venerdì 22 dicembre 2006

Lettera ad un uomo vivo (a Piergiorgio Welby)

Ciao Piergiorgio,
non ci conosciamo, eppure ti sento quasi un mio intimo amico. Forse perchè hai sperimentato sulla tua pelle angoscia e sofferenza, dolore e abbandono; questa comune esperienza ci rende tutti amici, perchè ogni persona prima o poi sperimenta il dolore, e ogni persona ad un certo punto arriva al capolinea della vita. Scusami perciò se ti scrivo qualche riga, ma non potevo fare a meno di dirti alcune cose.

Ora che sei morto e che vedi le cose con uno sguardo certamente più chiaro e più ampio, penso che tu abbia cambiato alcune tue idee. Dimmi, se non sono troppo indiscreto: cosa ne pensi della tua agonia? Era proprio così urgente porre fine alla tua vita in questo modo? Credi davvero, adesso che sei nell'eternità, che la tua esistenza aveva avuto un senso solo quando eri giovane e sano e che da quando la malattia si era impossessata del tuo corpo eri diventato solo uno straccio inutile da buttare nella spazzatura?
Adesso, come puoi vedere, i tuoi "amici" stanno danzando intorno al tuo cadavere, felici di averti usato per propagandare le loro idee di razzismo e di morte. Sì, Piergiorgio, di razzismo, e tu ora lo sai bene. Perchè se una persona può essere aiutata a suicidarsi solo perchè ha dei gravi problemi, e un'altra invece ha diritto ad essere salvata se sta in buona salute, allora ci sono due pesi e due misure, ci sono esistenze di serie A e quelle di serie B. Allora il neonato con delle patologie vale meno di un manager disoccupato, o un handicappato meno di una velina da calendario abbandonata dal fidanzato.

Piergiorgio, adesso che sai, che sai che sei stato usato come cavallo di Troia per un progetto di morte, non ti senti tradito? Tu stavi male, e invece di trovare qualcuno vicino al tuo letto per mostrarti il valore della tua vita anche (e ancor di più) in quelle condizioni, invece di trovare un amico vero che ti accompagnasse alla tua morte naturale aiutandoti ad intraprendere con serenità il tuo ultimo viaggio, hai trovato giornali strombazzanti a pontificare sulla libertà. Ma tu, Piergiorgio, che libertà avevi? In quella disperata ribellione alla malattia che non sapevi accettare (e chi di noi sa accettare fino in fondo le proprie - piccole - malattie!) non eri libero, eri turbato e condizionato da tante emozioni. E noi, invece di aiutarti a vedere chiaro e a sostenerti, ti abbiamo spinto nel baratro. E' stato un signore laureato in medicina che ha messo a disposizione le sue mani per provocarti la morte, ma la responsabilità non è solo sua. E' di chi in nome della libertà giustifica tutto. Noi psicologi verifichiamo ogni giorno, e adesso te ne rendi conto anche tu, che l'uomo non è mai totalmente libero. Ci sono innumerevoli fattori che la limitano. E poi, quale libertà abbiamo? quella di distruggerci e di annientarci? Quella di fare il comodo nostro, alla faccia di qualsiasi etica e morale? Se il principio è quello, caro Piergiorgio, allora spiegalo, spiegalo ai bambini che incontrerai, a quelli che si sono prostituiti per soddisfare la libertà del godimento sessuale dei loro clienti e poi sono stati lasciati morire di fame e di stenti, spiegagli che nessuno li ha violentati, che loro erano consenzienti e quindi quei clienti hanno solo avuto un rapporto libero con dei bambini liberi.

Caro amico, sono sicuro che Dio, nella sua misericordia abbia compreso la tua disperazione che non è stata consolata, e che ora tu sia felice con Lui. Se è così, allora sicuramente avrai l'occasione di incontrare Karol Woijtila. Ti ricordi, Piergiorgio, la sua agonia è stata anch'essa lunga e straziante, ma vissuta con ben altro spirito: mentre era nel suo letto di dolore, aspettando il momento naturale della morte, parlava con i suoi giovani, gli raccontava con i suoi lamenti e il suo sguardo la bellezza della vita, il valore di ogni persona, la grandezza dell'eternità. E in Piazzza San Pietro c'ero anch'io, insieme ad altre migliaia di persone, a guardare quella finestra e a partecipare ad un evento sacro. Quando è morto, le lacrime non erano di disperazione, ma di gioia e di speranza. Quella è stata una morte libera, libera dai condizionamenti del "politicamente corretto", che pretende che un capo di stato sia sempre bello, muscoloso, dalla mascella volitiva e dai cojioni (scusa, diciamo così a Roma) esuberanti. Quando sei morto tu - Piergiorgio - mi dispiace dirtelo, ma tanto lo vedi da solo, la tua scomparsa è stata solo fonte di polemiche e di amarezza. Non è stata una morte serena, non è stata una morte inaspettata e tragica, è stato un ultimo stridulo grido presuntuoso di un'umanità che ha deliri di onnipotenza, e che sapendo di non poter creare la vita quanto meno prova a farla fuori. Sappi Piergiorgio che non accuso te, ci mancherebbe altro, tu eri solo una persona spaventata e angosciata, non voglio entrare nella tua coscienza, io accuso la presunzione di chi è incapace di vivere con gioia la vita e pretende di imporre agli altri la stessa miope triste incapacità. Gente che non sa aiutare se stessa e che si improvvisa maestra di altri, gente che campa di provocazioni (a proposito, Piergiorgio, hai saputo del penoso spettacolo della statuine gay nel presepio del parlamento?) e ha paura di confrontarsi con le sfide dell'esistenza.
Mi viene in mente una mia piccola esperienza; prima di salutarti, caro amico, te la racconto. Qualche anno fa ho incontrato un detenuto malato di AIDS a cui i medici avevano dato pochissimo tempo da vivere. Invece di cedere alla tentazione abituale, cioè di distrarlo dalla sua situazione, avere un tono falsamente consolatorio, spostare l'attenzione su altri aspetti, ecc. ho preferito affrontare il toro per le corna: "Visto che tra poco devi morire, questi ultimi giorni di vita come intendi passarli? Hai vissuto male i tuoi giorni, tra un reato e un altro, ora prova a chiudere alla grande; preparati ad uscire di scena con la tua dignità di essere umano, sarebbe bello se chiudessi gli occhi andando incontro all'eternità a testa alta". Quel detenuto di circa 38 anni accettò la mia provocazione, ci confrontammo e fu uno degli incontri più belli della mia vita professionale. Da allora, grazie a questo carcerato che di lì a poco ci lasciò, ho cambiato di molto la mia prospettiva. Anche la tua fine mi ha colpito molto, ma ha confermato le mie convizioni.
Spero che tu ora sia un uomo vivo, felice e libero sul serio. Molti sostenitori dell'eutanasia ora si stanno preparando a mangiare il panettone. Cosa avranno da festeggiare non lo so proprio. Bisogna che qualcuno glielo dica che il Natale è la festa della vita, comunque essa si manifesti, loro cosa c'entrano?
Piergiorgio Welby, un abbraccio davvero affettuoso, e non guardarci con disprezzo.

martedì 19 dicembre 2006

Un Natale inutile

Un Natale inutile, per chi pensa sia la festa della bontà e delle opere buone.
Per chi espone la sacra famiglia e non considera sacre tutte le famiglie.
Per chi sgomita per entrare nei centri commerciali e la notte di Natale gira al largo dalla chiesa.

Un Natale inutile, per chi fa statistiche sulla vendita dei presepi e non si ferma a meditare davanti al presepio.
Per chi compra il bambinello ai propri figli e approva l'aborto.

Un Natale inutile, per chi si affanna a cercare regali e dimentica "Il" regalo.
Per chi non è credente, perchè diventa una festa ipocrita e noiosa.

Un Natale inutile, per chi vuole uccidere Welby e fa iniziative per proteggere la vita delle iguane.

Un Natale inutile, per chi vive nel chiasso e non è più capace di fare silenzio e di ascoltare.

A tutti quelli che rischiano di festeggiare un Natale inutile auguro un Natale scandaloso e violento, che faccia traballare tutte le loro sicurezze e che regali loro una vita davvero rinnovata (e non solo fino al 6 gennaio).
Auguri di cuore a tutti

domenica 26 novembre 2006

Il fallimento della scuola (e non parliamo di bullismo)

Non mi pare che oggi nella scuola ci sia più violenza di quando, negli anni settanta, i rossi ti spaccavano la testa se eri nero, e viceversa. Comunque sia, anche dando ragione ai giornalisti che ogni tanto hanno bisogno di emergenze per campare, l'emergenza bullismo è un fallimento della famiglia e non della scuola. Il fallimento della scuola è un altro, legato al suo dovere istituzionale, quello di istruire. Per una serie di motivi io sono abbastanza pratico della realtà scolastica romana, soprattutto quella elementare. Posso testimoniare che almeno qui da noi la situazione è drammatica: la scuola pubblica sta producendo degli analfabeti. I bambini escono dai cinque anni delle elementari totalmente inabili dal punto di vista della lettura, della scrittura, della competenza nelle materie fondamentali. Non sanno parlare, nè tantomeno riflettere, su un argomento qualsiasi. Il massimo della performance che è in grado di produrre un bambino di dieci anni è una serie di grugniti incomprensibili e gutturali sull'ultimo modello della play station. Non sto esagerando. I professori delle medie ogni volta che si ritrovano una nuova prima si mettono le mani nei capelli per quello che li aspetterà. Molti arriveranno alla fine delle medie portati avanti dalla disperazione dei loro insegnanti, e approderanno alle superiori in uno stato miserevole. Stanno venendo fuori dalla scuola generazioni di invalidi mentali, che si esprimono con slogan appiccicati, con un frasario da buona domenica di Maurizio Costanzo, con una capacità di critica degna di una scimmia del Borneo. L'aumento della dislessia, della disgrafia, dei disturbi dell'apprendimento, è paurosa. Ormai chi vuole un logopedista per il proprio figlio deve cercarlo solo nel privato, quelli della Asl della mia zona stanno smaltendo le domande del 2001.
La scuola, in modo particolare quella elementare, ha abdicato al suo ruolo. Ci sono istituti in cui una mattinata di lavoro di classe seconda produce solo due addizioni e un dettato (quando c'è qualcuno che ancora si ricorda di farlo) di 3 righe. In compenso si delega alla scuola una quantità di cose che non le spetterebbero (e io ritengo personalmente secondarie): attività di educazione stradale, educazione multiculturale (quando non sanno nemmeno cos'è l'Italia), educazione all'uso degli audiovisivi, educazione allo smaltimento dei rifiuti, corsi di cucina, corsi di scacchi, giornalismo (ma se non sanno mettere due parole una dietro l'altra!), per non parlare dei corsi su Che Guevara o dell'educazione sessuale. Tutto questo diventa un minestrone in cui le idee si confondono e si mescolano in un blob cerebrale in cui non c'è più ordine, metodo, distinzione e chiarezza, ovvero gli obiettivi fondamentali di un processo didattico.
Teniamo pure presente un'altra cosa: il diritto allo studio viene ormai inteso come dovere di trattare scolasticamente tutti allo stesso modo, quando anche un cretino capisce che ci sono bambini naturalmente più capaci, che devono essere alimentati in maniera culturalmente abbondante, e alunni che non arriveranno mai a certi livelli, e che non è giusto che i secondi fermino la marcia degli altri. Ma naturalmente questo farebbe gridare allo scandalo, alla discriminazione dei diversi. Ebbene sì, io sono per la discriminazione, perchè discriminare vuol dire distinguere. Perchè ogni persona è diversa da ogni altra e ognuna deve ricevere in proporzione diversa. Ma i Ministri della Pubblica Istruzione e gli specialisti superpagati che fanno i programmi scolastici, non hanno il coraggio di scelte forti e autorevoli e lasciano la scuola italiana andare alla deriva. Le insegnanti poi, preferiscono dedicare il tempo ad elaborare progetti che brillano per creatività ("I vestiti del mondo" ultimo esempio di questi giorni), mentre i loro allievi non sanno nemmeno leggere e scrivere in maniera appena appena passabile. Creare un caravanserraglio di questo tipo non permette a nessuno di crescere, nè a chi ne avrebbe la piena possibilità, nè a chi necessiterebbe di un percorso più modesto, ma ugualmente dovuto e professionalmente ineccepibile.
Mi rendo conto che sto dipingendo un quadro fosco, oltretutto prendendomi la responsabilità professionale di dire cose abbastanza indigeste, ma è la verità che osservo nella realtà scolastica di cui mi occupo.
Le uniche luci in questo panorama sono quelle ancora accese nelle scuole private, dove non mancano i problemi e i grossi limiti, ma almeno l'ABC è garantito. Ma le scuole private costano, lo stato non sostiene abbastanza questa scelta (che è un diritto della famiglia) e, magari, i genitori che potrebbero farlo preferiscono invece utilizzare il denaro dell'istruzione privata dei loro figli per settimane bianche e fine settimana nell'agriturismo. E dimenticano che l'istruzione, mentre fornisce dei contenuti (di cui si può anche fare a meno - tanto per diventare o portarsi a letto una velina non serve) - crea anche gli anticorpi mentali per non rincoglionirsi del tutto davanti ai calciatori, alle veline e a chi vuole un popolo ignorante per poterlo manipolare meglio.

venerdì 17 novembre 2006

Sposi di plastica

Sembra che tutta Italia sia in fibrillazione in attesa del matrimonio tra Tom Cruise e Katie Holmes. Nel frattempo ci annunciano che la data delle nozze tra la vetusta Gina Lollobrigida e il quarantacinquenne imprenditore spagnolo Javier Rigau sono state spostate di due mesi e si svolgeranno a Roma invece che in America. Tutto questo mentre pochi giorni fa gli statistici ci facevano gentilmente sapere che in Italia ogni quattro minuti una coppia si separa. Forse non saranno proprio quattro minuti, ma comunque sono davvero tanti i fallimenti dell'amore.
In realtà non è l'amore che fallisce, ma la stupidità che trionfa. La stupidità di chi parte male, progettando il matrimonio come un evento mondano e spettacolare, come l'apoteosi del safari ben riuscito, in cui è possibile esibire al mondo la preda conquistata. Ognuno secondo le sue tasche. C'è chi si può permettere il Castello di Bracciano, chi si tira dietro frotte di giornalisti, e chi prosciuga tutti i risparmi di mamma e papà per poter indossare un gessato con tuba (modello Eros Ramazzotti appena uscito di borgata).
Non è l'amore che fallisce, l'amore non c'è mai stato. C'è stato un pò di passione e di innamoramento: "Ah signora mia, come mi batteva il cuore!", ma l'amore è un'altra cosa. L'amore richiede donazione e sacrificio, generosità e ancora generosità. La passione pretende possesso ed egoismo, esibizionismo e solo piacere. Un matrimonio basato sull'innamoramento è uno show. E quando il sipario si chiude sullo show i protagonisti si prendono i loro applausi e poi tutti pronti per essere scritturati per un altro spettacolo. Se il matrimonio è centrato sull'amore, allora le nozze diventano un fatto intimo e sobrio, da condividere nella gioia, ma non da esibire, diventano un progetto di vita e non un copione da recitare per qualche replica. A questo proposito, mi piace molto l'idea di don Marco Sanavio, viceparroco a Sant’Anna di Piove di Sacco (Padova), il quale ha presentato una proposta simpaticissima e intelligente, l'iniziativa "Spòsati con 5000 euro", per invitare le coppie di fidanzati a concretizzare il loro desiderio di famiglia con uno stile meno spettacolare, ma più sostanzioso. Per chi è stufo degli sposi di plastica e delle famiglie non famiglie, le informazioni su un modo diverso di avvicinarsi al matrimonio le trova su:
www.sposisubito.it

mercoledì 1 novembre 2006

Santi o pazzi?

Oggi si celebra la festa dedicata a tutti i santi. Strana gente, i santi, dal punto di vista psicologico voglio dire. Sono persone normalissime che fanno scelte anormali. Normalissime perchè chi incontra un santo non vede un marziano con l'aureola sulla testa, vede una mamma, o un impiegato, o un contadino, o un intellettuale, insomma vede una persona come ce ne sono tante. Che si confonde tra tante altre, senza dare nell'occhio o suscitare una grande impressione. Eppure i santi vivono in un modo che a noi crea scandalo e imbarazzo. E' gente che ha una scala di valori diversa dalla nostra, che dà poca importanza a ciò che per noi è vitale e sarebbe pronta a dare la vita (e tante volte la dà) per cose che noi talvolta trascuriamo completamente. I santi sono persone che non amano la sofferenza e se stanno male vanno dal dottore anche loro, ma allo stesso tempo ringraziano Dio per la sofferenza che devono patire e la offrono in riparazione dei nostri peccati. E sanza nemmeno avvertirci. I santi pur facendo una vita normale nel mondo sarebbero pronti a rinunciare a tutto il mondo in nome di Dio, perchè per loro l'amore di Dio ha una forza di richiamo così forte che nulla potrebbe distrarli dall'inseguirlo. I santi non appartengono ad una sola delle categorie in cui noi dividiamo la gente: poveri, ricchi, colti, ignoranti, occidentali, orientali, giovani, vecchi. Ci sono santi di tutte le specie e di tutte le appartenenze, l'unica cosa che li unisce è la spasmodica, violenta, imbarazzante aspirazione a fare la volontà di Dio, talvolta fregandosene completamente di quella che è la volontà dell'uomo. Epppure, allo stesso tempo, i santi amano l'uomo, lo servono, si spezzano per farsi nutrimento di chi ha fame. Strana gente, i santi, pronti a lasciare casa, amici, professione, onori, famiglia per una promessa di felicità. Eppure questa promessa continua ad essere presa molto sul serio, se - come ci ricordano le ultime statistiche - solo negli ultimi due anni sono aumentate di trecento unità le ragazze che hanno chiesto di entrare in convento come monache di clausura. Strana gente i santi, chiacchierano poco, hanno un pessimo carattere, ma quando ti sorridono ti fanno intuire quanto deve essere bello il Cielo.

venerdì 27 ottobre 2006

E' tutto mio!

Probabilmente al presidente americano Bush quando era piccolo sono mancati degli sculaccioni. I bambini generalmente pensano che sia tutto loro, una penna, un gioco, il sole, tutto ciò che attira la loro attenzione è loro. Un esemplare maschio di sei anni - un tantinello viziato - che ho conosciuto tempo addietro, passeggiando sulla spiaggia esclamava: "Cosa fanno tutti quei bambini nel mio mare?". Ma uscite simili a quell'età fanno sorridere. Quando però i bambini crescono devono capire che non tutto è loro e che ci sono anche i diritti degli altri. Talvolta questa operazione di comprensione della realtà passa anche attraverso qualche amorevole scappellotto, "ad corretionem", dicevano i latini.
Evidentemente il piccolo Bush non ha avuto nessuno che si sia seriamente occupato di lui. Nessuno che amorevolmente gli abbia detto: "George, no, questa pistola non è tua, è del signor poliziotto"; o anche: "No George, non puoi occupare con i tuoi presidenziali piedini questo spazio, è già preso dai calli di papà". Così, il piccolo George, dalla pistola alle bombe intelligenti, e dalla mattonella all'intero mondo, è cresciuto con l'idea che tutto sia suo. Ultimamente, attratto dal Medio Oriente, George ha mandato i suoi soldatini ad occuparne spazi e a bombardarne le popolazioni. A chi gli chiedeva sommessamente il perchè di tanto accanimento lui candidamente rispondeva che là i cattivi nascondevano le armi di distruzione di massa. Naturalmente senza uno straccio di prova (nè sulle armi nè sui cattivi) ma, si sa, i bambini sono subito pronti a trovare qualche scusa, e poi ti guardano con quegli occhioni, come fai ad arrabbiarti? Ma negli ultimi tempi l'interesse del maschietto del Texas si è ampliato. Probabilmente la sua crescita ha finalmente portato George ad uno sviluppo anche spirituale. E, infatti, il piccolo ha rivolto gli occhi al cielo, e commosso da tanta bellezza ha pensato: "Pure questo è mio". Così pochi giorni fa il Presidente ha detto che nessuno ha il diritto di appropriarsi dello spazio, solo l'America (anche questa è sua) potrà «Svolgere senza intralci operazioni nello spazio per difendere i propri interessi». Qualcuno, forse un vecchio educatore di antica scuola, ha provato a richiamare dolcemente Bush all'ordine: "Suvvia, amore, non ti sembra di pretendere un pò troppo?". Ma lui, indispettito dall'osservazione, ha pensato: "Quasi quasi mi prendo pure la stampa e internet, così non ci sarà più nessuno a criticarmi". E, così, abbiamo saputo che i suoi camerieri stanno catalogando tutto ciò che si pubblica nel mondo per scoprire se ci sia qualcuno che osa mettere in discussione le scelte di Georgino. Ma ha ragione ad arrabbiarsi, perchè non volete che giochi? Benedetti, non capite che il Presidente è rimasto bambino dentro? Io - se potessi - vi tirerei le orecchie, anzi vi metterei in prigione, vi torturerei, e senza nemmeno passare attraverso un giusto processo. Peccato che in Italia non si possa fare. In America, invece... tanto anche la legge è sua!

venerdì 13 ottobre 2006

Nasi irresponsabili

I nasi del titolo di questo post sono, per la precisione, quelli vivaci e allegrotti dei nostri parlamentari, così avidi di cocaina - a giudicare da quello che ci dicono le "Iene" - e altrattanto avidi di privacy e riservatezza. Infatti, a tempo di record è stato fatto bloccare il programma satirico di Italia Uno, che mostrava i risultati di un test antidoping fatto proprio ai nostri politici. Per chi come me si occupa da tredici anni di tossicodipendenza lo scoop non rappresenta certo una novità. Il cocainomane lo si riconosce facilmente e in giro se ne vedono tanti. Anche in televisione ne passano a frotte, e non solo di politici. Siamo circondati da quelli che in gergo vengono definiti "pipparoli": politici, giornalisti, avvocati, chirurghi, gente dello spettacolo e anche persone comuni. A giudicare dalla diffusione sembrerebbe quasi un problema normale.
Ma non lo è affatto. La cocaina viene fatta passare quasi come uno svago stimolante, ma innocuo. Niente a che vedere con la droga, identificata per lo più con l'eroina. Anzi, il pipparolo ci tiene a sottolineare che lui non è un drogato. Chi dice questo non so se sia più ignorante o presuntuoso, o completamente rincretinito. Forse semplicemente cerca di ingannarsi. La cocaina è una droga a tutti gli effetti. Per certi versi è anche peggiore dell'eroina. Benchè talvolta risparmi il fisico (ma moltissimi ci rimangono comunque secchi con l'infarto), ha un effetto devastante sul cervello. E' capace di scatenare malattie mentali, toglie ogni inibizione e autocontrollo, provoca crisi di aggressività e ferocia inarrestabili, indebolisce la volontà, ha un'azione deleteria sulla sessualità, e tanti altri effetti. Sento già l'obiezione: "Ma a me sembra che tutti questi personaggi famosi che si dice usino cocacina non siano così mal ridotti". Rispondo: il problema è la nostra memoria. Quanti personaggi che fino a ieri erano famosi, sono poi spariti improvvisamente e oggi nemmeno più ce li ricordiamo? Tanti, vi assicuro, e per molti di loro le cause della sparizione non sono così naturali. Inoltre, ma vedete i talk show? Gente che litiga e che perde il controllo per un nonnulla, ospiti che non sanno parlare, ma solo aggredire e offendere, pensate che sia soltanto finzione? E inoltre, a proposito di politici, parlamentari che sembrano machi da discoteca; che cercano di convincerci usando la stessa tecnica di abbordaggio che userebbero con una cubista; che prima affermano, poi negano, poi si trincerano dietro: "Era solo una provocazione!". Tutti questi comportamenti inconsulti e quasi schizofrenici, hanno niente a che fare con qualche tiratina?
Ragazzi, qui non stiamo parlando di un vizietto qualsiasi. Stiamo parlando dell'uso di sostanze che compromettono e mettono a rischio seriamente il buon funzionamento mentale, l'equilibrio del giudizio e della personalità. Possiamo davvero trincerarci dietro il diritto alla privacy? Affideremmo mai una pistola ad un carabiniere che si droga? E infatti i pubblici ufficiali sono sottoposti a controlli specifici. E allora perchè mai dovremmo affidare il futuro nostro e dei nostri figli a dei pipparoli? Non è questione di fare i moralisti. Se un deputato mette le corna alla moglie, affari suoi. Se anche utilizza la sua posizione per fare qualche affaruccio, è illegale, ma spaventa meno. Ma la responsabilità, per esempio, di legiferare sulla vita, sulla famiglia, sulla scuola, sui rapporti internazionali, questioni davvero serie e che ricadono sulla nazione, questa responsabilità io non voglio darla ad un cocainomane. Questa no.

giovedì 31 agosto 2006

Moglie e buoi...

...dei paesi tuoi? Ma quali sono i paesi miei, in questo mondo globalizzato, dove tutto sembra mischiarsi in un minestrone di voci, colori ed emozioni? Dove i confini stanno sempre più perdendo di significato e l'identità di appartenenza è solo ciò la moda ha decretato valido per questa stagione?
Io non sono un no-global, almeno no nel senso che questa parola comunemente ha, però...
A parer mio i confini servono, anzi, sono indispensabili. Dal punto di vista psicologico, il non avere più confini è segno di patologia. Lo schizofrenico non sa più dove finisce l'io e dove comincia il tu. O meglio, in lui coesistono l'io e il tu contemporaneamente. La famiglia malata e schizofrenica non ha confini tra i suoi componenti e la comunicazione tra loro può raggiungere livelli stellari di follia. Una società senza confini è una società senza limiti e barriere, in cui è giusto tutto e il contrario di tutto, in cui è accettabile ogni espressione (ma allora - si domanda un cervello che funziona - è accettabile anche il rifiuto che sia accettabile ogni espressione?), in cui manca un criterio per definire qualcosa ed impossibile (e talvolta illegale) addirittura emettere un giudizio di merito su qualcosa. Allora, cos'è il vero? Cos'è il bene? Cos'è il giusto? Solo ciò che passa in mente in un determinato momento? No, non ci siamo proprio. Al termine di questa strada, se la percorreremo fino in fondo, troveremo solo l'angoscia del nulla. Occorre ricominciare, in nome della salute mentale, della salute individuale e sociale, a rivedere molte cose. A rivalutare innanzitutto i confini. E il senso del confine nasce in famiglia, dove tutti sono chiamati al rispetto degli altri. Il senso del confine nasce da un bello sculaccione, che il padre deve dare, per segnalare fin dove il bambino si può spingere. Il senso del confine sta nella bellezza del: "No, non si fa!", detto per amore, per rinforzare l'io, per far crescere persone libere e non cavallette, che masticano tutto ciò che trovano e poi - dopo un bel ruttino - vanno a strafogarsi altrove.

martedì 8 agosto 2006

Vacanze

Le vacanze sono un periodo splendido. Ma per sfruttarle fino in fondo ecco alcuni suggerimenti:

1. Dormi tanto e bene. Il sonno è la migliore medicina e riprendere un buon ritmo del sonno è importantissimo per la salute fisica e mentale.
2. Prendi del tempo per stare con te (da quanto tempo non ti fermi a chiacchierare sinceramente con te stesso?) e con la tua famiglia. Approfitta delle ore libere in più per parlare con lei o con lui della vostra coppia, e per ascoltare i tuoi figli.
3. Riprendi un contatto ammirato e stupito con la natura.
4. Vai piano, spegni i motori della tua vita. Muoviti con lentezza e guardati intorno. Fai un respiro profondo e rilassati. Questa è vacanza, e la puoi fare dove ti pare.

Buone vacanze

mercoledì 2 agosto 2006

Indulto

Insomma, alla fine l'hanno approvato questo indulto. A beneficiarne migliaia di detenuti in tutta Italia. A chiedere l'applicazione di questa misura di clemenza è stato nel 2000 Giovanni Paolo II, in occasione dell'anno giubilare. In quell'occasione l'indulto poteva avere un significato profondo, legato allo spirito di perdono e misericordia rappresentato dal Giubileo. Ma all'epoca il governo ha rifiutato. Ora, a distanza di sei anni, qual'è il significato di un simile gesto? A mio modesto parere, nessuno. Dire che l'indulto serve a liberare il carcere dal sovraffollamento è demenziale. Allora si costruissero nuovi carceri. Dire che serve a dare una nuova possibilità ai detenuti è un'ipocrisia. Chi vive ai margini della società, non avrà nuove possibilità se non quella di ripetere reati e rientrare in prigione; chi invece è ben inserito e si può permettere avvocati introdotti avrebbe comunque ottenuto - anche senza indulto - tanti di quei benefici e misure alternative che le porte della cella si sarebbero aperte lo stesso molto rapidamente. Sicuramente c'è qualcuno che per cui l'indulto è stato utile, qualche carcerato che non ha un'attitudine al reato, che ha sbagliato una volta, ma per circostanze in qualche modo estranee alla sua volontà, che da libero ha le possibilità e la volontà di reinserirsi socialmente. Ma questi detenuti sono la minoranza, aveva un senso un indulto generalizzato per aiutare qualcuno, che poteva tra l'altro essere individuato e aiutato in altri modi?
L'indulto è un pannicello caldo che non risolve i problemi. Le scorciatoie, quando i problemi sono seri, non pagano.

martedì 25 luglio 2006

Lituania, Malta, Polonia, Austria e Slovacchia. Ricordiamoci di loro

Questi quattro paesi sono stati gli unici che si sono opposti al voto della Commissione Europea riguardo la ricerca sulle staminali embrionali. Da oggi, grazie al voto di tutti gli altri paesi (compreso il nostro - rappresentato dal Ministro Mussi) funzionerà così: nei laboratori, europei o extraeuropei, dove è permesso dalla legge, si distruggeranno embrioni e noi non guarderemo. Gireremo la testa dall'altra parte, fischiando, cantando, parlando con Emma Bonino. Poi però, appena estratte le staminali, noi potremo acquistarle subito subito - magari con i soldi dei finanziamenti europei - e lavorarci su, sempre con i finanziamenti europei.
La Bonino, non a caso citata, ha scritto sul voto italiano preliminare che: "E' stato eliminato dalla premessa della mozione approvata dal Senato il riferimento al rispetto della vita umana a partire dal concepimento, che altro non sarebbe stato che il primo passo verso il riconoscimento giuridico del concepito". Insomma, il terrore, negli occhi di Emma, era provocato dalla possibilità che il concepito venisse riconosciuto persona. Invece di "merce", come allibiti leggiamo nel medesimo articolo da lei prodotto.
Come psicologo sono scandalizzato dal modo con cui i nostri politici parlano delle persone, ridotte a rango di "cose". Una inqualificabile opera di mercificazione dell'uomo tesa a distruggere il valore supremo della vita e della dignità umana. Le industrie farmaceutiche si fregano già le mani, i radicali pure - contenti di aver ottenuto un'altra strage d'innocenti. E tutti gli altri hanno esibito un'altra straordinaria prova di ipocrisia.

giovedì 20 luglio 2006

Paura

"Paura della guerra/Paura di impoverirsi/Paura del futuro/Paura del terrorismo/Paura del tradimento/Paura che finisca l'amore/Paura degli stranieri/Paura di me stesso/Paura dell'effetto serra/Paura di essere spiato/Paura del licenziamento/Paura del giudizio degli altri/Paura di non essere alla moda/Paura di non essere/Paura degli zingari/Paura del terremoto/Paura della crisi economica/Paura della morte/Paura della vita/Paura d'invecchiare/Paura della paura/Paura di ssere perdonato/Paura di Dio.
Liberarsi dalla paura, liberarsi da sè non si può. Chiedere aiuto si può, ottenere aiuto si vuole, accettare aiuto si deve".

(da "I pensieri di Bernardo")

venerdì 30 giugno 2006

Povero Piero, un'altra buona occasione persa

Piero Angela, ovvero quando il silenzio sarebbe d'oro. E invece continua a parlare. Come l'altra sera (il 28/6) a Super Quark, quando ha mandato in onda un documentario sulla gravidanza. Il documentario era bello, ma i commenti di Angela e dei suoi ospiti davvero fuori luogo. Diverse cose non mi sono andate giù. Innanzi tutto una bella bugia: secondo loro l'efficacia delle tecniche di fecondazione artificiale è maggiore di quella della fecondazione naturale, perchè molti concepimenti naturali finiscono in aborti spontanei (se la matematica non è un'opinione, circa l'85%). Falso, perchè in realtà sono circa il 30%. Secondo, l a gravidanza è stata mostrata totalmente medicalizzata, privata di ogni aspetto naturale e sereno, come se le donne non sapessero portare avanti una gravidanza e un parto senza l'aiuto onnipresente di un camice bianco. Terzo, il dare quasi per scontato (quindi per obbligato) l'uso dell'epidurale, tecnica anestetica da usare con prudenza e nei casi necessari, e invece presentata come un modo per togliere alla donna ogni dolore. E sia chiaro, sono le donne che hanno partorito naturalmente e che sono ben liete di aver sopportato il dolore del parto, quelle che hanno le maggiori perplessità riguardo l'epidurale . Insomma, le immagini della gravidanza sono state spettacolari e commoventi, ma l'uso distorto (e politico) che se ne è fatto è davvero da rigettare. Non pensavo di poter arrivare a dirlo, ma forse è preferibile l'Angela che ci vuol convincere che discendiamo dalle scimmie, dai pesci, o dalle iguane a quello che si occupa di bambini. Angela, lascia stare gli angeli.

mercoledì 28 giugno 2006

Mamma la Turco!

Il Ministro della Salute Livia Turco si preoccupa molto della salute. In modo particolare di quella dei giovani (e non solo) e delle donne. Infatti, per quanto riguarda la prima categoria, ha dichiarato che una quantità di cannabis pari a circa 40 spinelli dovrebbe essere lecita e rientrare nella modica quantità per uso personale. Salute, Ministro della Salute! Evidentemente i suoi consulenti le hanno detto che fumando quaranta spinelli nel giro di uno, due giorni, il fisico ne giova, la capacità mentale pure, le prestazioni cognitive anche, l'affettività gongola e i calli spariscono. Ben fatto, Ministro, la ringraziamo per come si preoccupa della salute nostra e dei nostri figli. Naturalmente la Melandri, Ministro dello Sport, si è accodata e ha approvato pure lei la brillante uscita della collega, ritenendo evidentemente che uno sportivo che non si fuma 40 spinelli, come farebbe a vincere le olimpiadi?
Ma l'utile contributo alla salute della Turco non finisce qui. Il Ministro (se non ci fosse bisognerebbe inventarla), è andata all'Ospedale S. Anna di Torino, dove sperimentano la pillola abortiva RU486. Silvio Viale, responsabile della sperimentazione, è attualmente indagato dalla procura di Torino perchè diverse donne - sembra una ventina - hanno abortito a casa, dopo aver preso la pillola in ospedale, in violazione della legge 194, che prevede che gli aborti avvengano in ospedale. Il Ministro ha detto: "La sperimentazione è corretta e non viola la 194". Nonchè: "Il ministro non interviene nelle questioni strettamente mediche. Sono i medici che devono esprimersi" e riguardo l'iniziativa della magistratura su Silvio Viale: ''La Procura farà il suo compito, io non giudico nulla". Però ha detto anche: "L' aborto non si fa a domicilio. Non può essere scelta nessuna metodica che consenta l' aborto per intervento terapeutico a domicilio. Deve essere fatto nella struttura pubblica. Mi sembra che questo sia ampliamente confermato nella struttura del Sant' Anna''.
Insomma, parole in libertà. La Turco è stata definita come "poco informata" persino dalla radicale Poretti, che ha dovuto ammettere che la caratteristica peculiare della pillola abortiva è proprio quella di far abortire in casa, facendo risparmiare parecchi soldini allo Stato. Bel rispetto della dignità della donna. Di fatto la filosofia è: "Ammazzalo a casa tua e non venirci a rompere in ospedale". Mi verrebbe da dire, ma se i soldini si risparmiassero eliminando qualcosa dello stipendio dei ministri non sarebbe meglio?
P.s Grazie a www.stranocristiano.it per il suo contributo di informazioni e commenti sul tema.

martedì 27 giugno 2006

Buttarsi nella mischia

Stavo parlando con una mia paziente di un atteggiamento - suo, ma anche di molti - quello di raccontarsi la vita invece di viverla. E' l'atteggiamento di chi fa lo spettatore della proprie emozioni, dei propri comportamenti, dei propri pensieri invece di esserne protagonista. Lei, la mia paziente, mi racconta in modo acuto e intelligente le sue esperienze quotidiane, le commenta, le analizza, ma sempre in modo distaccato, da fuori. E questo è il motivo per cui fin'ora ha fatto pochi progressi. Quello che le manca è parlare di meno e agire di più, salire sul palco e interpretare la vita piuttosto che stare in platea ad osservarsi. La sua paura è che, se dovesse cominciare ad agire con tutta se stessa - immergendosi completamente nella vita - potrebbe sbagliare e la responsabilità dell'errore sarebbe insopportabile per lei. Così, fino a questo momento ha preferito vivacchiare stentatamente, piena di rimpianti, piuttosto che confrontarsi con la realtà e assumersi il rischio di scelte totali e forti. La tentazione di sfuggire la realtà è per tutti (e le vie di fuga sono innumerevoli!), ma tutti siamo invece chiamati a confrontarci ogni giorno con essa, accettandone sfide e impegni.

mercoledì 14 giugno 2006

Ancora stress...

Un lettore mi accusa di essere stato un pò superficiale nel precedente post in cui, secondo lui, ho banalizzato il tema dello stress. E' chiaro che un argomento complesso come questo non può essere trattato in modo esauriente in un blog, che per sua natura richiede velocità, sintesi e immediatezza. Oltretutto, la mia intenzione non era quella di banalizzare un problema che per molte persone è serio e gravoso, ma quella di ironizzare su alcuni giornalisti che - nell'ignoranza degli argomenti su cui scrivono - demonizzano lo stress e lo tirano in ballo ad ogni stagione, per ogni motivo, quasi sempre a sproposito.
Comunque, visto che vengo sollecitato a riparlarne, ribadisco e chiarisco alcuni punti:
1. Lo stress, come l'ansia o la paura, purchè non superi certi limiti, è un fenomeno utile e benefico, perchè serve a tutelarci da carichi eccessivi di lavoro.
2. Se i limiti si superano non è colpa dello stress, ma la responsabilità è nostra, per non aver valutato correttamente i segnali d'allarme mandati dal nostro organismo e non aver saputo frenarci in tempo.
3. Le nostre risorse non sono illimitate, dobbiamo sapere quando è il momento di fermarci e di ricaricare le batterie.
4. Spesso il modo di ricaricarci è peggiore dello stress. Ad esempio, passare una notte in discoteca o fare quattro ore di fila per andare al mare, può essere più stressante di un normale giorno di lavoro. Molto più sana una passeggiata al parco o una seratina tranquilla con amici.
5. Fare un esame è particolarmente stressante solo se ci facciamo prendere dall'ansia della prestazione o dalla paura del fallimento. O se ne facciamo una questione di vita o di morte. Altrimenti è semplicemente un esame.
6. Riguardo l'accusa di banalizzare, io la chiamerei meglio una scelta di semplificare. La semplicità non è il semplicismo, è solo il togliere sovrastrutture, complicazioni e cumuli di parole da cose che di per sè sarebbero facilmente comprensibili se solo avessimo il coraggio di chiamarle con il loro nome. Ma lo sappiamo, il vecchio trucco di complicare le cose semplici è il modo migliore per far soldi e per per crearsi un alone di "Sapienza".

domenica 11 giugno 2006

Braccia rubate all'agricoltura

Oggi, sul sito dell'agenzia giornalistica Ansa un titolo: " UN MILIONE SOTTO STRESS PER GLI ESAMI DELLE MEDIE E LA MATURITA' ". Probabilmente lo stress (e forte) ce l'hanno quei disgraziati giornalisti che propongono certi titoli e certi articoli. Ma purtroppo è il periodo. Siamo a giugno, bisogna parlare degli esami, perciò 1 = lo stress degli studenti. Ma si comincia a sentire il caldo, perciò 2 = i consigli del medico per lo stress da cambiamento climatico. Già sono prossime le ferie e allora 3 = i consigli per la tintarella senza stress e 4 = per arrivare non stressati sulla spiaggia. Poi arriverà l'autunno e bisognerà parlare del 5 = stress da rientro, del 6 = stress da ripresa. Poi a Natale ci sarà lo stress 7 = di chi mangia troppo e quello 8 = di chi non può permettersi di mangiare. Seguirà lo stress 9 = da settimana bianca, 10 = da uova di Pasqua, 11= stress da allergie primaverili, ecc. ecc.
Strano che tra tante cause di stress non sia contemplato il sovraccarico da scemenze giornalistiche. Lo stress è vita, lo stress è semplicemente l'impegno dell'organismo per adattarsi alle necessità contingenti. Richiede energia? Certo che ne richiede, ma tutto richiede energia, anche mangiare caviale o dire alla donna di servizio di pulire casa. L'essere umano ha tutta l'energia necessaria per far fronte ai suoi compiti. E quando l'organismo è stanco basta ricaricarsi: silenzio, sonno, contatto con la natura, dialogo con persone care e, sopratutto, non prestare attenzione agli allarmi di certi giornalisti.

martedì 6 giugno 2006

Il futuro dell'uomo si gioca in famiglia

Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha diffuso un documento in difesa della vita e della famiglia. "Mai come ora l'istituzione naturale del matrimonio e della famiglia è vittima di attacchi tanto violenti", recita l'importante documento. Soltanto una famiglia formata da un uomo e una donna, "costituisce l'ambiente adeguato perché venga alla vita un nuovo essere umano, cioé un essere dotato di dignità e chiamato ad essere amato. La psicologia non può non essere d'accordo. Non si difende mai abbastanza la famiglia naturale, perchè - è vero - mai si visto un attacco così aggressivo, mirato, sincronizzato, violento contro la cellula della società come nei nostri tempi. E più i cittadini dichiarano con i loro gesti di amare la famiglia e la vita (ricordo l'esito trionfale del referendum dell'anno scorso, oggi calpestato da esponenti dell'attuale governo, ricordo a livello internazionale l'esiguo numero di matrimoni omosessuali rispetto ai numeri tirati fuori dai tromboni delle lobby gay), più i nemici dell'uomo cercano di distruggere la famiglia.
Non ripeterò mai abbastanza che la maggior parte dei problemi psicologici dei miei pazienti derivano da problemi familiari; che il 95% per cento dei tossicodipendenti che seguo proviene da famiglie problematiche. Ecco perchè Chi danneggia la famiglia è - consapevole o meno che sia - un nemico dell'uomo, della sua felicità, del suo futuro.

sabato 3 giugno 2006

Belli perchè ubbidienti

Questa settimana c'è stata la parata. Dei soldati, delle Frecce Tricolori, delle Fanfare dei corpi dell'Esercito. Io, per quanto conta la mia opinione, stimo e ammiro i militari. Soprattutto perchè hanno ancora il senso dell'obbedienza e dello Stato. Che sono ambedue cose importanti e utili all'essere umano. Si parla poco dell'ubbidienza, e quando lo si fa è soltanto per criticarla o ironizzarci sopra. Invece è una grande virtù. Quando penso all'ubbidienza mi viene sempre in mente un albero da frutto. Per ogni albero viene il momento di essere potato, ovvero di essere limitato nel suo sviluppo. Se un albero potesse decidere liberamente e si rifiutasse di essere potato, nel giro di poco tempo si inselvaticherebbe e non darebbe più frutti buoni e abbondanti. Invece, per fortuna, non può rifiutarsi, e così dopo la potatura diventa più bello, rigoglioso e ricco di frutti di prima. Anche le persone ogni tanto devono sottomettersi a ordini di altri. E' come una potatura al proprio libero arbitrio, alla libertà di scelta. C'è chi lo vive bene il momento di dire "Signorsì", e attraverso un gesto di ubbidienza si prepara ad un rigoglioso moltiplicarsi delle sue qualità, e c'è chi - invece - si ribella, scalpita, protesta, invoca la sua libertà. Così evita l'ubbidienza, fa come gli pare, e come premio diventa più bestia di prima. Qualcuno dirà: "Ma se mi chiedono di ubbidire a cose sbagliate?". Un consiglio: preoccupati solo di non fare cose contrarie a principi morali assoluti e condivisi. Per il resto, sopportare anche qualche piccola ingiustizia non è mai stato un grosso trauma psicologico per nessuno. Se non sei d'accordo, ubbidisci lo stesso ;-)

venerdì 26 maggio 2006

Il relativismo in psicologia non mi piace

"Si cerca di creare l'impressione che tutto sia relativo: anche le verità della fede dipenderebbero dalla situazione storica e dalla valutazione umana"

Queste alcune parole di Benedetto XVI in Polonia. In effetti, appare evidente un diffondersi sempre maggiore della mentalità relativistica: in tutti gli ambiti si sostiene che tutto è discutibile, tutto è accettabile, la verità cambia - di persona in persona, di cultura in cultura.

Anche nella psicologia, la corrente imperante tende a non essere direttiva con i pazienti, a non dare giudizi, a non esprimere opinioni, tutt'al più si possono far confrontare le idee esposte dal cliente con la loro opportunità o meno, cioè con la convenzienza delle loro conseguenze applicative. Ad esempio, se un paziente vuole divorziare, lo si fa riflettere soltanto se è quello ciò che veramente vuole e se - facendolo - starà meglio, senza mettere in dubbio la bontà della scelta. Così, in questo caso, l'unità familiare non viene considerata un valore in sè, ma solo una possibilità tra le altre. Ora, io credo che questo modo di agire sia pericoloso e ingiusto. Pericoloso perchè togliendo ogni valore assoluto si crea un mondo senza alcun riferimento, senza alcun limite, senza alcuna regola. Quindi un "non mondo". Ingiusto perchè si abituano le persone a pensare che il criterio base di verità siano le proprie idee del qui ed ora, mantenendole così in uno stato di costante infantilismo e impedendogli una ricerca personale.
Per quanto mi riguarda io credo che esistano dei valori universali. Uno di questi è la famiglia. E lo credo per una serie di validissime ragioni. Questo mio valore lo comunico esplicitamente ai miei pazienti, e lavoriamo a carte scoperte sul costruire, ricostruire o rifondare la propria famiglia. Anche nel malaugurato caso di una separazione, questa scelta viene vista come ultima di una serie di possibilità migliori e , comunque, affrontata salvaguardando il più possibile i rapporti, lasciando sempre una porta aperta a eventuali riprese di dialogo. I pazienti in genere apprezzano molto questa "scelta di campo", non si sentono condizionati dalle mie idee proprio perchè sono esplicite e chiare, e sono motivati a uscire dall'immaturità del proprio pensiero egocentrico. Non possiamo giocare a biglie con le verità che riguardano il cuore dell'essere umano e che ne possono segnare il destino.

lunedì 22 maggio 2006

Meglio la pizza

Il famoso storico italiano Franco Cardini ha un'idea. Che il successo di un libraccio come quello dell'inglese dan brown, successo assolutamente immeritato per la palese stupidità dei suoi contenuti, sia stato in realtà pompato ad arte da poteri non molto chiari. E fin qui non ci stupiamo. E' evidente che la popolarità di questa robaccia sia stata ottenuta con un progetto pubblicitario costosissimo da esperti di marketing e condizionamento sociale. Altrimenti non si spiegherebbe come una scemenza senza il minimo accenno non dico di valore, ma almeno di buon senso, abbia potuto beneficiare di un lancio planetario di questa portata. Ma Cardini dice di più, secondo lui il Codice è stato un messaggio, un messaggio mafioso. Di poteri Usa che hanno voluto punire la Chiesa Cattolica per essersi opposta alla guerra in Iraq e essersi messa contro la volontà della classe dirigente americana. Cardini non è un visionario, è un serio scienziato. Non è un complottista, è uno storico che non teme di esprimere i suoi punti di vista. Il suo è un parere di chi osserva, valuta i tempi, le opportunità, le convenienze, e trae delle conclusioni. La nostra conclusione da profani invece, è che i soldi che i pubblicitari vorrebbero farci regalare alllo scrittore inglese li spenderemo in una bella pizza con gli amici. Scherziamo con i fanti e lasciamo perdere i santi...

lunedì 15 maggio 2006

Ciao Hevan, salutaci la tua mamma

Questo è Hevan, ucciso insieme alla sua mamma, Jennifer Zacconi. Ucciso prima di nascere, nel ventre della madre. Il padre non voleva questa gravidanza, la madre - sorretta dal Movimento per la Vita - ha invece proseguito con coraggio. Ma sia lei che il suo bambino non hanno resistito alla violenza brutale. Ora, i benpensati hanno protestato alla pubblicazione di questa foto. Cacciari (il "famoso" pensatore) ha addirittura paragonato questa scelta alla pornografia. Pornografi sono loro, questi ipocriti servitori della cultura della morte, che hanno timore di mostrare come è fatto un bambino ancora non nato, addormentato nella culla accogliente di una mamma, tolto alla vita prima ancora di venire alla luce. Pornografi sono loro, che schifano la vita di un feto e si appassionano all'eutanasia, che non si commuovono davanti ad un bocciolo di rosa e si inebriano dell'odore dei crisantemi.

venerdì 12 maggio 2006

Quanto è bella la libertà!

Un cane, per tutta la vita farà le stesse cose. Abbaierà allo stesso modo nelle stesse occasioni, scodinzolerà nei modi abituali, mangerà con lo stesso atteggiamento. E' un animale, non c'è da stupirsi. Ha pochi comportamenti nel suo guardaroba, li utilizza secondo l'istinto e non si preoccupa d'altro. L'uomo no. L'uomo davanti ad uno stesso stimolo ha un ventaglio di infinite risposte possibili. Può scegliere. E' libero. Ciò che distingue una persona da un animale è la possibilità di scegliere. Quanto è bella la libertà! In questo blog posso mettere non tutto quello che mi passa per la testa, altrimenti sarei schiavo dei miei impulsi del momento, ma ciò che mi sembra meglio. La libertà non coincide col fare tutto quello che mi pare, altrimenti mi porterebbe all'autodistruzione, ma nel pensare quale cosa è meglio fare, usando l'intelligenza, la critica, l'esperienza e tutte le migliore facoltà umane. Quanto è bella la libertà! Che tristezza quando non la si usa bene!

domenica 7 maggio 2006

Salve

"Spennate vive" trasloca. Il commento settimanale un pò caustico ed irriverente ad un fatto di cronaca diventa un Blog. Il perchè è presto detto. "Spennate vive" non è tanto un commento professionale psicologico, ma di più è l'espressione di ciò che passa nella zucca di Silvio Rossi, che è sì uno psicologo, ma è pure una persona che vive nel mondo e ogni tanto gli scappa di scrivere delle cose in tono polemico, irritato, magari indignato su quello che vede e che sente. Cose che potrebbero magari stonare in un sito ufficiale di psicologia...
Allora, ecco qua una bella lavagnetta dove dare spazio ai miei pensieri. Che saranno magari semplici, magari provocatori, ma sicuramente anticonformisti, non allineati al pensiero dominante e per niente politicamente corretti.
Mi auguro che qualcuno di questi miei pensieri possa trovare compagnia tra i tuoi!