mercoledì 31 maggio 2017

Uscire dalla paranoia

...I guru citati su Facebook fanno ridere, coloro che si propongono come guide a volte sono persino nocivi (ricordo il bambino morto pochi giorni fa di otite, seguito con metodi omeopatici da un medico risultato in contatto con una setta lombarda ), lasciamo perdere i vari gruppi di meditazione orientale con maestri a carico...


 Noi vediamo gli altri e non vediamo noi stessi. Questo dipende dall'anatomia dei  nostri occhi rivolti verso l'esterno, ma anche dalla nostra mente più predisposta ad osservare la vita degli altri che la propria.
Da questa continua "uscita da sè" deriva la seria difficoltà ad esprimere un giudizio corretto su se stessi e l'incapacità di capire chi siamo e quale deve essere la nostra strada nella vita.
Questa evidenza esige quindi che se vogliamo realizzarci veramente non possiamo contare completamente su di noi; è raccomandabile fidarci ed affidarci a qualcuno che ci conosca, ci ami e sappia guidarci nelle scelte, senza mettersi al posto nostro, ma educando la nostra libertàaeffinchè possa esprimersi al meglio.

Da piccoli abbiamo i genitori, non c'è dubbio (se sono presenti, generosi e responsabili), ma già nella preadolescenza si sente la necessità di un maestro, di una guida, di di un riferimento solido e affidabile. Crescendo ulteriormente questo bisogno diventa quasi un obbligo. 
Sebbene l'impresa sembri ardua non possiamo perderci d'animo. Rimanere da soli a decidere o
ad esprimere giudizi su questo e quello vuol dire rischiare di cadere nella trappola della paranoia, cioè di essere autoreferenziali e vivere con sospetto e ostilità ogni rapporto umano. E' il precipizio della solitudine e della chiusura nel proprio microcosmo. Cerchiamo intorno a noi persone che ci vogliono bene (quelle che non ci dicono sempre di sì o ci danno sempre ragione), e - pur nella prudenza -rischiamo l'avventura della relazione profonda, della condivisione. A volte andrà male, a volte ci sentiremo compresi, a volte saremo delusi, ma nessuno è un'isola e tutti abbiamo bisogno di chi in un certo momento della vita ci apra gli occhi e ci conduca.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 23 maggio 2017

Una piccola, insormontabile, differenza (il buon senso di nonna)

Si lo so, a mia nonna sarebbe sembrato strano voler ricordare che c'è differenza tra uomini e bestie, ma mia nonna è morta qualche anno fa, a 99 anni, se fosse viva oggi forse mi incoraggerebbe. Perchè oggi non sappiamo più nulla, mettiamo in dubbio tutto, siamo così creduloni che abbocchiamo ad ogni fesseria che gira su fb. Siamo stati allenati dai cartoni di Walt Disney e dai documentari naturalistici americani al disprezzo dell'uomo e all'esaltazione sciocca del mondo animale, abbiamo assorbito dalle Ong ecologiste pagate da Soros una mentalità perversa per cui ammazzare un bambino è una libera scelta, dare un calcio ad un maiale è un reato. Siamo stati educati a spendere soldi per cappottini per chihuahua e crocchette vitaminizzate, e non troviamo risorse per un figlio in più.
Per cui, la povera nonna mi perdonerà se in due righe sottolineo una cosa che abbiamo già detto altre volte, ma non fa male ripetere: per quanto gli animali siano intelligenti e comunicativi, per quanto possiamo amarli e considerarli di famiglia (e io, nonostante le apparenze, amo gli animali), per quanto il mondo animale ci sorprenda per soluzioni e capacità, c'è una piccola (enorme) insormontabile differenza tra l'uomo e ogni altro essere vivente, una differenza che non si potrà mai annullare, una differenza che è un abisso, che fa sì che l'essere umano sia un gradino sopra ad ogni elemento della Creazione. L'uomo dispone della libertà, cioè della capacità di scegliere tra alternative diverse e di assumersi la responsabilità di queste scelte.
Nessun animale, nemmeno il più intelligente ed evoluto riuscirà mai ad essere al di sopra del suo istinto che lo guida e che gli ordina cosa fare. Nessuna bestia potrà digiunare se l'istinto gli dice di mangiare, nessuna potrà evitare di accoppiarsi se si trova nella stagione dell'amore, nessuna ci rispiarmerà un morso sentendosi minacciata. La persona umana no. Un uomo se vuole può farsi morire di stenti anche davanti a tavole imbandite, può vivere una vita di castità se ha buoni motivi per volerlo, può decidere di farsi uccidere senza reagire se lo desidera. Infatti l'uomo è libero, l'animale ubbisce all'istinto. E' sempre stato così e sempre lo sarà.  Con buona pace di Soros e altri servi del Potere che odiano l'uomo, e cercano di ridurlo a livello bestiale rubandogli la libertà e il buon senso di nonna.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 16 maggio 2017

Testa dura senza paura

Diventare genitori in questo momento storico è certamente più difficile di quanto lo sia stato in epoche precedenti. Perchè  essere papà e mamme in passato era considerato il servizio più prezioso che si potesse svolgere nella società, quindi il ruolo genitoriale era rispettato e sostenuto dalla comunità. Oggi viene sistematicamente aggredita la figura del genitore, o ridotta a immaginetta sentimental/caricaturale. La paternità e la maternità vengono offerti con le nuove tecnologie,  fuori da un rapporto indissolubile e sacralizzato, attraverso compravendite di ovuli e sperma sul mercato internazionale, messi in vetrina (o su vetrini) a disposizione di limoni spremuti, gay, vecchi ritardatari o procacciatrici di cuccioli da addestrare a badanti per la solitudine prossima ventura. (Oltre a quelli che veramente non possono aver figli, ma potrebbero sempre adottarne uno invece di produrselo in provetta giocando al Piccolo Chimico...).
Ma essere genitori non significa aprire il portafoglio con la stessa facilità con cui per tanti anni si è aperto il preservativo o la scatola della pillola abortiva e pretendere di portarsi a casa il gioiellino da compagnia. Essere genitori significa decidere di amarsi per sempre e da questo amore lasciar sgorgare la vita, proteggerla, indirizzarla e guidarla tra pericoli e minacce fino a quando non sappia badare a se stessa. E la vita è in grado di vivere se ha alle spalle una fortezza solida e determinata, di un uomo e una donna con la testa dura e prudente. Perchè i no richiedono durezza e i sì molta attenzione.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

lunedì 8 maggio 2017

No, non è quello che sembra... (con un aggiornamento)

Copio e incollo un paio di cosette, lunghette, ma succose...
da: http://www.lanuovabq.it/it/articoli-psicologo-cattolico-per-te-niente-pazienti-gayl-ordine-in-mani-lgbt-e-l-ombra-della-schedatura-19771.htmtolico, per te niente pazienti gay L'Ordine in mani Lgbt e l'ombra della schedatura

Psicologo cattolico, per te niente pazienti gay L'Ordine in mani Lgbt e l'ombra della schedaturadi Andrea Zambrano08-05-2017AA+A++

L’Ordine degli psicologi è pesantemente invischiato in una subdola campagna di “correzione” e intimidazione di quei terapisti che si oppongono all’omosessualismo dilagante. Il caso dello psicologo Giancarlo Ricci finito sotto procedimento dell’ordine della Lombardia per aver sostenuto in una trasmissione tv come la funzione di padre e madre sia essenziale nella crescita del bambino, è soltanto la punta dell’iceberg di un atteggiamento totalitario che si sta sviluppando in seno all’ordine, che apre le porte a terapisti molto influenti, ma decisamente non obiettivi nel loro lavoro, se non altro perché sono attivisti Lgbt.
CONTROLLARE LO PSICOLOGO
Il controllo della figura dello psicologo è fondamentale nell’affermazione della dittatura Lgbt. Perché il problema omosessualità è fondamentalmente psicologico. Non è genetico, né ortopedico e neppure spirituale. Diversamente il pensiero lobbistico avrebbe cercato di aggredire gli ortopedici o i genetisti. Per questo bisogna occupare “manu militari” i gangli decisionali della professione del terapeuta mentale per costringerlo a veicolare ciò che la scienza psicologica non dice affatto: che l’omosessualità sia una naturale variante della sessualità.
Ecco perché si colpiscono i professionisti come Ricci. Ed ecco perché si utilizzano i mezzi più subdoli per intimidire e controllare quei professionisti che invece sono ancora agganciati ad una concezione deviante dell’omosessualità. Se sono cattolici peggio ancora. Qui scatteranno le liste di proscrizione. Intanto ci si accontenta della schedatura. E’ quanto ha scoperto la Nuova BQ in una lunga inchiesta condotta parallelamente al quotidiano La Verità e anticipata nei giorni scorsi da Francesco Borgonovo sulle colonne del giornale di Maurizio Belpietro.
UN QUESTIONARIO DI PARTE E TOP SECRET
Andiamo con ordine. Il 10 febbraio scorso gli iscritti all’ordine degli psicologi della Lombardia ricevono una richiesta: partecipare ad un questionario per conoscere che cosa ne pensano i terapisti sull’omosessualità. La ricerca è condotta da un’equipe del professor Vittorio Lingiardi, psicoterapeuta e attivista Lgbt con numerose pubblicazioni all’attivo. E già qui sorge il primo problema: L’Ordine affida ad un militante Lgbt, ancorché psicologo, una delicatissima inchiesta che vuole arrivare a fotografare il giudizio dei professionisti sul tema omosessualità. Non sembra essere garanzia di imparzialità.
I professionisti ricevono poi il 14 febbraio una mail con le credenziali di accesso al questionario. Alcuni lo cestinano, altri incuriositi lo aprono. E scoprono che buona parte delle domande sono insinuanti e insistenti sul credo religioso dei terapisti. La Nuova BQ ha sentito cinque professionisti e tutti hanno dato la stessa risposta: “Sì, le domande erano volte a capire se il terapista era cattolico e se l’essere cattolico condizionava il nostro lavoro e soprattutto l’approccio al problema omosessualità”.
STANNO SCHEDANDO I CATTOLICI?
Nessuno di loro ha compilato il questionario, subodorando una sorta di schedatura. Va detto che il test era anonimo, ma più di uno ci ha fatto notare che per accedervi bisognava avere una chiave d’accesso, non si sa se uguale a tutti o personalizzata. Meglio non rischiare. Molti professionisti si sono dunque rifiutati di compilarlo, avendo il fortissimo sospetto che si trattasse di una schedatura dei professionisti che sono contrari all’accettazione dell’omosessualità come variante naturale e sono contemporaneamente cattolici praticanti.
Il 28 marzo abbiamo chiesto all’Ordine di poter conoscere le domande e le eventuali risposte, ma la segreteria ci ha risposto che saremmo stati messi in contatto con il referente del progetto che ci avrebbe contattato, se interessato. Evidentemente il referente del progetto non era interessato, infatti nessuno ci ha contattato per fornirci le domande e poter così capire di che cosa si trattava. A Borgonovo è andata meglio: l’Ordine ha risposto che bisognava mettersi in contatto con il professor Lingiardi perché il questionario non era gestito direttamente da loro. E qui il secondo problema: dunque l’ordine mette a disposizione ad un professionista “orientato” la propria banca dati di e-mail e contatti per arrivare ai professionisti e intervistarli sull’omosessualità. Un bel bingo per Lingiardi & co che si trovano ad avere praticamente tutti gli iscritti per svolgere il loro lavoro.
Dopo aver contattato ancora una volta l’Ordine per sollecitare una risposta, Lingiardi, alla fine lo abbiamo contattato noi. E ci ha risposto che “il questionario rivolto agli psicologi dell’Ordine della Lombardia è all’incirca lo stesso a cui hanno risposto gli psicologi iscritti ad altri Ordini regionali negli anni passati. La ricerca ha lo scopo di descrivere l’atteggiamento degli psicologi nei confronti delle persone con orientamento omosessuale. Il gruppo di ricercatori sta lavorando all’analisi dei dati e, una volta terminata, consegnerà i risultati all'Ordine degli Psicologi della Lombardia che provvederà a renderli pubblici”.
Risposta gentile, ma evasiva: anche qui di conoscere le domande e come sono state poste e soprattutto capire che tipo di approccio è stato posto alla “questione religiosa” non se ne parla. Lingiardi & co possono così godere di un trattamento di favore: un’inchiesta top secret per la quale non si possono conoscere le domande, però i risultati verranno impreziositi e resi autorevoli dalla pubblicazione sul portale dell’Ordine. Anche qui, alla faccia della scientificità.
PSICOLOGI CATTOLICI INTIMIDITI E STIGMATIZZATI
Si scopre quindi che anche altri ordini hanno effettuato lo stesso test come l'Emilia Romagna e il Lazio. Ecco che cosa è accaduto in Puglia: ll test di Lingiardi chiamato APO (Atteggiamento degli Psicologi verso l’Omosessualità) è stato sottoposto nel 2013 ai 3000 iscritti all’ordine pugliese. Hanno risposto in 314, praticamente il 10%. Un dato sconfortante, in perfetta linea con Campania e Lazio (rispettivamente 9,7% e 7,4%) mentre in Piemonte è andata meglio con il 20% dei partecipanti.
Si parla, effettivamente di orientamento religioso. Per dire cosa? “L’analisi dei residui standardizzati ha evidenziato una tendenza dei partecipanti che si sono definiti “credenti e praticanti” a non ritenere l’omosessualità una “variante normale” della sessualità”. Ecco qua la pistola fumante: sei cattolico? Quindi ritieni l’omosessualità una devianza, non quello che vogliamo affermare noi. E ancora: “La religiosità è risultata significativamente associata anche all’ipotesi secondo cui l’omosessualità sarebbe l’espressione di uno sviluppo psicologico incompleto oppure dovuta ad una mancata identificazione col proprio ruolo di genere. Gli psicologi che si percepiscono adeguatamente preparati tendono a non aderire all’ipotesi eziologica della mancata identificazione con il proprio ruolo di genere”. Tradotto: se sei cattolico pensi che l’omosessualità sia l’espressione di uno sviluppo incompleto, invece se sei preparato sul tema non credi che questa sia la causa. Ergo: i cattolici sono impreparati ad affrontare pazienti omosessuali.
Sviluppo psicologico incompleto, mancata identificazione con il proprio ruolo di genere? Per la ricerca sono considerazioni che denotano una “visione distorta e pregiudizievole di orientamento omosessuale”. Guarda caso portata avanti da chi si definisce cattolico.
“FUORI I CATTOLICI DALLA PROFESSIONE”
Ma c’è di più. Sempre la ricerca pugliese dimostrerebbe “una forte correlazione tra fede religiosa e atteggiamento sfavorevole nei confronti delle competenze omogenitoriali”. Ecco la ciliegina sulla torta in conclusione: “Questi dati consentono di riflettere su quanto il sistema religioso, che in tema di sessualità spesso porta e perpetua visioni eterosessiste o eteronormative, eserciti ancora oggi una forte infuenza sulla costruzione dei sistemi di credenza, degli atteggiamenti,  delle rappresentazioni e dei modelli culturali degli individui, inclusi i professionisti della salute mentale, i quali non dovrebbero anteporre la dimensione religiosa alle evidenze scientifiche sull’omosessualità e sull’omogenitorialità”. Tradotto: fuori i cattolici dalla professione perché sono pesantemente influenzati dalla religione e antiscientifici.
Ovviamente le cose non stanno così perché esistono moltissimi psicologi non credenti, nel mondo!, che ritengono, dati scientifci alla mano, l’omosessualità una devianza, ma questo non viene indagato. L’obiettivo è mettere fuori gioco e all'indice i cattolici e arrivare a chiedere delle linee guida. Che si basino ovviamente su queste indagini orientate.
Lo dimostra il fatto che a pubblicare queste ricerche su scala regionale è un sito dell’associazione “Bussole Lgbt” che stigmatizza proprio l’aspetto religioso. In un articolo scritto da Claudio Baggini si evidenzia che “in tutte le Regioni prese in esame, è stata evidenziata una relazione significativa tra il credo religioso degli intervistati e una visione più patologizzante e conservatrice dell’omosessualità. Come è stato sottolineato anche in una successiva ricerca, l’orientamento politico più conservatore e il credo religioso dei professionisti sono risultati dei forti predittori di atteggiamenti riparativi, con notevoli implicazioni sul piano clinico e terapeutico”. Tradotto: se sei un cattolico sei a rischio di diffondere le teorie riparative che hanno nel defunto prof Joseph Nicolosi il loro massimo esperto. E per questo vai bandito.
Guarda caso Baggini è uno degli psicologi che ha denunciato all’ordine Ricci, come fa notare l’articolo de La Verità che ha reso nota la vicenda del terapeuta lombardo ora sulla graticola. Lo stesso Baggini arriva a conclusioni stranamente comiche in conclusione: “Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani ricorda che i professionisti dovrebbero essere consapevoli di quanto il proprio sistema di valori – siano essi personali, politici o religiosi – possa influenzare (anche in maniera negativa) l’attività clinica, con ripercussioni dirette sul paziente stesso”.
Una domanda a questo punto: vale anche per il sistema di valori Lgbt o questo è diventato ormai il solo e unico criterio di valutazione? E ancora: a che titolo psicologi militanti e apertamente pro causa Lgbt hanno una tribuna così autorevole per esprimere i loro convincimenti? Ecco perché sulla vicenda l’Ordine nazionale dovrebbe intervenire. Almeno per fugare il terribile sospetto che si stia procedendo ad una schedatura e annessa intimidazione degli psicologi. 


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e da: https://ontologismi.wordpress.com/2017/05/06/end/

Non uccidete la Psicologia: sul caso del “processo” a Giancarlo Ricci


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Alessandro Benigni
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(Aggiornamento: su Critica Scientifica di Enzo Pennetta, le mie considerazioni sul limite, evidentemente oltrepassato con questa vicenda, e con quelle analoghe della dott.ssa Silvana De Mari e del prof. Andrea Zhok)
Spazio bianco
Non esiste “una verità“, men che meno definitiva, che possa dirsi “Psicologica”, né “Psichiatrica”, né di “Scienze Psicologiche”, etc.
Contro chi oggi pretende di imporre una sola visione (debole e contraddittoria, oltretutto) sulle altre: basta un minimo di Storia della Psicologia e di Epistemologia per mostrare come la Psicologia vive e progredisce solo nella dialettica di posizioni e idee contrapposte epretendere di zittire le voci diverse da quelle del pensiero dominante significa in realtà porre fine alla scienza stessa.
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  1. Senza libertà, la scienza muore.


La Psicologia, come ogni scienza, si nutre della differenza e della dialettica.  Se è vero, come scrive Jules Verne, che “la scienza è fatta di errori utili, che a poco a poco ci portano alla verità” non dovrebbe stupirci che la strada degli scienziati, anche dei più grandi, sia lastricata di sbagli e cantonate. Questo vale anche per la Psicologia. Ma come possiamo scoprire gli errori, se non è concesso criticare? Com’è possibile propgredire se non è lecito dubitare dell posizioni che oggi si pretende di assumere per “vere”, senza discussioni? Anche se solo volessimo rifarci fedelmente al cuore del metodo galileiano – cosa che in Psicologia è difficilissima – ovvero alla “verifica sperimentale”, resteremmo comunque ben collocati nell’ambito di una straordinaria libertà: quella di formulare ipotesi, appunto. Anche le più azzardate, ma con la consapevolezza di poterle verificare, nella dialettica delle opposte teorie e delle reciproiche confutazioni. Nel nostro immaginario collettivo si è però cristallizzata l’idea di una scienza che non può – e non deve –sbagliare. E questo è pericoloso, perché così si finisce con il pretendere (ed infine col concedere) che ci sia una sola voce, a dettare la “verità” della scienza. La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn, ha messo in discussione i modelli puramente logici della struttura della scienza e li ha sostituiti con un modello storico e dinamico, secondo il quale la natura fondamentale della scienza è precisamente illustrata da trasformazioni concettuali rivoluzionarie – la transizione dalla fisica di Newton a quella di Einstein, per esempio – in cui un quadro o paradigma omnicomprensivo viene scalzato da un altro, radicalmente diverso. Il quadro della scienza dato da Kuhn è ora anch’esso il fulcro di una nuova disciplina accademica, la Storia e della filosofia della scienza, una metadisciplina che negli ultimi decenni ha suscitato una sempre maggiore attenzione. Quest’ambiente di studio riguarda anche la Psicologia. Anzi, come mostrerò qui sotto, oserei diresoprattutto la Psicologia e le scienze ausiliarie ad essa collegate.
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E fa una certa impressione assistere ad uno scadimento del dibattito al punto in cui oggi siamo precipitati, per cui alcuni Psicologi (nell’ultimo caso un teraputa stimato ed affermato, già Giudice Onorario al Tribunale dei minori di MilanoGiancarlo Ricci), si parla addirittura di “processo“, per le loro teorie (loro e di molti altri, ampiamente condivise e condivisibili, come nel caso di Ricci), per le loro idee, per le loro posizioni filosofiche o psicologiche.
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Eppure “la Scienza” – psicologia compresa, se non vuole scadere nella più becera ideologia – vive nella e delladiversità delle posizioni. Senza libertà di ricerca e teorizzazione, nessuna scienza è possibile.
A chi oggi sembrerebbe sostenere il contrario io chiedo: ti dunque morta la maestra? Pare di sì. Son cose che si studiano a Psicologia I. Eccome se si studiano. O perlomeno: a noi el facevano studiare. Altrimenti Psicologia II non potevi darlo. Le basi, insomma, i primi passi. Quelli che tutti conoscono, o dovrebbero conoscere, per lo meno tutti quelli che hanno avuto a che fare con i rudimenti della materia. E’ l’ABC. “Origini e storia della psicologia”: la psicologia ha, da un lato, una lunghissima preistoria e, dall’altro, una storia relativamente breve. E’ una “scienza” giovane, giovanissima, ma che ha per oggetto un antico interesse dell’uomo. E, comunque sia, è una storia di libertà.
La faccio breve. Brevissima. Qualunque sia la definizione di “Psicologia” a cui ci si voglia riferire, si deve convenire che l’interesse da essa suscitato traspare già dai documenti dei popoli antichi. Ma è con l’avvento della filosofia greca che compaiono le prime trattazioni sistematiche. Il termine “psicologia” (dal gr. ψυχή “anima” e λόγος “ragionamento, discorso”) significa letteralmente “dottrina dell’anima”; ed è tutto greco (anche se sembra sia stato coniato da Melantone nella forma latina psychologia e specialmente messo in circolazione da Rodolfo Goclenio, che nel 1590 diede il titolo di Ψυχολογία a un suo trattato De hominis perfectione). 
Senza entrare nel dettaglio (anche se la storia della Psicologia è entusiasmante) nella filosofia diPlatone s’incontra per la prima volta una vera e propria psicologia, come particolare dottrina speculativa concernente la natura dell’anima. In seguito, è Aristotele, come sempre, che forse è stato il per primo a parlare di ψυχή “anima” e λόγος, in senso unitario: è all’interno della sua Biologia, un libro che è parte della Fisica, che troviamo la  Psicologia – o  dottrina dell’anima (come s’è detto, in greco psyché): l’anima è infatti per Aristotele il principio della vita (bios), che negli uomini è principio anche delle funzioni intellettive (pensiero e volontà) ed è l’anima “intellettiva”. La conoscenza umana ha inizio sempre dalla percezione delle forme sensibili: all’interno di queste l’intelletto scopre le forme, cioè le essenze, le strutture intelligibili dei vari enti mediante un processo complesso dal particolare al generale, chiamato “induzione”. L’intelletto prima di apprendere le forme è in potenza rispetto a esse, ma nel momento in cui le apprende si identifica in atto con esse. E così via. 
Bello vero? Tenete a mente queste idee strepitose. Ricordate che Aristotele ci saluta nel 322 avanti Cristo. E da allora (son passati quasi 2.400 anni!) nella Storia della Psicologia è stato tutto un susseguirsi di teorie, idee, ipotesi, congetture, sempre diverse ed in lotta (dialettica) tra loro.
 Perché mai – proprio oggi – dovremmo essere arrivati al dunque?
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  1. Una storia di contrapposizioni (e di libertà)

Già dalla diversità dei suoi metodi e dei suoi scopi si sarà intuito che la Psicologia si presenta come una disciplina complessa e multisfaccettata e soprattutto in continua evoluzione. Lo ripeto: non esiste alcun “Ministero della verità”, di orwelliana memoria. Né per questa, né per altre discipline affini. Lo si vede partendo dalle sue origini rintracciabili nelle trattazioni filosofiche dell’antica Grecia e ripercorrendone la storia e v o l u t i v a, passando dai primi laboratori sperimentali in Germania, dalle sedute del dottor Freud a Vienna, per arrivare alle moderne simulazioni di comportamento. 
Chi va d’accordo con chi?
Nessuno.


Non è una battuta. E non è il rispolvero dei miei ormai antichi 30 e Lode in materia. E’ invece un banale un dato evidente, che ciascuno può verificare: già Aristotele, non la pensava affatto comePlatone. Vogliamo fare un salto, che ne so, di dieci secoli? Uguale: gli Scolastici non andavano d’accordo, né con Platone e né con Aristotele (seppure avessero un debole per quest’ultimo). Andiamo avanti? Peggio che andar di notte: nell’Umanesimo e nel Rinascimento abbiamo i filosofi-maghi-ermetici, che – eccezion fatta per Pomponazzi (che comunque daccapo non va d’accordo con gli altri del suo tempo) un po’ riprendono Platone, un po’ guardano con intrigo  e stupore alle dottrine orientali, un po’ alla magia, un po’ fanno casino: da Valla a Pico della Mirandola al grande Marsilio Ficino, al complicatissimo Campanella, al geniale Giordano Bruno: una selva di teorie a volte oscure, a volte vertiginose, a volte illuminanti (come il De vinculis in genere  o il De umbris idearum di Bruno, per esempio), il cui filo comune è sempre lo stesso: tutti contro tutti.
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La scienza resta un sapere perfettibile. Un work in progress. Anche e – direi soprattutto – dopo l’astronomo polacco che muore appena dopo aver pubblicato il suo capolavoro, il De revolutionibus orbium coelestium, anche dopo Galileo, anche dopo il politicante Bacon (che di Psicologia della conoscenza era davvero un esperto). E ancora: vogliamo parlare di chi ha tagliato in due la realtà umana, in un modo così geniale e potente che ancora oggi per forza i neuroscienziati si devono confrontare con lui (si pensi ad Antonio Damasio, L’errore di Cartesio)? Ma certo che no. Ci sarebbe da star qui per qualche mese a discuterne. Uno contro tutti: Cartesio. E Leibniz? Un altro grande psicologo. Daccapo: Leibniz contro tutti. Poi arriva l’Empirismo e ne vediamo delle belle: citiamo solo HobbesLocke, che ne so, Berkeley. E’ un empirista? Bah. Ci sarebbe da discuterne. Ma io dico: l’avete letto che ne so, almeno il Legrenzi? E che diamine. Ha scritto una Storia della Psicologia, io direi “per tutti” (Il Mulino, Bologna, 1980). Sfogliatelo. Vedreste un fedele ritratto di una storia di libertà.
E di rispetto.
Vedreste che l’associazionismo nasce con Hume (e non nell’Ottocento, con Mill, come qualche studente che si è preparato sui riassunti qualche volta osa affermare).  Una strada che poi prosegue con EbbinghausPavlovBechterev e Thorndike (siamo fra il 1885 e il 1910). Sempre, come al solito, tutti contro tutti.
Poi arriva il 1879, la Germania è grande, il tedesco Wundt ha per primo una celebre intuizione e decide di provare ad indagare “scientificamente” la psiche fondando il primo laboratorio di psico-fisica, Lipsia.
E con Wundt si chiude il passato di millenni e inizia la lunga storia della psicologia moderna. E’ qui che la psicologia acquista una dimensione radicalmente nuova assumendo i criteri metodologici della sperimentazione e della quantificazione; in questo senso appunto, identificando la storia della psicologia con la storia della psicologia sperimentale e quantificata, è lecito dire che quest’ultima ha poco più di cent’anni di vita. Sarà mai questo un periodo di accordo? Ma manco per idea. Sempre peggio: alcuni seguono i sentieri inaugurati da CondillacHélvetiusLa Mettrie,Cabanis, etc. Ma altri si dedicano al legame tra Psicologia e Matematica: Herbart. Altri parlano di psicofisica: Fechner. Altri scoprono il ruolo della statistica: ancora Ebbinghaus.
Poi arrivano i fisiologi. Bell e Magendie mostrano l’indipendenza delle vie sensoriali dalle vie motorie. E si apre un nuovo filone di ricerca.
Si contrappongono intere scuole: lo strutturalismo va avanti per conto suo. L’introspezionismo, pure. Il funzionalismo guarda a Darwin e cerca di comprendere il legame tra i processi mentali e l’adattamento. Dall’altra parte del mondo la psicologia sovietica fa passi da gigante: progredisce la riflessologiaVygotskij è il maestro indiscusso di un intero, isolato, filone di ricerca: un genio senza pari, che mette a fuoco il concetto di interiorizzazione, si occupa di genesi e funzione del linguaggio, su cui il grande biologo e poi psicologo Jean Piaget avrà molto da ridire.
Durante la seconda guerra mondiale emerge la figura di Lurija, che s’interessa dei disturbi che seguono alle lesioni cerebrali (tipiche dei feriti in battaglia).
Poi è il turno della Psicologia della Gestalt: l’anti-elementarismo contro tutti. NominiamoWertheimerLewin, che ne so: TolmanHull. Chi non ha mai sentito parlare di Skinner? E’ a lui se sappiamo – oggi più che mai – che il comportamento umano è manipolabile.
E beh. Poi il “Maradona della Psicologia”: il dottor Freud. Il geniale cocainomane che ha cambiato, una volta per tutte, l’immagine dell’uomo. Insieme a Marx e a Nietzsche, secondo Ricoeur, ma questa è un’altra storia.
E poi ancora l’uomo che amava i molluschi, Jean Piaget e lo studio del bambino. Pensate che questo gigante aveva già capito tutto solo guardando ai suoi figli. E ai molluschi, ovviamente. Andrebbe rivalutato.
E poi ancora, oltre l’epistemologia genetica: il Cognitivismo contro tutti. E Bruner e le figlie e i nipoti di Freud che diventano grandi: da Anna Freud a Melanie Klein: E Winnicott? E come no. Pure il vecchio Donald, ad entrare in scena e mettere i suoi paletti, i suoi distinguo: la preoccupazione materna primaria, gli atteggiamenti materni, lo sviluppo del Sé, l’importanza del gioco, il fenomeno transizionale, il concetto di patologia. E tanta roba ancora. Tantissima.
Pensate che ci sia omogeneità, accordo, anche minimo, tra questi nomi (e ne abbiamo fatti solo alcuni, ovviamente)?
Ma certo che no.
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  1. La Psicologia è in pericolo.

E per quale dannata ragione, oggi, un pensiero debole come quello di “una” tra le tante correnti psicologiche, vorrebbe o potrebbe imporre la sua visione su tutte le altre?
E’ così che è sorta e si è sviluppata la Psicologia. 
E’ così è cresciuta: nella dialettica tra posizioni molto diverse, spesso inconciliabili tra loro.
E’ così che questa scienza, come tutte le altre scienze, vive e sopravvive: nel confronto.
E’ una scienza importante, oltre che bellissima. 
Difendete il diritto di ricerca e di parola di tutti gli addetti ai lavori.
Non uccidete la Psicologia.
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Per inciso: lo psichiatra Crepet contro l’utero in affitto: «Nazismo puro»
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Sull’importanza dell’attaccamento intrauterino, citato in diretta da Paolo Crepet, documento 1,documento 2documento 3 (oltre ovviamente ad una imponente bibliografia che si trova negli studi).
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Spazio bianco
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(Ripassino di Epistemologia facile facile…
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«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)