il tuo compito non è quello di fare la donna, per questo c'è già la donna.

6.

domenica 9 marzo 2008

Bistecche DOC e carne di scarto

In settimana c'è stato un attentato a Gerusalemme in una scuola talmudica e sono morte 8 persone. Da tutto il mondo cordoglio e riprovazione. Giusto. In tutti i quotidiani per più giorni si sono pubblicati articoli contro il terrorismo degli arabi estremisti. Giusto. Interviste ad ebrei su tutte le televisioni per parlare dela loro vita minacciata dall'intolleranza. Giusto. Tutto giusto. Ma io non riesco a fare a meno di pensare che allora esistono morti di serie A e morti di serie B. Morti per i quali si esprime il cordoglio e morti di scarto che non vale la pena citare. Morti preziose perchè appartengono all'alta borghesia dell'umanità, e morti di borgata. Cadaveri eccellenti da onorare con inni funebri e morti da statistica di obitorio. Perchè mentre Israele e il mondo intero piangono le otto vittime, quasi nessuno ricorda le centinaia di uomini, donne, bambini e neonati palestinesi sterminati dagli ebrei. Uccisi a cannonate, ma anche a colpi di silenzio, di fame e di disprezzo. Ci dice l'agenzia cattolica Asia News, riportando le parole del parroco di Gaza Manawel Musallam: "Hanno deciso di ucciderci e lo stanno facendo lentamente, in modo indiretto, senza armi, ma togliendoci il cibo, le cure mediche; se le potenze internazionali non riescono a fermare le violenze di Israele su Gaza, chiediamo che almeno ci garantiscano una sepoltura da esseri umani”. E' la disperazione dei palestinesi nella Striscia di Gaza, da mesi sotto il blocco israeliano. E ancora:
Non abbiamo cibo, mancano dottori e medicinali, gli ospedali sono pieni di morti e le persone vengono curate per strada in condizioni disumane. Numerosissimi sono i mutilati, i bambini sono un terzo delle vittime degli ultimi attacchi israeliani (27 febbraio – 4 marzo); incalcolabili anche i traumi psicologici sui giovani: ci sono piccoli alunni a scuola che non riescono neppure più a studiare”. Carne di scarto, costa poco, non vale nemmeno la pena parlarne.

domenica 2 marzo 2008

La solita zuppa

Sanremo è finito, Sanremo dalle canzoni noiose e monotone, Sanremo stonato. Nonostante la professionalità di Pippo , le clownnerie di Chiambretti e di quelli del dopo -festival, pure l'edizione 2008 passerà senza lasciare traccia e ricordo. Sanremo è finito. Le solite finte provocazioni tra cantanti che guadagano pià di cento operai della Fiat, ma che predicano rivoluzioni sociali, e giudici che hanno la credibilità di scimmie ammaestrate. La solita facccetta d'angelo che strizza l'occhio languido ai gay, sperando di guadagnarci qualche punto in più, mentre il suo amante che le scrive il pezzo ha lasciato moglie e figli per accaparrarsi le sue grazie. Sanremo assomiglia tanto alle brioche di Maria Antonietta ("Maestà il popolo reclama perchè il pane è finito", "E allora dategli delle brioche"). Lo stato del nostro paese è a livelli indescrivibili: dopo mesi e mesi di immondizia la magistratura si è ricordata di mandare un avviso di garanzia al governatore della Campania, ma tutto finirà alla napoletana: una bella ammuina. Nel frattempo Sanremo cerca di placarci la fame di giustizia e onestà con un'orgia di lustrini, paillettes e rumori vari. Offensivo. Solo una domanda, ma che ci faceva là dentro uno come Cammeriere? Poveretto, nel buio di una stanza nera in cui tutti i gatti sono neri, rischia anche lui di essere omogeneizzato nella zuppa sanremese e non lo merita, non lo merita proprio.

domenica 24 febbraio 2008

Vale la pena

Francesco De Gregori:
"Raggio di sole" (1978)

Benvenuto, raggio di sole,
a questa terra di terra e sassi
a questi laghi bianchi come la neve sotto i tuoi passi
A questo amore, a questa distrazione, a questo Carnevale, dove nessuno ti vuole bene,
dove nessuno ti vuole male.
A questa musica che non ha orecchi,a questi libri senza parole.
Benvenuto raggio di sole,
avrai matite per giocare, e un bicchiere per bere forte e un bicchiere per bere piano,un sorriso per difendertie un passaporto per andare via lontano.
Benvenuto a questa finestra,
a questo cielo sereno,a tutti i clacson della mattina
a questo mondo già troppo pieno.
A questa strana ferrovia
unica al mondo per dove può andare, ti porta dove tira il vento, ti porta dove scegli di tornare.
A questa luna tranquilla,
che si siede dolcemente, in mezzo al mare c'è qualche nuvola ma non fa niente.
Perché lontano passa una nave, tutte le luci accese, benvenuto figlio di nessuno in questo paese.

Dedicato a tutte le donne vittime dell'egoismo e della violenza.

martedì 15 gennaio 2008

QUIZ: Dove sono i veri rifiuti?


Napoli, Centro storico


Roma, Univesrità la Sapienza



Riepiloghiamo. 67 Docenti universitari su 1500 dell'Università di Roma "La Sapienza" protestano contro l'invito fatto al Papa dal Rettore della stessa università per presenziare all'inaugurazione dell'anno accademico. I 67 docenti che non vogliono far parlare il Papa all'Università sono in buona compagnia. Gruppuscoli di studenti, infiltrati vari e anticlericali di lungo corso (o fuori corso?): Cobas, Arcigay, Boselli del partito socialista ex rosa nel pugno, ecc. ecc. Tutta questa flotta di poderosi intellettuali ha inventato (cosa si fa pur di non studiare) una settimana di mobilitrazione, conferenze sull'oscurantismo clericale, cene laiche (o laide?), tributi a Giordano Bruno (nemmeno fosse Totti), fumatine in santa pace e via discorrendo.
Papa Ratzinger, ricordandosi dell'invito evangelico: "Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi" di fronte alla reazione di quei forsennati ha rinunciato ad andare.

Certamente questo giorno rimarrà come macchia nera indelebile sulla Città Universitaria di Roma. Il colmo dell'indecenza e della menzogna, del fanatismo e dell'intolleranza, di quella che il Pontefice chiama - giustamente - dittatura: la dittatura del relativismo, la dittatura della religione laica. E'superfluo ricordare come il Professor Joseph Ratzinger sia il più grande teologo del mondo, un esponente sommo del pensiero filosofico, sia stimato e ascoltato dalle maggiori Università internazionali. E' superfluo ricordare che l'insegnamento universitario sia nato in ambito cattolico, che "La Sapienza" sia stata edificata da un Papa, che senza la Chiesa in ambito scientifico saremmo ancora all'epoca dei barbari (ma grazie a questi "scienziati laici" ci stiamo ritornando). E' superfluo ricordare che se questi difensori della libertà possono liberamente manifestare è perchè in Occidente la libertà è stata promossa e difesa dalla Chiesa contro ogni dittatura creata dalle ideologie a cui si richiamano questi signori. Non è superfluo ricordare come la scienza nasce dalla riflessione comune su ciò che è vero, Lo sputare addosso ad un altro solo perchè mette a nudo le tue contraddizioni al contrario è violenza, cieca ottusità, vigliaccheria, in fondo in fondo è infinita povertà.
Giorni fa un'illustre e molto laica professoressa universitaria di sociologia, era ospite ad una trasmissione su La7 dedicata alla moratoria sugli aborti. A chi sosteneva che era opportuno fermare l'uso violento e strumentale dell'aborto lei rispondeva sostenendo che era più importante dare ai bambini l'opportunità di giocare e studiare. Non capiva, la poveretta, che per giocare e studiare i bambini dovevano prima essere nati. Morale: Docenti, non abbiate paura della verità, abbiate paura di voi stessi.





lunedì 7 gennaio 2008

Omosessualità, guarigione e polemiche

Ha fatto discutere un'incchiesta giornalistica uscita in questi giorni in Italia. Un giornalista si è finto omosessuale e ha chiesto aiuto ad alcuni sacerdoti, i quali lo hanno inviato a psicologi o psichiatri cattolici. Questi hanno raccolto la richiesta d'aiuto del finto gay e lo hanno sottoposto alla terapia sviluppata dallo psicologo americano Joseph Nicolosi - all'estero molto utilizzata - che permette a chi ha un orientamento omosessuale di riappropriarsi della propria identità sessuale. I soliti noti si sono stracciati le vesti gridando allo scandalo. Innanzitutto, dicono, l'omosessualità secondo l'organizzazione mondiale della sanità (OMS) non è una malattia, quindi non deve essere guarita. E poi, dicono ancora, compito dei terapeuti doveva essere quello di aiutare il paziente ad accettare la sua condizione con serenità e non quello di assecondarne la volontà. Alla prima obiezione si risponde facilmente. Fino a pochi anni fa l'omosessualità era considerata più ancora di una malattia, una vera e propria perversione sessuale, una seria devianza da curare e trattare clinicamente. Poi l'OMS ha cambiato idea. Questo fa onore all'OMS, visto che la scienza è tale quando ha la capacità di fare marcia indietro. Il problema, soprattutto per quanto riguarda la salute mentale, però, è di rimanere liberi da condizionamenti e suggestioni della cultura imperante e del clima sociale. E' sempre molto difficile stabilire i confini delle psicopatologie. Non ha senso considerare l'omosessualità una malattia, ma da qui a dire che il comportamento omosessuale sia normale ce ne passa. Anche perchè la scienza non ha ancora definito con certezza e univocità il concetto di normalità. L'omosessualità è una situazione che va studiata e valutata con uno sguardo più ampio di quello dell'ambulatorio medico. Occorre liberarla dalle sue vere catene, quelle ideologiche, quelle politiche; occorre dire chiaramente che è difficilissimo sostenere l'idea della libera scelta dell'omosessualità, occorre dire che le rivendicazioni dei gay si mescolano spesso con motivazioni molto meno nobili (per esempio la guerra alla famiglia).
Alla seconda obiezione si può rispondere con un esempio: secondo l'OMS le orecchie a sventola o le rughe intorno agli occhi non sono una malattia, eppure centinaia di migliaia di persone vengono operate e curate dai medici per questi e altri disagi che le fanno soffrire. Perchè uno psicologo non dovrebbe aiutare un paziente omosessuale che non è contento di esserlo? Si dovrebbe rifiutare solo perchè l'OMS sostiene che quel paziente non è malato? Dovendo scegliere, viene prima il benessere e la felicità del paziente che l'opinione dei sapienti dell'OMS e delle lobby.