martedì 27 dicembre 2016

Vivere finti e morire di sbadigli

Un morto vero e un finto vivo
In questo 2016 sono morti in tanti, molti dei quali si agitavano e si sbattevano come se pensassero di essere immortali. Invece ora stanno da qualche parte, in un angolo della nostra terra, e tra poco nessuno più si ricorderà di loro. La maggior parte dei morti "famosi" erano famosi per la pretesa di costruirsi una vita stravagante, originale, depravata e provocatoria. Ma la morte non si fa ingannare così banalmente, anzi, li ha individuati con più facilità e li ha abbattuti. Soliti commenti, solite lacrimucce, soliti video su youtube, poi solito menefreghismo. Amen, giriamo pagina. 
La morte dei vip è un evento mediatico noioso e fastidioso, come la vita che l'ha preceduta. Costringe i giornalisti a inventarsi qualche commento di routine, a riciclare qualche intervista postuma, a suscitare qualche elemento di commozione. Fino al prossimo cadavere eccellente. Ma non è meglio vivere, piuttosto che indossare un'esistenza fittizia da recitare davanti le telecamere?  
Vivere pienamente e morire da uomini, che meraviglia!
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

domenica 25 dicembre 2016

il Pensiero Collettivo vende parole inutili

Come abbiamo già scoperto in molte altre occasioni, la nostra società ciclicamente si innamora di qualche parola che sembra molto significativa, così tutti iniziano ad usarla in ogni contesto, in modo indiscriminato, a-critico, e ce la ritroviamo oiantata dappertutto come bandiera di rassicurazione: "Tranquilli, qui sei in territorio amico, qui ci capiamo, siamo tutti d'accordo, conformati anche tu e otterrai approvazione senza dover sforzarti troppo".
Ma  a noi qualche sforzo non dispiace, anche perchè se ci riflettiamo un momento, ci rendiamo conto che queste parole sono spesso usate in maniera molto equivoca, sotto l'apparenza di  salvagenti sociali si rivelano poi piombi pesantissimi che fanno annegare il cervello in due centimetri di acqua fangosa.  
Potremmo farne un lungo elenco: ascoltosinergia, opportunità...  
Oggi la parola che tira molto è inclusione
Inclusione è un'espressione immancabile in ogni Pof (piano dell'offerta formativa) scolastico, in ogni progetto per chiedere fondi regionali, inclusione si usa nei convegni della sanità, della giustizia, della politica estera, delle innovazioni tecnologiche. Campanello d'allarme: quando una parola la usano troppe persone in troppi posti vuol dire che è una parola rinforzo del politicamente corretto, ovvero quella parola si presta ad equivoci o significa altro da quello che sembra, non è frutto di riflessione critica, non è una parola utile, alimenta la pigrizia mentale e il conformismo. 
Cosa si intende per inclusione? Si intende la possibilità di integrare all'interno di una realtà sociale  (un gruppo, la società intera, una certa comunità, una classe) persone che invece erano, per vari motivi, escluse. 
Detta così, l'inclusione sembra una cosa buona. Sembra. A guardar meglio invece, senza una doverosa serie di precisazioni, questo termine si rivela un'espressione paradossale e grottesca. Quando viene usata si  sottintende, infatti,  che ci sia una struttura sociale coesa dalla quale vengono escluse persone che quindi subiscono i danni legati alla presunta emarginazione. A me pare che le cose siano ben diverse.
Da anni e anni il potere ha intrapreso una battaglia per valorizzare l'individualismo più sfrenato, cioè il culto del soggetto le cui pretese hanno ogni precedenza e diritto ad ogni accoglienza. Si è promossa l'idolatria dell'io, la devastazione di ogni comunità cominciando dalla famiglia, vista come limite alla libertà individuale. Si è corrosa in questo modo la struttura portante della società. Oggi vediamo come risultato di questo lavoro un occidente dove ci sono sempre più vecchi, dove le poche famiglie non fanno figli, dove i maschi hanno visto decadere il loro livello di salute riproduttiva e ci sono sempre più donne sterili (chiedere agli specialisti), dove all'interno delle famiglie e di ogni altro gruppo il livello di conflittualità è sempre maggiore. Insomma, il sistema di relazioni collaborative e solidali è stato demolito dal culto dell'egoismo, promosso a virtù invece di malattia mortale. E ora, gli stessi  che - magari inconsapevolmente - con una mano  hanno portato acqua al mulino dei disgregatori della società, con l'altra spingono a fare progetti per l'inclusione, evidenziano quindi che c'è bisogno di una società per accogliere gli esclusi. E' il colmo: creano gli esclusi distruggendo la comunità poi fanno progetti per l'inclusione evidenziando quindi la necessità di una comunità accogliente! Se non è schizofrenia questa non so più cos'è la malattia mentale.
Questa mania dell'inclusione, è figlia ideologica della visione mondialista e globalizzatrice, quella che detesta barriere, confini e separazioni. Ma, come abbiamo considerato tante volte, senza limiti non ci sono nemmeno le diverse cose esistenti, ridotte ad una marmellata informe e indifferenziata. Senza confini ci sono invasioni di campo e miscugli informi, senza regole che creano ordine e separazione c'è il regno del caos. Senza confini netti non ci sono comunità, e senza comunità è ridicolo e imbarazzante parlare di inclusione.

Certe volte preferisco non essere incluso
Quando vedo scritto in ogni progetto, in ogni locadina di convegni, in ogni proposta "Innovativa" la parola inclusione penso a tutte queste cose e penso che per includere efficacemente bisogna prima escludere con intelligenza. Prima di preoccuparci di chi è fuori occore rinforzare la struttura che contiene il "dentro". Io preferisco lavorare per rinforzare le famiglie esistenti, perchè solo famiglie sane e forti formano comunità sane, e solo comunità sane sono solidali e prevengono l'emarginazione.  Cercare di includere gli emarginati in società sbrindellate, egoiste e litigiose sarebbe la stessa cosa di salvare un cane dal randagismo per chiuderlo dentro un canile-lager. Meglio non farsi includere dal Pensiero Collettivo.

 «In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)










mercoledì 14 dicembre 2016

Una finestra piena di possibilità


La finestra di Johari è uno schema alquanto interessante, si tratta di una griglia a doppia entrata creata da Luft e Ingham nel'55.  E' usata in parecchi ambiti, dall'analisi della comunicazione nei gruppi, ad applicazioni artistiche. Personalmente trovo utile usarla in psicoterapia per far comprendere ai pazienti certe dinamiche di cambiamento. Nello schema illustrato qua sotto osserviamo la finestra.

Riguarda essenzialmente la conoscenza che noi e gli altri abbiamo o non abbiamo di aspetti che ci riguardano. Si vengno a creare quattro aree: Pubblico (Ciò che noi sappiamo di noi stessi e condividiamo con gli altri); Privato (ciò che noi sappiamo di noi stessi, ma che non condividiamo); Cieco ( Ciò che io non vedo di me stesso, ma gli altri invece vedono); Inconoscio (Ciò che di noi stessi ignoriamo e anche gli altri ignorano).

La finestra ci aiuta a verificare l'esistenza nella nostra vita di aspetti di cui noi siamo consci e che possiamo gestire secondo i vari contesti e necessità, ma anche di "zone oscure" di cui gli altri possono essere a conoscenza o meno, ma che comunque influenzano i giudizi e le decisioni che prendiamo.
Una psicoterapia efficace deve portare una persona da uno stato di prevalenza dei due quadri inferiori: "Io non so" ad una scoperta del settore superiore caratterizzato da una crecente consapevolezza e responsabilità: "Io so". In pratica, un percorso di ampliamento dello spazio di libertà personale, perchè maggiore è la conoscenza che abbiamo delle nostre dinamiche intrapsichiche e maggiore è la possibilità di esercitare la nostra capacità di scegliere.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

lunedì 12 dicembre 2016

lettere minuscole


E' un incarico importante quello di Ministro della Pubblica Istruzione, così importante che si scrive con l'iniziale maiuscola. E' un incarico importante e prezioso per un Paese Civile (ma sì, scriviamo maiuscolo pure questo!) quello del responsabile della cultura, della scuola, dell'università, della ricerca. Soprattutto nella nostra nazione, la nostra bella Italia,culla della civiltà, terra sapiente e saggia che con la sua cultura donata ha istruito e civilizzato il mondo.

Essere Ministri della Pubblica Istruzione in un paese come il nostro non è una cosa qualsiasi, vuol dire ereditare secoli di civiltà, intelligenza e genio, dovuti allo straordinario connubio tra pensiero greco, pragmatismo romano e sintesi cristiana. Essere Ministri della Pubblica Istruzione in Italia significa trasfondere nelle nuove generazioni il bagaglio di secoli di elaborazione intellettuale. E' un compito che ha una sua sacralità, sì, è un ruolo sacro. Che richiede ponderazione, equilibrio, sobrietà, prudenza e rispetto; capacità di giudizio; amore per l'istruzione, per i giovani. Essendo un un ruolo sacro ci si deve sentire come sacerdoti: laici, ma sacerdoti; consci di manipolare materiale delicato, prezioso. Sarebbe un tradimento utilizzare il proprio potere di Ministro come un manifestante di piazza usa il suo megafono, per urlare slogan e fare demagogia. 

La Senatrice PD Valeria Fedeli, propagandista dell'ideologia gender, è il nuovo ministro della pubblica istruzione. Perdonatemi, non riesco ad usare le lettere maiuscole.  il nuovo ministro...

Ps.
A distanza di poco dalla sua elezione scopriamo grazie ad Adinolfi, Direttore del periodico "la Croce" che la signora Fedeli, il Mininstro della Pubblica Istruzione, cioè quello che decide sulle scuole, sulle università, sugli istituti di ricerca:
1. Non ha una specializzazione post laurea
2. Non ha la laurea
3. Non ha un diploma superiore di cinque anni
Ha un diplomino magro preso dopo la licenza media, e ha qualche anno di esperienza come sindacalista. E tutto questo l'aveva nascosto vantando titoli inesistenti sul suo profilo.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 7 dicembre 2016

Elogio femminile

Un paio di link interessanti, che fanno capire cosa vuol dire essere donne di qualità:

1. Heather Parisi dilaga dallo schermo televisivo con una lezione di realismo controcorrente Link

2. Un articolo su Libero Quotidiano in onore di Agnese Renzi, assolutamente meritato Link







«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 6 dicembre 2016

Oh, che cose strane!


Un padre molto presente in famiglia aiuta lo sviluppo dei figli così che diventino donne e uomini più equilibrati. Se sono ben seguiti i ragazzi hanno infatti il 28% di probabilità in meno di avere problemi del comportamento. Questo quanto dice una ricerca dell’Università di Oxford, che ha esaminato un campione di seimila bambini, seguiti per dieci anni.

Il povero Professor Risè, docente di Psicologia dell’educazione all’Università Bicocca di Milano, è una vita che predica l'importanza della figura maschile nell'equilibrio dello sviluppo umano, ha scritto articoli e libri su questo. Come lui tanti altri. Senza molto esito, considerata la violenta politica antimaschile in corso, Ora è arrivato pure questo studio inglese, servirà? Ma è necessaria una ricerca per dire l'ovvio? Serve un metereologo per ricordare che se piove ci si bagna? Eppure nella nostra epoca bisogna utilizzare le ricerche scientifiche al posto del buon senso, gli studi universitari invece della semplice osservazione. Oggi reagiamo con un "Ohhh" a chi ci ricorda qualcosa che i contadini di 50 anni fa capivano senza essere mai andati a scuola... 
Si,  il padre è indispensabile per la salute dei figli. Ma è indispensabile anche per la salute della moglie. Come la donna è indispensabile per la salute del marito. Ohh! Ma godiamoci un pò di stupore, non togliamo la sorpresa: dalla manica, come un sapiente prestigiatore, tiriamo fuori anche la notizia  che una famiglia unita fa star  bene e una piena di conflitti fa star male. Per sommo godimento e non farci parlare dietro riveliamo pure che una famiglia unita lo è se tutti i componenti cercano di superare il proprio egoismo e si mettono a servizio gli uni degli altri. Ohh!  Ma la ricerca non dice una cosa importante, e cioè che il padre dovrebbe anche essere maschio, possibilmente eterosessuale e vagamente onesto. E' roba vecchia, parliamo di buon esempio, quindi è giusto prcisarla visto che oggi abbiamo i Lapo Elkann che vanno a trans e cocaina, o i Dott. Cazzaniga  medici di Saronno, così bravi nell'anestesia che i pazienti si addormentano per l'eternità con divertimento annesso (l'amante infermiera). 
Ricordo pure, a rischio di provocare un infarto a qualcuno, che le donne, se vogliono collaborare all'educazione dei figli, devono pensarci bene prima con chi li fanno. Un uomo che si compiace di sè non sarà mai un buon padre, un uomo che non guarda le necessità degli altri non guarderà nemmeno i figli. Donna avvisata mezzo salvata.
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 23 novembre 2016

Un condizionale per cambiare pensiero

Volevo condividere con voi un piccolo lavoro fatto con un giovane paziente, all'interno di una terapia per altri versi piuttosto complessa. Spero possa essere utile anche a qualcuno degli amici che viene a trovarmi sul blog:

Chiedendo di elencare qualche suo difetto mi ha portato questa lista:

 non riesco a dire ciò che penso
non riesco a fare discorsi seri
non riesco a non stancarmi delle persone
non riesco a dimostrare i miei sentimenti verso qualcuno.

Ho evidenziato in rosso i quattro "Non riesco" per fargli notare il peso di questa colpevolizzazione espressa in modo così assoluto.

Abbiamo poi tradotto insieme le stesse frasi in una maniera più neutrale, eliminando le negazioni, ed è venuto fuori questo:

Esprimo con difficoltà i miei pensieri
Scherzo sempre, anche a sproposito
Le persone mi annoiano
Ho difficoltà a far capire alle persone che loro mi piacciono.

Già in questo modo i suoi difetti sembrano meno incombenti, vero? Sono descritti sempre in modo veritiero, ma non sono opprimenti, in qualche modo liberano dalla colpa ed evidenziano dei fatti.

In ultimo abbiamo provato a tradurli ancora una volta, ma con l'intenzione di farli diventare impegni da realizzare, progetti di cambiamento. E' venuto fuori questo:

Vorrei esprimere con spontaneità e semplicità i miei pensieri
Mi piacerebbe, quando necessario, avere un atteggiamento più serio
Mi piacerebbe trovare dei motivi per interessarmi alle persone
Mi piacerebbe manifestare i miei sentimenti positivi verso le persone

Decisamente così ci piace. Espressi al condizionale, come desiderio, i difetti sono sempre chiari, ma ora sono diventati un compito da svolgere, giorno per giorno, una attività quotidiana di miglioramento. Abbiamo trasformato i suoi limiti: da prove accusatrici della sua incapacità, a occasioni di crescita e maturazione.

Non riesco, non riesco, non riesco...
Il mio paziente è sembrato incoraggiato da questo "Cambio d'abito", così lo propongo anche qui per suggerire di giocare con le parole, non per mascherare la verità, ma per riuscire ad esprimerla in un modo costruttivo e dinamico, per uscire da quella gabbia di colpevolizzazione nella quale da soli ci andiamo a ficcare così spesso...

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 16 novembre 2016

No limits? No idiots!

Si può fare tutto? No, non si può. 

Sembra semplice, ma non è così scontato. Ormai siamo abituati all'idea che tutto sia possibile, che ogni cosa sia a portata di mano, che qualsiasi sogno o ideale possa diventare realtà, che si possa esaudire ogni pretesa e ogni diritto, ogni utopia e ogni ambizione. Che, insomma, tutto ciò che vogliamo, chiediamo e desideriamo si possa fare. 

In questi giorni più di una volta mi è capitato di pensare, ad esempio, che uno dei sogni più ricorrenti delle anime belle, (e i sogni, si sà, son desideri, e poi i desideri diventano diritti e pretese) è che tutti possano cambiare. Se la società, le istituzioni, la scuola, i progetti didattici e terapeutici, ecc. ecc. facessero il loro dovere ognuno potrebbe riscattarsi dalla sua condizione, potrebbe migliorare, guarire, salvarsi.

Ho visto la prima puntata della favoletta televisiva "La classe degli asini", ad esempio, dove si mostra, appunto, la storia molto enfatizzata dell'insegnante che combattè contro le classi differenziali. Combattè cioè la separazione anche fisica e istituzionale tra alunni normali e alunni con handicap vari. Non è questa la sede per affrontare un tema così delicato e spinoso, ma quello che davvero è insopportabile di questa comunicazione è il messaggio fuorviante  che passa, cioè che tutti possano fare tutto, che non ci siano limiti, che per quanto una persona sia svantaggiata può impegnarsi e ottenere risultati. Questo è un affronto alla verità dei fatti. Non è vero che ogni limite sia superabile. Ci sono persone che non usciranno mai dalla loro condizione, ci sono persone che non guariranno mai, ci sono persone che non si redimeranno mai, ci sono persone che non si integreranno mai. MAI.

Tanti sforzi... e ritrovarsi un salame
Noi abbiamo il dovere di fare del nostro meglio, e di aiutare gli altri a fare il loro meglio, ma nella consapevolezza che qualche volta il meglio è solo poco di più. Questa consapevolezza non ci deprimerebbe se pensassimo che il valore di una persona non sta in quello che riesce a fare, ma nella coscienza di aver fatto il possibile. Invece no, abbagliati da insegnamenti e dottrine erronee di origine fondamentalmente gnostica, giudichiamo perdenti coloro che non ce la fanno, vorremmo convincerci perciò che si possa superare sempre il proprio limite per essere tranquilli noi, ottimisti verso le nostre possibilità di auto-riscatto e auto-salvezza. 

Vorrebbero farci credere che la colpa dei limiti sta nei muri creati dall'uomo, nelle discriminazioni. Vaglielo a spiegare che i muri e le differenze stanno nella natura stessa. Vaglielo a spiegare che l'intelligenza è un processo di discriminazione, cioè di separazione. Vaglielo a spiegare che senza divisioni e separazioni non ci sarebbero enti (in senso filosofico), quindi non ci sarebe nulla. I muri sono sbagliati quando pretendono di separare i giusti dai cattivi, ma non quando marcano la differenza tra realtà diverse e alcune volte incompatibili.

Poi, improvvisamente, la vita ci dà una bella legnata e ci costringe a svegliarci bruscamente dal coma. Per esempio, un Silvano Maritan qualsiasi, ex affiliato della cosiddetta "Mafia del Brenta" di Felice Maniero, a settant'anni suonati esce dal carcere, incontra una conoscenza sempre del giro, ci litiga e l'ammazza con una coltellata. Con buona pace dei buonisti ad ogni costo, che vivono nell'utopia della possibilità universale di risocializzarsi e uscire dalla criminalità. Purtroppo non tutto è possibile, se ne facciano una ragione.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

giovedì 10 novembre 2016

Non c'è perggior sordo di chi non vuol sentire...

Una sola rilevazione su ottanta dava Trump vincitore.Tutti i giornali progressisti, ovvero la stragrande maggioranza del potere comunicativo mondiale, tutti gli opinionisti kekkontano, tutte le tv, proprio tutti davano la Clinton vincitrice. 
Anche ad urne ormai aperte, mentre si contavano i risultati, mentre si intervistavano gli elettori, anche allora non volevano vedere, ascoltare e credere: "Ancora ce la può fare, è in recupero, aspettiamo il conteggio finale"...
...Ancora stanno aspettando. Impietriti, come la faccia della Giovanna Botteri, corrispondente da circa 200.000,00 euro annui, affacciata a raccontare un mondo che esiste solo nella loro fantasia.
  
Personaggi tv
Cosa diremo, che i sondaggisti sono degli imbecilli incompetenti ? Si, certo, sarebbe legittimo pensarlo, ma probabilmente sbaglieremmo.  Diremo forse che i giornalisti progressisti radical-chic, abituati a discutere dai loro salotti, sono due volte imbecilli perchè hanno dato ascolto ai sondaggisti che anche in passato avevano spesso sbagliato previsioni? Anche qui - sì, lo potremmo dire - ma a torto.

Sondaggisti, giornalisti, commentatori, Opinion-leaders e compagnia bella non sono imbecilli. Intuivano da tempo che la Clinton non aveva chanches. Alcuni hanno continuato a divulgare notizie fasulle solo per ordine si scuderia, per spargere falsità sull'altro candidato, ma sono sicuro che non per tutti è così. In realtà molti non hanno voluto accettare ciò che è evidente: il mondo è diverso dalla loro raffigurazione ideologica. La gente comune, nauseata dalla vomitevole puzza emanata dalle cordate mafiose dei detentori del potere ha scelto di votare non un'acclamata serva di tale potere, ma chi si è schierato contro, con decisione, proponendo una politica attenta (almeno nelle intenzioni - vedremo -) alla gente comune, alle famiglie. La guerrafondaia Clinton, grondante sangue, corruzione e perversioni  (vedi le ultime mail diffuse da Wikileaks), ha messo nel suo programma politico l'aborto fino al nono mese, diritti  LGBT, limitazione della libertà religiosa e amenità del genere. Un bel programma, mentre la crisi economica morde, i lavoratori sono a rischio del loro impiego, la sanità pubblica è praticamente inesistente. Un bel programma ignorare i poveri e gli emarginati e dedicare sforzi inauditi per bombardare il Medio Oriente, provocare la Russia, ammazzare bambini, destabilizzare il mondo. 

Gli intellettuali non hanno voluto vedere perchè vedere voleva dire riconocere impietosamente la propria fine, la fine di una ideologia sbagliata, irreale, utopica, in fondo ridicola. Questi intellettuali hanno chiuso gli occhi come hanno fatto con la Brexit: quando l'Inghilterra stava per uscire dall'Europa loro dicevano che se fosse avvenuto sarebbe successa una crisi economica di dimensioni impressionanti, drammatica e apocalittica. Poveretti, l'abbiamo visto. Se fosse stato eletto Trump sarebbe venuto giù tutto, dalla terza guerra mondiale all'invasione delle cavallette. Due volte poveretti.
Il problema è che non sono cattivi, sono progressisti, liberal, chiamateli come vi pare, impregnati di cieca ideologia e presuntuosa arroganza.
Qualsiasi utopia, potremmo dire, porta con sè qualcosa di psicopatologico, in quanto propone come legittima, anzi veritiera, una lettura invece impossibile della realtà. Ma alcune utopie rimangono ristrette a pochi fedelissimi, e provocano danni limitati. Altre, come il marxismo, riescono a smuovere masse, a imporsi in governi che prevedibilmente si trasformano in dittature, a creare un pensiero che nel divenire mutevole delle sue continue trasformazioni condiziona lo sguardo attraverso griglie ideologiche. Così i nostri eroi, hanno talmente bevuto alla sorgente avvelenata dell'Utopia, fieri di essere illuminati dalla Sua Verità, da essere persuasi di vedere una realtà che però si è dimostrata falsa e menzognera, perchè filtrata dalle categorie fondamentaliste del loro credo. E adesso, mentre tutto il loro castello - quello sì - vien giù, continuano a non vedere il re nudo. Ciechi che hanno preteso di spiegarci com'è fatto il mondo.
Fa pena leggere il disastrato Fabrizio Rondolino che twitta: "Il suffragio universale comincia a rappresentare un serio pericolo per la civiltà occidentale". Per lui, se le elezioni non danno i risultati che si aspettava, meglio abolirle che accettarne i risultati. Ecco la democrazia di lor signori, e fanculo il popolo. Per la serie: quando la realtà non va d'accordo con le mie idee, è la realtà ad essere sbagliata.
Trump  non sappiamo come governerà, e se potrà governare (in America si trovano sempre dei folli pronti a far fuori Presidenti scomodi). Quello che sappiamo con certezza è che ben prima della Clinton è stata sotterrata un'intera classe di sciamani, che leggendo tra le ceneri dei loro testi sacri hanno previsto il trionfo, e non hanno notato che mischiate a quelle c'erano anche le loro, di ceneri.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

domenica 30 ottobre 2016

Il vero terremoto, quello dell'amore

In questi giorni di scosse e crolli mi viene da pensare che tutta questa attività sismica sia solo la manifestazione esteriore e rumorosa di terremoti ben più drammatici che avvengono nel cuore dell'uomo.
Le scosse telluriche hanno sempre accompagnato la storia dei nostri paesi, non è questa la novità. La cosa sconvolgente è renderci conto ogni giorno di quanto siano venute giù altre costruzioni: i ponti della solidarietà, le piazze della ricerca del bene comune,  i palazzi della convivenza pacifica, le torri del buon senso, le chiese della realtà, i castelli dell'amore familiare. 
E' la civiltà umana che nell'ultimo secolo è stata profondamente terremotata da ideologie dirompenti, che hanno lavorato alle fondamenta dell'uomo per cancellarne ogni identità e stabilità.
Gli italiani sono stati sempre capaci di far risorgere le loro città. In ogni borgo del nostro straordinario paese troviamo monumenti toccati da terremoti e ricostruiti più belli di prima. Ma il terremoto del cuore, si potrà ricostruire? Quali ingegneri sapranno mettere mano per restituire coraggio e fiducia, ingredienti fondamentali per una rinascita veramente umana? So di essere ripetitivo, ma la verità non si può modificare per capriccio di novità; la verità è che se non si riparte dalla famiglia, formata da una coppia che sta insieme per tutta la vita e da figli (declinati al plurale), la società non ha futuro. Solo la famiglia ha in sè il potere di guarire le ferite dell'uomo e della donna, di dare speranza e capacità di agire. Le macerie del nichilismo, cioè la fede nel nulla, stanno soffocando ogni residuo di umanità, le famiglie reagiscano: dimostrando che la fede nell'amore che non finisce, perchè fondato sulla volontà, ha un senso e una possibilità concreta di applicazione. 

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

giovedì 27 ottobre 2016

Voglio essere quello che mi pare: un cadavere

Un mio paziente, che ringrazio,  mi segnala questo articolo di qualche tempo fa, nel quale si raccontava la storia di Nathan (ma venuto al mondo come Nancy) che in Belgio ha scelto l'eutanasia dopo che il cambio di sesso non l'aveva soddisfatta.
Non si era sentita accettata come femmina nella sua famiglia, ha fatto l'impossibile per diventare maschio, e dopo tanta fatica e sacrifici, ancora infelice nel suo nuovo corpo ha chiesto e ottenuto di morire. 
Quando l'uomo pretende di decidere chi deve essere e vuole costruirsi la sua vita in base ai suoi criteri, va sempre incontro al disastro.
Il Belgio, come altri paesi "avanzati" avanzato in realtà lo è davvero: è l'avanzo della civiltà. Si vanta di concedere a chiunque di disporre di sè come vuole e quello che ottiene sono culle vuote e tombe piene. 

Leggiamo nell'articolo che in questo caso il medico sostiene di poter parlare di "sofferenze psicologiche insopportabili". E allora? Aiutare a curare o ad affrontare sofferenze è proprio il compito di chi svolge una professione sanitaria; un medico che vede il suo paziente soffrire e invece di curarlo come può sostiene il suo abbattimento possiamo ancora definirlo medico? O non piuttosto l'ultimo disperato servo di una fallimentare volontà di potenza? Il fatto è che se cogliamo il sacro in ogni essere umano, nessua sofferenza è insopportabile, altrimenti la vita stessa diventa una beffa insostenibile da terminare quanto prima.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

Per capire cosa siamo diventati e se possiamo ancora salvarci

Un ottimo e profondo articolo da sorseggiare e meditare. Se vi capita
una mezz'ora di tempo usatela per riattivare neuroni e cuore con questa lettura:
Link










«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

sabato 22 ottobre 2016

Conti... veramente poco...


Conti, partecipando ad uno spot per la trasmissione "Dieci cose" presentato da Flavio Insinna , ci informa generosamente (questo il Link, vedi il minuto 0,25) di alcune cose che per lui sono molto importanti, tra queste cita la salute perchè - testualmente - "Senza la salute non si vale niente".

Quando Conti, tra qualche annetto, si troverà a parlare ansiosamente con un medico a proposito di alcuni valori delle sue analisi e  scoprirà che la sua salute sta cominciando a vacillare, quando sentirà gli acciacchi della vecchiaia  ricordargli il suo imminente decadimento, quando qualche sua persona cara non sarà più un gioiello di funzionamento, insomma quando Carlo Conti direttamente o indirettamente avrà a che fare con la malattia, speriamo che gli vadano di traverso queste parole terribilmente offensive e crudeli con cui dichiara, se la logica ancora serve a qualcosa in questo mondo impazzito, che coloro che hanno perso la salute non valgono nulla. Mi auguro che tutti coloro che soffrono in un letto d'ospedale, che combattono contro un male, che aprono gli occhi ogni mattina ringraziando Dio di essere vivi, possano comunicare a questo campione dell'intelligenza, che ci ricorda molto i nazisti e le loro politiche eugenetiche di eliminazione dei deboli e degli imperfetti, che avrebbe un futuro nei paesi del nord Europa o negli USA, dove stanno facendo a gara per facilitare l'eutanasia e l'abbattimento degli esseri umani che ormai (secondo il Conti-Pensiero) non servono più a nulla. 
Conti, conformista e campione del politicamente corretto, esprime con questa sua uscita disgustosa il peggio del mostro partorito dal nichilismo contemporaneo: la deformazione dell'essere umano in oggetto di consumo; da usare, comprare, vendere e poi cestinare. 
Lo aspettiamo al varco, quando la tv gli darà un calcio nel suo luogo meno abbronzato, al comparire della malattia o della vecchiaia, quando non attirerà più audience o investimenti pubblicitari, quando, insomma, non servirà più ad un cazzo. Mentre il mondo lo inviterà ad uscire di scena lo aspettiamo davanti lo specchio, a sentirlo protestare che non è vero, che un uomo è più, molto di più della sua salute.



«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 18 ottobre 2016

Un soffio di chiarezza


Essere genitori è un compito che può dare tanta ansia e senso di insicurezza, soprattutto oggi, perchè la nostra società manda messaggi che disorientano e creano tanti dubbi in chi è impegnato nell'opera più preziosa e più grande del mondo, quella di educare.
Per questo con l'Associazione Kriterion Famiglia e Persona sta per partire una bella iniziativa, un ciclo di sette incontri per aiutare i genitori a vivere il loro ruolo con chiarezza e serenità, proponendo strumenti efficaci, ma soprattutto orientandoli verso la verità del loro compito.
Il tutto inizierà mercoledì 9 novembre alle 19,30 presso i locali della libreria per bambini Sirò, in Viale Carnaro 25 A, tra Piazza Sempione e Conca D'oro. E poi a seguire nei mercoledì successivi.
Il costo è di 25 euro ad incontro, 30 per le coppie. Per chi si prenota per tutto il ciclo viene  offerto un ulteriore bonus oltre ad una consulenza gratuita personale con uno psicologo dell'Associazione. Per prenotarsi e ulteriori informazioni si può chiamare il numero 3348551378.




«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 11 ottobre 2016

Resistere col cervello

Ci sono momenti nella storia in cui la parola d'ordine è "Resistenza", ma non la resistenza tanto celebrata e strumentalizzata dai nostri politicanti, quella che oltre qualche merito isolato si è macchiata di sangue innocente e di azioni riprovevoli: parliamo di quella resistenza del pensiero necessaria per arginare il caos che sembra essere diventato il sigillo sulla carta d'identità della nostra epoca.


Siamo sommersi dall'ondata di scorie prodotte dall'ideologia relativistica, quella che ha annullato ogni richiamo alla verità e ogni confronto con la realtà oggettiva. Da questa ideologia perversa e pervertitrice, il cui dio è l'opinione personale e la cui liturgia è la violenza per opporla alle altre opinioni (violenza mascherata sotto le ipocrite apparenze della tolleranza e del politicamente corretto), sono derivate tutte le follie dalle quali siamo circondati, perché quando l'uomo agisce esclusivamente in base alle proprie opinioni soggettive il risultato non può essere che la follia, cioè il distacco dalla realtà.

L'uomo, innalzato allo scranno supremo, promosso giudice, arbitro, sommo esecutore, unico ago della bilancia della propria esistenza, diventa subito vittima della propria visione personaleche non è mai aderente a ciò che è, diventa schiavo dei propri impulsi egoistici, diventa tiranno e despota per imporre il proprio desiderio presentato come dogma.
Così nascono i conflitti, le guerre, ma soprattutto l'autodistruzione. 
Questo è il clima che respiriamo, è ilmomento storico in cui siamo chiamati a vivere, questo il rischio dal quale dobbiamo guardarci. L'unica risposta possibile e ragionevole che possiamo dare alla nostra domanda di futuro è una ferma contrapposizione, una Resistenza delle Idee Forti, idee se vogliamo ancora più elementari  di quelle che qualcuno a buon diritto chiamava principi non negoziabili. Convinzioni solide, certe, irrinunciabili, attorno alle quali avvolgere la nostra esistenza e su cui fondare la nostra salute mentale.
C'è bisogno di certezze, c'è bisogno di sapere che, nonostante il buio sembra aver eliminato ogni luce, la luce potrebbe ancora illuminarci se noi facessimo lo lo sforzo di sfregare un fiammifero. I nostri fiammiferi sono le idee forti, che però, diversamente dei fiammiferi, più si usano più luce fanno. E senza consumarsi.


 Allora, quali sono queste idee forti?

 Queste poche, ma credo affidabili:
  •  I tre principi fondamentali della logica
    • Principio di identita': A = A
    • Principio di non contraddizione: la stessa proposizione non puo' essere contemporaneamente vera e falsa.
    • Principio del terzo escluso: ad ogni affermazione si potra' associare solamente il valore vero oppure falso e non esiste una terza possibilita'.
  • Discriminare, cioè distinguere tra cose diverse, è la funzione principale e fondamentale dell'intelligenza.
  • Ciò che è Vero è vero per tutti e per sempre.
  • Le mie opinioni e i miei sentimenti personali sono validi nella misura in cui si adeguano alla verità oggettiva che sta fuori e sopra di me.
  • Esistono il bene e il male, esistono il giusto e lo sbagliato. Agire bene porta frutti buoni, agire male produce conseguenze letali.


Sembra filosofia, intesa nel senso più deteriore e astratto, vero? Oppure moralismo da quattro soldi... Invece probabilmente non c'è filosofia più concreta e urgente per non lasciarci sommergere dalla grigia marea. Basti pensare agli occhi smarriti di molti genitori, che non sanno comportarsi di fronte alle richieste assurde dei figli. Sentono che dovrebbero agire in una direzione precisa, ma poi ti chiedono:  "Ma siamo noi i matti che sbagliano"? Oppure quelle persone che su un episodio qualsiasi non riescono a distinguere tra le loro opinioni e i fatti concreti, ecc.
Gli educatori in primis, vittime distratte della mentalità relativistica, inconsapevoli diffusori di caos e disorientamento nei loro affidati, dovrebbero riscoprire questi capisaldi della civiltà e del pensiero e avere il coraggio di applicarli con fermezza. Il loro allievi questo chiedono e sarebbe una gravissima omissione essere complici del disfacimento delle loro vite.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 4 ottobre 2016

Psicoterapia Cognitivo comportamentale: Istruzioni per l'uso

In un recente incontro con dei colleghi di varie provenienze ho sentito dire da un' "Addetta ai lavori" che la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale è quella terapia che quando il paziente la termina poi i suoi sintomi ricompaiono. 
Francamente, non sapendo se piangere o ridere, ho pensato fosse utile un breve riepilogo:

1.  La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale, o Terapia Cognitivo-Comportamentale, è una Psicoterapia (cioè una cura dei disturbi psicologici di una persona) che si basa sulle scoperte scientifiche, le ricerche e i paradigmi (cioè modelli) scaturiti da diverse scuole psicologiche che si rifanno alla Psicologia sperimentale (Pavlov), al primo comportamentismo (Skinner/Watson), al Neo comportamentismo (Hull/Tolman), al Cognitivismo (Miller/Neisser/Gibson/Money/Beck/Ellis), in un arco di tempo molto ampio che va dai primi decenni del '900 ad oggi).

2.Si basa su teorie dell'apprendimento e teorie del funzionamento cognitivo, avendo come presupposto che le stesse leggi che regolano l'apprendimento di pensieri e comportamenti corretti spiegano l'instaurarsi di pensieri e comportamenti dsfunzionali; in tal modo è possibile attraverso tecniche ben precise sostituire comportamenti e pensieri che vogliamo correggere con altri più efficaci e "sani".

3. La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale è - a livello internazionale - considerata la terapia d'elezione, ovvero quella più efficace e affidabile, per numerosi disturbi, comprese numerose forme di nevrosi, la depressione, i disturbi alimentari, disturbi della sfera sessuale, le dipendenze, i disturbi d'ansia e panico, ecc.

4. Il valore della Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale sta soprattutto nella possibilità di valutarne sperimentalmente l'efficacia.

Questo tanto per mettere dei puntini sulle "i".

Per fare un discorso meno partigiano e polemico, sottolineo altre questioni: purtroppo nessuna terapia (nemmeno quelle mediche) garantisce un risultato certo e soddisfacente; talvolta non si riescono a raggiungere gli obiettivi desiderati, ma il vantaggio di questo specifico approccio è che è piuttosto breve, al contrario di altre scuole di Psicoterapia, e che non occorre aspettare dieci anni di sedute per capire che le cose non funzionano. Altra cosa che mi sta molto a cuore è che la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (come tutti gli approcci di origine positivista, compresa la psicoanalisi) trascura due elementi fondamentali dell'esperienza umana, cioè quello della libertà e della ricerca del senso. Infatti tutte queste scuole hanno alla loro base una concezione deterministica dell'uomo, considerato come un essere quasi obbligato e sottomesso a fattori interni o esterni che comunque ne limitano o annullano del tutto la libertà.  Questa concezione antropologica non può essere un dogma e occorre - secondo tanti di noi - inserire in un modello che comunque funziona, quello Cognitivo-Comportamentale, degli elementi che traggano spunto da altre impostazioni, come la Logoterapia di Frankl o quella di Rudolf Allers.
Di fatto, e questa è una mia personale opinione, la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale opportunamente integrata da una visione antropologica che non umili il paziente in un orizzonte troppo ristretto e determinato, può rappresentare un approccio terapeutico utile ed efficace, non certo l'unico possibile, ma sicuramente uno dei più affidabili oggi a nostra disposizione. 
Con buona pace dell' "Addetta ai lavori".

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 27 settembre 2016

I diversamenti sani curati dai diversamente vivi

Per la serie: "Oggi voglio rendermi simpatico", mi scappano due parole sulla malattia mentale, ma non tanto quella dei pazzi, quanto quella malattia che si manifesta nella cieca ottusità dei sani che non vogliono vedere la realtà e vivono solo di riforme e di slogan ideologici.

Io che lavoro in carcere ho sotto gli occhi una progressiva trasformazione di questi luoghi di reclusione in succursali dei manicomi. Per chi non lo sapesse, infatti, nelle prigioni italiane stanno aumentando a vista d'occhio il numero di detenuti affetti da disturbi mentali. La maggior parte di loro mostra un'evidente correlazione tra l'uso di droghe e alcool (cannabis e cocaina in primis) e lo sviluppo di disturbi psichiatrici. Per altri, una minoranza, un pregresso stato morboso che li ha condotti a commettere reati e quindi, non essendoci posti adatti a loro finiscono tra i detenuti comuni, per la gioia del personale di Polizia Penitenziaria, che si trova ad essere, nella quotidianità, personale più somigliante ai vecchi infermieri del manicomio che ad un corpo di pubblica sicurezza. Sia quel che sia, il carcere è quel posto dove i criminali veri col cervello a posto sanno sfruttare ogni appiglio legale per abbreviare la loro permanenza e invece i folli che hanno commesso reati vengono deposti come in una sorta di cronicario che sostituisce luoghi più adatti, portando scompiglio, stress, emergenze continue e rischi per gli operatori e gli altri detenuti. I luoghi più adatti? Ce ne sono? No, non ci sono più. Il carcere è l'alternativa alla strada, la strada è l'alternativa al carcere, il carcere e la strada insieme sono l'alternativa al nulla.

Franco Basaglia, il profeta dell'antipsichiatria degli anni sessanta, illuminato divo celebrato dagli intellettuali di sinistra ex-sessantottini che tanto amiamo e per i quali spendiamo sempre una parola di benevolenza, proprio lui si era scandalizzato dei manicomi e, pensa che ti ripensa, convegno dopo convegno, libro dopo libro, ha condotto l'Italia, paese notoriamente bigotto ed arretrato, al 13 maggio del '78, giorno in cui la politica partorì la beneamata Legge Basaglia che ha chiuso i manicomi, Da allora i matti - casomai non ve ne foste accorti -  dichiarati vittime del sistema oppressivo delle camicie di forza sono stati liberati. Lo sappiamo, la libertà guarisce, soprattutto quella imposta per legge, così la malattia è stata estirpata per decisione dei parlamentari. Noi non vediamo più matti in piazza, sulla metro, nelle sale giochi, perchè la Legge Basaglia li ha tutti guariti... e quei pochi che ancora girano è perchè non sono stati debitamente informati. 

Per essere onesti qualche problemimo gli eredi di Basaglia ce l'hanno ancora, ma minimo: tipo qualche famiglia che sta lì disperata a domandarsi che fare di un figlio malato di mente a cui lo Stato Illuminato non dà più un manicomio brutto, nè un istituto psichiatrico bello, nè una guarigione. Sono piccoli incidenti di percorso, persone vecchie che pensano che non tutti i matti si possono guarire e che loro si dovranno tenere un pazzo in casa in saecula saeculorum. Comunque presto la questione verrà risolta alla radice: oltre ai matti non vedremo più nemmeno le famiglie dei matti, saranno messe alla gogna dagli emuli di quelli che hanno derattizzato i manicomi, perchè colpevoli di essere al servizio della società maschilista, oppressiva e liberticida.

Insomma, i manicomi erano luoghi terribili, e questo non abbiamo difficoltà ad ammetterlo, come non abbiamo difficoltà ad ammettere che Franco Basaglia avesse buone intenzioni e qualche buona intuizione,  ma le menti brillanti di cui parliamo,  invece di fare quello che qualsiasi persona di buon senso avrebbe fatto, cioè migliorarne le condizioni, li hanno chiusi, sostituendoli con parole, demagogie, applausi e cooperative sociali. Lasciando i malati, soprattutto quelli più gravi e senza risorse, cioè quelli più bisognosi di un posto adatto,  soli e abbandonati, vittime di loro stessi e a rischio continuo.

Non finisce qua. Siccome i geni scappano dall'Italia, ma gli amministratori rimangono, abbiamo l'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, che la maggior parte ricorda per il positivo contributo di buon governo che ha donato alla Capitale, ma noi che ci occupiamo di salute mentale, ricordiamo grati anche per il lavoro encomiabile che ha svolto per chiudere pure gli istituti psichiatrici criminali, ovvero quei luoghi dove erano reclusi i malati di mente che avevano commesso reati. Così oggi, gente che ha ucciso in preda ad allucinazioni, gente che ha violentato perchè la testa così gli ha detto, che ha massacrato un compare con cui aveva organizzato un festino (ricordate tutti, vero?), non ha un manicomio criminale dove essere contenuto, trattato psichiatricamente, possibilmente tenuto lontano dalla comunità. Certo, Ignazio Marino ha pensato, e per noi è rassicurante, ha pensato di sostituire (quando?) questi luoghi terribili con case più umane, con operatori specializzati, luoghi dove non essere emarginati dalla società. Ma noi che non pensiamo, però vediamo, vediamo dei poveretti che durante crisi acute riescono a scardinare le porte delle celle, a distruggere gli arredi, a spaccare la testa a imprudenti che...

Ma la prudenza è una virtù per bigotti, non per intellettuali illuminati che conoscono il mondo attraverso il filtro dei pregiudizi ideologici, che non riescono a rassegnarsi alla rassegnazione, cioè alla semplice e pura evidenza dei fatti che la realtà non si adatta ai cervelli dei sessantottini, sono quelli che dovrebbero adattarsi alla realtà. Ma non si adatteranno, moriranno alienati, separati dalla realtà molto più dei cosidetti "pazzi", moriranno pensando di essere diversamente vivi, senza capire di essere sempre stati diversamente morti.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

sabato 17 settembre 2016

Depressione, il male malinteso

Sabato 17 settembre, ad un corso di aggiornamento sulla depressione in adolescenza, ho seguito una serie di interventi di vari relatori sul tema. Relatori molti dei quali lavorano in strutture pubbliche, consultori ed altro.
Ho apprezzato in modo particolare la lezione della Professoressa Paola Casolini, docente di Farmacologia e ricercatrice in Neuroscienze, la quale ha illustrato recenti ricerche scientifiche dalle quali emerge sempre più la natura reattiva della depressione. Detto in maniera semplice, lungi dall'essere quel "male oscuro" che nasce dall'inconscio, sembra sempre più evidente come la depressione sia una risposta a fattori esterni alla persona.
Le Neuroscienze lo dicono, e la nostra pratica clinica lo verifica: la depressione - in modo particolare quella in età giovanile - non può essere considerata meramente una malattia da trattare a suon di psicofarmaci in maniera superficiale e affrettata (in sede di corso ci ricordavano come l'efficacia dei farmaci sia tutta da verificare, mentre l'interesse delle case farmaceutiche e gli effetti collaterali di queste molecole siano abbastanza evidenti...). Non è, la depressione, nemmeno un disagio della psiche che può trarre giovamento da trattamenti psicoterapeutici che ignorano il significato esistenziale del sintomo.

Il problema è che, diversamente da chi è all'avanguardia nella ricerca, la maggior parte chi opera sul campo non si è ancora completamente svincolato da una visione antica, vetero/sessantottina, infarcita di ideologia, contaminazioni psicodinamiche mal digerite. E, soprattutto, da una mentalità che ha ripudiato la filosofia. Che c'entra la filosofia? Presto detto.

La filosofia, cioè il ragionamento sull'uomo e sulla realtà, è nata più di due millenni fa proprio per dare una risposta alle grandi domande sull'esistenza, sulla vita e sulla morte. La morte, il terribile tabù di cui oggi nessuno parla. O meglio se ne stra-parla, la si mostra dappertutto, la si banalizza per esorcizzzarla, la si dona anche ai bambini: di oggi la notizia  della prima eutanasia al mondo di un bambino - grazie Belgio, sede del Parlamento Europeo (per non parlare degli aborti anche per le giovanissime a cura delle Asl...). La morte diventa splatter, horror, arte macabra o cestino dei rifiuti, così  si dimentica che invece è vera, è la nostra realtà e il nostro destino, certo.

La filosofia ha cercato di dare una risposta ragionevole al problema della morte, ad inglobarla in una visione di vita, a promuovere una ricerca spirituale e religiosa soddisfacente. Sembra invece che questo sforzo di ricerca razionale, questa sapienza accumulata, questi cammini intrapresi, siano del tutto sconosciuti ai finti moderni, ai laici e smaliziati guaritori, ai cultori delle terapie emotive ed ottimistiche che ignorano il dramma e lo sforzo di trovare un significato. Così, la persona che non sa trovare un senso diventa depressa, si fa seguire da un'altra persona che banalizza la ricerca di senso e idolatra solo la ricerca di sesso, il sesso va a sostituire il senso, e tutti vissero felici e anestetizzati.

La Psicoterapia deve dare voce alle domande

In sede di crso, insieme ai colleghi presenti abbiamo provato a ricordare che se gli operatori della salute mentale non avranno il coraggio di andare al cuore della questione, cioè che la depressione è innanzitutto un urlo di impotenza di chi vuole sapere per quale motivo si trova a vivere una vita che non si è dato da solo, tra cent'anni vorremo ancora fare corsi sulla depressione e rimirarci l'ombelico. Ma nel frattempo la psicologia sarà defunta.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

giovedì 8 settembre 2016

Il momento è questo

Una delle operazioni più difficili che periodicamente siamo chiamati a fare nella vita è decidere il momento giusto per agire. Basta un pò di anticipo e ogni cosa viene compromessa, basta poco ritardo, quando la spinta propulsiva degli eventi ormai è sfuggita, per non poter più fare centro. La variabile tempo è importantissima nella riuscita o nel fallimento di un progetto.

Non credo esista il segreto per fare le cose al momento giusto, eppure il momento giusto c'è sempre. Scoprirlo è questione d'istinto, ma anche di fiducia. Ho l'impressione che nelle cose importanti il momento giusto s'imponga da sè, se noi non ci mettiamo di traverso. Credo che il nostro compito sia quello di non essere precipitosi, cioè di pretendere subito che le cose avvengano, ma anche di non essere paurosi (I cosiddetti "cacadubbi"). Anche se la scelta riguarda la nostra vita dobbiamo metterci in un atteggiamento mentale di distacco, come se fosse una questione lontana e tutto sommato indifferente. Dobbiamo ragionare con la testa, ma anche sentire con il corpo le dinamiche che si sviluppano intorno a noi. Il momento giusto ha un profumo, una convinzione, una trasparenza tale che quando arriva ne avvertiamo la presenza. E' quello il momento di agire, rapidamente e senza ripensamenti, con tutta la sicurezza di cavalcare l'onda giusta.


Bisogna allenarsi a scegliere il momento di fare le cose, cominciando da quelle più semplici: decidere quando parlare, decidere quando partire, decidere il momento di pulire casa e quello di battere i pugni sul tavolo. 
Ci sono persone che ci stupiscono per la loro capacità di agire con precisione ed efficacia, quasi senza fatica, alternando attività e riposo, progettualità e operatività, intervento e attesa. Sono persone che quasi ballano con la vita, andando a tempo e riuscendo ad essere produttivi in una maniera che sembra miracolosa. Certamente sono doni rari, ma ognuno di noi può decidere se "farsi vivere" dagli eventi o dominare consapevolmente le proprie decisioni.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

venerdì 2 settembre 2016

La solitudine e il suo rimedio

In molti soffrono di solitudine, e spesso il disagio conseguente  viene confuso con la depressione. Quel che è peggio è che alcuni vengono trattati con farmaci antidepressivi...
La solitudine, diciamolo subito, non dipende da quanto tempo restiamo da soli. Dipende soprattutto dalla "verità" dei nostri rapporti affettivi.
Il dolore della solitudine è paragonabile solo a pochi altri dolori, perchè l'essere umano è fatto per stare insieme, ma il collante di questo stare insieme non è la compagnia, nemmeno il sesso, è solo l'amore. Un amore fedele e indissolubile, un amore che accoglie e che perdona, che non giudica, ma che corregge, che sa soffrire e sa donare in sovrabbondanza. Insomma, quello che in natura si trova solo nella famiglia costruita con criteri antisismici. L'antidoto alla solitudine è l'essere in famiglia.
Siccome da molti anni la famiglia è in crisi perchè tante forze hanno agito nella direzione della sua dissoluzione, tolta di mezzo la famiglia è apparso il cratere fumante della solitudine.

Allora, chi non ha una famiglia o ha avuto la sua famiglia dissolta dagli eventi dalla vita è condannato alla solitudine? Chi si trova in queste condizioni è in una condizione di svantaggio, è innegabile, ma può certamente reagire. La risposta che deve dare alla sua solitudine è l'amore, ma l'amore oferto generosamente, non quello preteso (o ricercato disperatamente). L'amore è una potenza di guarigione straordinaria, sia per chi l'offre sia per chi lo riceve. Non tutti siamo nelle condizioni di ricevere amore, ma tutti possiamo donarlo. Chi riesce ad uscire dal suo egoismo o dalla pretesa di rivendicazione e si dedica ad offrire amore, cioè a guardare "la fame" dell'altro cercando di nutrirla, in realtà scopre di nutrire se se stesso. Il paradosso dell'amore è che noi possiamo fare il nostro bene solo di rimbalzo, cioè gettandolo sull'altro e ricevendolo indietro come un contraccolpo. Chi si appropria del bene per sè in realtà lo distrugge e si trova in mano solo polvere.
La solitudine appartiene a chi non si carica della solitudine degli altri.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 27 luglio 2016

Le notizie a cui non credi

Se una parola deve sintetizzare la nostra epoca, quella parola è certamente "Caos". Caos, cioè disordine, frammentazione, dissoluzione, assenza di criteri, mancanza di un centro.
Il mondo ha perso il suo punto di equilibrio ed è in preda per questo a oscillazioni e incertezze, sbandamenti umorali e isterici, valanghe emozionali di alcun valore.
In questi tempi i mass media la fanno da padroni, pilotano l'opinione pubblica a loro piacimento creando stati emotivi, costruendo artificialmente pensieri, agitando spettri alquanto fittizi.
Questa storia degli attentati a molte persone non va proprio giù. Si, i morti ci sono e anche i mitra, le bombe, i coltelli, i tir, e quant'altro vogliamo aggiungere all'immaginario del perfetto terrorista. Indubbiamente ci sono anche i fanatici islamici che inneggiano ad Allah e si fanno esplodere o sparare, ma rimane il fatto che sembra di stare ad assistere ad un teatrino. 
Basti pensare che lo stesso reporter che si trovava "per caso" a riprendere l'attentato di Nizza era pure "per caso" presente sul luogo della sparatoria al Mc Donald di Monaco di Baviera. Tanto per dire. E che le autorità francesi - si dice - stiano facendo un'opera incredibile di pressione per far sparire immagini delle telecamere di sorveglianza di Nizza. E tutta quella sceneggiata assurda a Parigi qualche mese fa...
Qualcuno dice che si tratti di un caos pilotato. Di un progetto ben architettato per disarticolare la nostra Europa, l'occidente, per precipitarlo nella totale bufera utilizzando ogni risorsa, estremisti folli, disadattati depressi, musulmani fondamentalisti, immigrazione incontrollata...
Risultati immagini per caos
Francamente non so. Quello che so, però - perchè guardo e ascolto i mass media - è che c'è un forte investimento per dirigere l'opinione pubblica forzando le notizie, drammatizzando e amplificando i fatti, quello che so è che su internet e su Facebook in particolare ci sono dei veri e propri "untori" che creano e fanno cirocolare notizie palesemente false, che spingono però tutte nella direzione voluta, quello che so è che si ritrovano sempre gli stessi circoli a soffiare sul fuoco.
Vedremo cosa ci riserverà il futuro. Per ora allego sul tema questo link. E' un articolo che mi ha colpito, anche se non mi riconosco affatto in molte cose affermate. Mi ha colpito perchè diversi degli autori citati sono stati oggetto di studio dei miei anni universitari. per lo più si tratta di pensatori legati ad una cultura psicoanalitica che non mi appartiene e che non mai praticato, ma che non ho potuto fare a meno di studiare, se non altro per portare a casa qualche esame. Credo che il sottolineare ossessivamente da parte dell'autore le origine etniche dei protagonisti sia fuori luogo, ma rimane comunuque una lettura quanto meno anticonformista.

Approfitto dell'occasione per augurare un buon periodo di riposo - soprattutto mentale - a tutti,. Io mi ritiro in compagnia di qualche libro e buona musica. Confesso di aver recuperato "I fratelli Karamazov", e "Pinocchio", non so con quale criterio, ma non escludo che alla fine qualcosa di buono ne verrà fuori. A presto,
SR

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

sabato 16 luglio 2016

I Signori dell'Anello


E' disponibile la nuova versione, riveduta, corretta e aggiornata, della nostra guida alla vita familiare "I Signori dell'Anello". Come sempre è gratis e di libera diffusione.
Tra le novità sono state aggiunte due appendici, una dedicata all'uso delle nuove tecnologie (Facebook, Whatsapp, ecc.) e una di riflessioni sul "no" e sull'uso delle punizioni. Il linguaggio è sempre semplice e sintetico, ma il contenuto è denso ricco di spunti utili.
La stagione è propizia per leggerlo sotto l'ombrellone o durante qualche giorno di riposo, ma non è una lettura riposante! E' una continua provocazione a rimettere in discussione le proprie convinzioni e a modificare qualche comportamento. 
Siamo convinti che sarà utile alle coppie, ai genitori e agli educatori. Aspettiamo commenti e anche critiche, tutto serve per migliorare e migliorarsi.
Per scaricarlo usare questo link di Dropbox oppure iscriversi su Facebook al gruppo "I Signori dell'Anello".

Ps: Se ne avete la possibilità, consigliate I Signori dell'Anello come sussidio per i corsi di preparazione al matrimonio!


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

venerdì 8 luglio 2016

Uno strepitoso Socci

Questo è link, Non aggiungo commenti



In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 28 giugno 2016

Elogio dell'ubbidienza

 L’ubbidienza è tra le virtù umane quella più odiata e insopportabile. Semplicemente perché è quella che ricorda all'uomo che da solo non sta in piedi e ha bisogno di dipendere da qualcuno. Anche l'umiltà trasmette lo stesso significato ma con l'umiltà si può (e ci si può) ingannare, con l'ubbidienza invece non si bara, o si ubbidisce o non si ubbidisce.
Sono pochi quelli che ubbidiscono, ancora meno quelli che amano ubbidire.  E’ vero però che sono pochi anche quelli che comandano.  Di tiranni ce ne sono parecchi, i comandanti latitano, perché un conto è schiacciare l'altro per i propri capricci, un conto è saper dare i giusti ordini per il bene comune.
La crisi dell'ubbidienza e l'inizio della sua decadenza possiamo datarla con buona precisione, a cavallo tra il 1400 e il 1500.  In quell'epoca infatti, si crea l'alleanza stretta tra due realtà nascenti, la riforma protestante di Lutero e l'Umanesimo.  Sia Lutero che gli umanisti esaltavano l'individualismo, l'interpretazione personale e soggettiva delle Sacre Scritture, il rifiuto di ogni autorità e il primato della coscienza individuale. Insomma, il trionfo dell’io soggettivo. Questa rivoluzione dell’egocentrismo, che trova un pretesto storico nell'abuso della pratica delle indulgenze, in realtà rappresenta una ribellione dell'egoismo umano e della sua pretesa di autodeterminazione, contro un sistema comunitario ordinato gerarchicamente che   fu il fulcro degli splendidi secoli medievali. L’abbraccio mortale tra movimento riformatore e Umanesimo portò presto alla dissoluzione anche politica dell’Europa, avviando il processo del “particolarismo”, della creazione delle monarchie nazionali in cui ognuno difendeva il proprio piccolo interesse contro tutti e contro tutto.
Periodo caotico e frammentato quello della Riforma protestante, in cui ogni ortolano ed ogni falegname pretendeva di farsi teologo e di predicare in piazza. D’altronde, se ognuno rispondeva solo alla sua testa in ogni testa c'era un Papa ed un Imperatore.
La disubbidienza quindi, eletta segno d’autonomia e indipendenza, diede inizio, dopo 15 secoli di epoca antica, all'epoca moderna. Ed infatti l'uomo moderno, frutto dei successivi quattro secoli di pensiero libero, di autonomia di giudizio di autodeterminazione, ha finito di liberarsi nelle braccia amorevoli di Stalin, di Mao, di Hitler, ed ultimamente della TV ed Internet.
Il luteranesimo è stato il principio di una frammentazione di cui esso stesso è risultato -  ovviamente -  vittima.  Infatti dal 1500 in poi si è osservato un susseguirsi di divisioni, guerre intestine, creazione di sette, chiese locali, predicatori e chi più ne ha più ne metta, facendo dal mondo protestante un pasticcio colorato e litigioso, unito solo dall'odio verso Roma, dai pentecostali ai Testimoni di Geova all'ultimo millenarista che predica in Hyde Park.
Probabilmente è ora di riscoprire la bontà dell’ubbidienza, la quale non è triste umiliazione di se stesso, ma saggio e cosciente riconoscimento di non essere da soli nell'universo, di far parte di un ordine cosmico all'interno del quale ognuno ha un posto, un compito e qualcuno da cui dipendere.
Anche se non amiamo sentircelo ricordare, ripetiamocelo: noi non siamo Dio, abbiamo limiti e imperfezioni che vanno accettati. Invece la caricatura finale del protestantesimo è il superuomo di Nietzsche, modello per tutti i supereroi americani a loro volta caricatura dell'ignoranza eletta a mito.  Il superuomo è la pretesa della formica di toccare il cielo, di andare oltre la propria realtà in una tensione verso L’onnipotenza. Ovviamente la fine del superuomo è la morte, ma non quella serena, naturale ed ecologica (perché secondo natura) della formica, ma quella penosa e autodistruttiva di chi non volendo ubbidire nemmeno alla morte si ammazza da sè (droga eutanasia suicidio sport estremi, ecc. ecc.).
Nel nostro corpo tutto obbedisce ad una serie di regole...
Come psicologo ho in grande considerazione l’ubbidienza, ovvero il sapersi uniformarsi a delle esigenze riconosciute ed espresse da chi ha il ruolo per farlo. Credo che l’ubbidienza non sia in contraddizione con l’esercizio della propria libertà, ma ne sia anzi una garanzia per non disperdersi oltre i limiti consentiti.
Ho rilevato da tanto tempo che spesso basta ristabilire l'ordine in famiglia, ricordare i ruoli, mettere ognuno al suo posto, abbassare le pretese individuali per ritrovare salute e armonia.  Non c'è nulla di più bello che dare regole per amore e ubbidire a regole ricevute per amore.  La trasgressione così è punita innanzitutto dal dispiacere di aver tradito l’amore, prima ancora che da sanzioni, comunque accettate come giuste.
L’ubbidienza crea comunità e fiducia reciproca, invita alla sincerità e ci fa uscire dalla solitudine del presuntuoso.  Chi ha delle responsabilità deve chiedere ubbidienza, non alla propria persona, ma all’autorità che rappresenta.  Chi ha dei superiori (e ognuno di noi in un ambito o in un altro ne ha) non deve ubbidire alla persona del superiore, cosa di nessun significato, ma al ruolo che riveste, sapendo che nell’ubbidienza rinnova la sua esistenza il significato del suo essere sociale.
...Ma non vale per tutti, purtroppo


Non è facile ubbidire ad un sistema di regole esterne a noi, ma la storia dimostra che è molto meno nocivo del cedere alla dittatura dei propri capricci

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)