giovedì 22 maggio 2014

Una serata tra amici veri (2)

 

Come promesso mantengo - parzialmente - l'impegmo preso. Questo è il link per vedere tutta la videoregistrazione della serata contro la dittatura dell'ideologia del gender. E' lunga, ma ne vale la pena. Appena possibile posterò anche il video su quello che dicono i veri scienziati sulla differenza biologica tra maschi e femmine, al di là di ogni ideologica balla. Da vedere e far girare, nelle famiglie, nei gruppi e nelle scuole.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 20 maggio 2014

Una serata tra amici veri

Ieri sera, lunedì 19 maggio, sono stato all'Auditorium del Seraphicum a Roma. Una sera in cui ho ascoltato - in compagnia di oltre 600 "tifosi del vero" - quattro grandi persone: Maurizio Botta, sacerdote senza "se" e senza "ma". Costanza Miriano, giornalista che sa dire cose bellissime sulle donne e sugli uomini tra una risata e un'altra. Mario Adinolfi, giornalista e politico di centro sinistra (ma che è stato lapidato dai suoi e da molti altri per aver sostenuto opinioni contro la dittatura dell'ideologia del gender). Marco Scicchitano, psicologo che ha fatto una approfondita ricerca sul tema dell'ideologia del gender verificando che - appunto - è un'ideologia, non scienza. Ho guardato con estremo interesse un filmato, che appena possibile metterò su questo blog, che mostra i pregiudizi di certi pseudo scienziati e quello che dicono le ricerche davvero scientifiche. 
Ho ascoltato cose  terrificanti, come l'uso dei bambini per farne carne da macello per sostenere l'ideologia, le scuole sempre più usate come campi di rieducazione nazisti per convincere i ragazzi che il bianco può anche essere nero, se spegniamo il nostro cervello. In una serata di applausi e ovazioni ho ascoltato un triste silenzio di fronte alla videotestimonianza di una coppia di due maschi italiani che hanno comprato a centomila (100.000) euro un figlio, privandolo per sempre di una mamma per il perverso gusto di sentirsi genitori senza aver amato una donna. Videotestimonianza naturalmente mandata in onda sulla videofogna di quel canale per giovani dove se non sei lesbica, perverso o almeno leggermente trans non ti fanno nemmeno sedere per non contaminarsi il culo.
Il ritratto della tristezza.
Ecco, una serata "diversa" nel senso buono del termine, in mezzo a seicento amici. molti di parecchio più giovani di me per fortuna, per ricordarci insieme che se c'è il sole non piove, e se fa freddo non può fare caldo. Una serata dell'ovvio, per chiamare le cose col loro nome, per non sentirsi pazzi a sostenere che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre, per non vergognarsi si ricordare che le persone nascono biologicamente maschi o femmine. Non si cambia preferenza sessuale a piacimento come si cambia un paio di mutande. E soprattutto, se vuoi cambiare le mutande bianche in rosa non devi pretendere il sussidio dallo stato...

Altro... (Adinolfi)
Altro ancora...(Le perversioni dello "Scienziato"))
e Ancora altro... (Per ridere, fino a un certo punto)

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 14 maggio 2014

Il rimedio per la smemoratezza


Si sa che alcune persone soffrono di vuoti di memoria, a tal punto che c'è il rischio di dimenticarsi anche di cose molte importanti. Di dimenticarsi persino dei propri valori base e dei propri affetti più significativi. Ci sono persone che per molti anni sono state tifose della Roma, e ad un certo punto si si sono trovate a sventolare con gioia la bandiera della Lazio. Alcuni si sono dimenticati di pagare le tasse e si sono trovati con conti in Svizzera. Si fa presto a dire "Traditori, Evasori": sono semplicemente smemorati...
Era stufo dei soliti bastoncini di pesce.
Non perdiamoci di vista...
Per i nostri problemi mnemonici fino ad un certo punto ci viene in soccorso l'agenda, cartacea o digitale non importa. Ci sono anche i Post-it o la segretaria per chi può permettersela.  Ma nei casi disperati abbiamo una risorsa selvaggia e tribale per ricordare chi siamo e che cosa amiamo: il tatuaggio. Il tatuaggio è un rimedio tradizionale contro la demenza senile. Imprimiamo sulla pelle il simbolo della nostra squadra per ricordarci quando esultare, il nome dell'amata per sapere quando essere gelosi, una spada per ricordarci di essere forti, un teschio per non dimenticare di far paura agli altri, ecc. Suggerisco anche di tatuare una banconota sulla mano, per ricordarci di pagare il tatuatore e chi un giorno - a costo di scarnificarrci - ci dovrà togliere il tatuaggio, E sarà quando ci tornerà la memoria e ci ricorderemo di quanto siamo stati... tatuati.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

domenica 11 maggio 2014

La Psicoterapia 2.0

I pazienti in terapia parlano e raccontano molte cose della loro vita. Le loro narrazioni costituiscono il materiale più prezioso attraverso il quale si individuano i nodi che sono alla base delle difficoltà e dei problemi che presentano, e attraverso le parole si aprono anche le porte del cambiamento.
Le narrazioni dei pazienti non sono mai uguali, cambiano da persona a persona, eppure spesso si possono trovare degli elementi comuni presenti quasi in tutti.
Un elemento che spesso si riscontra nei racconti dei pazienti è la scarsità di riferimenti a motivazioni diverse dai propri sentimenti. I pazienti ogni tanto chiedono "E' giusto, no, dottore?", rispetto a qualche comportamento o qualche pensiero, ma più che altro vogliono la conferma autorevole dello "specialista" alle loro azioni, fatte con motivazioni in cui il giusto coincide per lo più con ciò che procura un'emozione positiva. Manca quindi una riflessione personale sulla valenza morale delle proprie azioni. E' come se le persone agissero trascurando completamente ogni aspetto etico, basando le decisioni sull'emozione del momento, sulle pressioni sociali, su considerazioni fondamentalmente egocentriche.
La mancanza di qualsiasi riferimento ad un sistema valoriale è sconcertante. In pratica ci troviamo di fronte a uomini e donne che non si interrogano se certe scelte che devono fare siano giuste o sbagliate, che agiscono in fondo soltanto in base ad un unico criterio, quello del proprio immediato soddisfacimento: faccio ciò che mi soddisfa, faccio sentendomi il più importante, faccio perchè ho il diritto di fare ciò che voglio. Questo modo di pensare e agire non è solo dei pazienti, ma i pazienti trovandosi in una situazione di sincerità e fiduciosa condivisione hanno meno remore a presentare questo aspetto di sè. In realtà è evidente che stiamo parlando di ogni persona, tuttti siamo soggetti a questa egolatria (= adorazione dell'io come se fosse Dio),
E' la mancanza di un sistema di valori oggettivi e vincolanti, ai quali riferirsi, che produce un'esasperazione di questa egolatria fino a creare una matrice comportamentale che produce azioni riferite solo a se stessi, che hanno per metro di misura il proprio tornaconto, che non tollerano alcun limite o necessario compromesso, che se non trovano una realtà disponibile ad assecondarle si costruscono una realtà parallela psicopatologica.
Il fatto è che se rifiutiamo l'esistenza di un sistema base  di valori esterno a noi ma vincolante per ognuno (la legge naturale), e ci rifugiamo nell'individualismo più esasperato caricando la singola coscienza dell'onere di costruirsi un proprio sistema di riferimento, il risultato è l'esplosione dell'egoismo assoluto, la risalita delle pulsioni più basse e istintuali e la perdità di ogni capacità relazionale vera, con sè, con gli altri, con la realtà.
Per noi psicologi, svolgere il lavoro psicoterapeutico con persone che hanno questa visione così autocentrata è una vera e propria "Mission Impossible", se non si garantiscono alcuni prerequisiti. Innanzitutto occorre creare una relazione di verità e di leale collaborazione. Poi occorre mettere bene in chiaro che la terapia vera, quella che porta a dei risultati osservabili, e non è una semplice chiacchierata di sfogo per confermare le proprie sicurezzze, può richiedere la fatica di riordinare i propri pensieri, di riflettere in modo spietato sulle  proprie scale di valori, di modificare comportamenti, di riconoscere i propri errori. Infine, ma questo è un problema del terapeuta più che del paziente, occorre prendere atto che oggi viviamo ina società fortemente patologica, che produce disagio psichico. La salute significa essere capaci vivere in questo mondo  sufficientemente adattati, ma capaci - quando necessario - di andare controcorrente, di pensare in maniera libera, di agire in maniera anticonformista. Se questi principi non sono condivisi da entrambi, terapeuta e paziente, la psicoterapia sarà per il paziente solo un'esborso di tempo e denaro, per il terapeuta una pesante frustrazione.
Qualcuno potrebbe dire che uno psicologo non dovrebbe entrare negli aspetti morali delle scelte di un paziente,  come se analizzare il rapporto tra la persona e il suo sistema valoriale sia una forma di intromissione e di condizionamento, ma è un'obiezione inconstente. La persona è una, tutto ciò che produce la persona proviene dalla stessa unità psicosomatica, il sistema valoriale è della persona, agire in conformità ad esso o in contraddizione provoca delle conseguenze psichiche. Quindi, uno psicologo può e talvolta deve mettere sotto osservazione questo aspetto, quando individua delle relazioni con i disagi presentato dal paziente, pur nell'ovvio rispetto che si deve ad ogni coscienza. Chi scrive ritiene che la Psicoterapia abbia una funzione non puramente tecnica, ma indirettamente sociale e pedagogica, perchè un paziente che si libera delle proprie nevrosi diventa un cittadino più responsabile  e solidale, un paziente che vince la propria "egolatria" si apre a nuovi orizzonti di  maturità e di responsabilità. Quindi riflettere su questi temi è necessario per noi psicoterapeuti per poter svolgere sempre meglio e più compiutamente il nostro lavoro.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

11/05/14 Tutti i diritti riservati: Silvio Rossi - Roma











martedì 6 maggio 2014

Calcio in culo

 Sabato, dentro e fuori l'Olimpico è successo quel che è successo. Napoletani, Fiorentini, Romani, poliziotti, tutti a darsele di santa ragione, a far esplodere bombe carta, a prendersi a pistolettate.
Dopo di che, tutti gli ipocriti a stracciarsi le vesti  per lo scandalo davanti al mondo, per lo stato che  scende a patti coi camorristi, per le famiglie che non possono più andare  in tranquillità allo stadio, ecc.
Non so se piangere o ridere. Per il bene della mia salute decido di ridere.

Se questi ignoranti vestiti da politici si fossero fermati, almeno una volta nella vita, a guardare come si comportano molti genitori quando vanno a vedere i figli di 8/9 anni nelle partitelle del sabato, avrebbero già capito tutto. Se queste teste vuote di tanti giornalisti avessero mai visto in che stato sub-umano si trovano i ragazzini che escono da un locale dopo aver bevuto e fumato canne, avrebbero capito ancora di più. Se questi mentecatti che ci governano conoscessero la differenza tra quantità e qualità (una spinta di un bullo in classe o una coltellata fuori lo stadio  qualitativamente sono la stessa cosa, è diversa solo la quantità) non darebbero stupidamente fiato alle trombe.
Nel corso degli anni hanno demolito l'autorità, il rispetto per la gerarchia, la disciplina e i valori quali l'onore e la dignità personale. Hanno banalizato la cultura, distrutto la scuola elementare, hanno istituito il "perdonismo" come categoria morale (ben diverso dal perdono che non esclude la giustizia). Dall'inizio del '900 hanno delegato alle mafie la creazione e il mantenimento del sottosviluppo del sud. E adesso, che cosa vogliono? I veri responsabili sono gli intellettuali e i progressisti che nell'ultimo secolo hanno devastato il tessuto sociale e l'autorità della famiglia. Fatti come quello di sabato, sono prevedibili e magari anche previsti da qualcuno dotato di lungimiranza. Sono i frutti di un lavoro di erosione che va avanti da decenni. Non c'è da stupirsi, accadrà ancora e magari accadrà di peggio. Finchè non si metterà mano seriamente alla ricostruzione, che non si fa nè con i daspo, nè con i manganelli, ma con i cervelli e il coraggio di andare controcorrente. 

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

domenica 27 aprile 2014

Voci contro




Zecchi: «Vigilare sui figli. Il gender è la nuova dittatura»

intervista di Lucia Bellaspiga  per Avvenire

Si dice «d’accordissimo» che l’educazione comprenda anche il tema dell’omosessualità e che nessuna discriminazione sia accettabile, soprattutto a scuola, «ma il trasformare questa convinzione in una battaglia politica è mistificatorio è violento nei confronti dei bambini. Occorre reagire, là dove è possibile bisogna creare argini di confronto pacifico». Tra i genitori sconcertati dalle linee guida dell’Unar (i tre ormai famigerati volumi dedicati alle scuole elementari, medie e superiori, poi ritirati dal web) e dall’ideologia del gender imposta come indottrinamento fin dalla tenera età, c’è Stefano Zecchi, ordinario di Filosofia alla Statale di Milano e scrittore, ma anche padre di un bimbo di 10 anni.
Fiabe gay alle materne, problemini di aritmetica con personaggi omosessuali alle elementari, narrativa e film transgender alle superiori, la parole padre e madre cancellate dai moduli… Come si arriva a questo? A chi giova?
Ci sono due livelli di ragionamento. Il primo è culturale filosofico, il secondo più pedagogico. Oggi in politica c’è una forte difficoltà a dare un senso culturale alle proprie differenziazioni, così il laicismo proprio della sinistra ha trasportato il suo armamentario ideologico nel tema dell’abolizione dei generi. Dire che i generi non sono più maschio e femmina ma addirittura 56 tipi diversi diventa la battaglia per un’identità politica. Come prima credevano sinceramente che il comunismo salvasse il genere umano e si riconoscevano nella moralità ineccepibile, così oggi sostengono che il gender salva dall’abbrutimento. Ma così la politica diventa biologismo, selezione della specie, darwinismo deteriore. Basta leggere i loro testi.
E sul piano pedagogico? La scuola è particolarmente nel mirino di queste folli ideologie.
È giusto che l’educazione comprenda anche l’omosessualità e soprattutto il rispetto delle differenze, ma senza portare il tema sotto le bandiere mistificatorie che vedo oggi. Una cosa è il dato biologico, altro è la sovrastruttura culturale: un giorno arriveremo a difendere il pedofilo, in fondo è un uomo che persegue una sua preferenza sessuale, e addirittura l’incesto…
La libertà di educazione per i propri figli è un principio costituzionale. Eppure oggi è minato da una “educazione di Stato” che gli ideologi del gender vorrebbero imporre.
È chiaro che più si sa e meglio è, è persino banale dirlo, ma chi deve sapere? I docenti. Devono essere formati bene per prevenire ogni forma di bullismo, che crea vere tragedie personali, e fare mediazione tra le sensibilità della classe. Ma lasciate in pace i bambini: su di loro si sta esercitando un’ideologia violenta che non dovrebbe nemmeno lambirli. D’altra parte è tipico dei regimi, che come prima cosa si appropriano delle scuole: questo sta diventando un regime e infatti tutti hanno paura di reagire, anche solo dire che il padre è un uomo e la madre una donna è diventato un atto di “coraggio”. Siamo al grottesco.
Eppure alcune scuole si adeguano subito: via le fiabe perché il principe ama la principessa, via anche la festa del papà (chissà perché della mamma no)…
È il frutto di una demolizione della figura del padre che arriva da lontano, dagli anni ’70, quando si è cominciato a distruggere la famiglia dal “capo”. Sfasciata la famiglia è chiaro che dopo puoi sfasciare anche i due diversi ruoli di padre e madre, e che oggi sia a pezzi lo dice la facilità con cui si sciolgono i matrimoni: quando si accetta una visione così “allegra” di famiglia, aperta, senza legami, tutto diventa possibile. Annientare la madre è più difficile perché è la figura biologica, anche se affitti un utero è ancora femminile, finché almeno la tecnologia non riuscirà in cose mostruose, e allora saremo di nuovo al nazismo. Ma io non credo si arriverà a tanto.
Lei è ottimista? La storia insegna che nei regimi si cade senza avvedersene.
Ormai la nostra società ha consolidato un forte individualismo, la teoria del gender non diventerà un fenomeno di massa, lascerà il tempo che trova: io non sono terrorizzato, sono disgustato, che è diverso. Tuttavia bisogna avere delle attenzioni, attrezzarsi perché i nostri figli possano crescere in una dimensione – religiosa o laica che sia – di libertà. Mia madre era maestra e per una vita ha insegnato nella scuola statale, io ho studiato e insegnato sempre nello Stato, lo stesso fa mia moglie… ma mio figlio studia in una scuola paritaria: lì ho la garanzia che cresca libero dall’arroganza degli “inappuntabili moralmente”. Lo ripeto, non voglio crociate, dobbiamo creare argini di confronto pacifico e informare i docenti, ma non fare violenza sui piccoli. Chi ha autorità morale – oltre alla Chiesa anche la politica – si faccia sentire, la buona sinistra parli, dica la sua, ne abbiamo bisogno.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

sabato 26 aprile 2014

Santi o santini?

 Il mondo intero guarda a Roma in questo 27 aprile 2014. E' arrivato il girno della canonizzazione  di Giovanni XIII e di Giovanni Paolo II. Per questa occasione ritiro fuori un vecchio pezzo sul tema:

Strana gente, i santi. Sono persone normalissime che fanno scelte anormali.
Madre Teresa
Normalissime perchè chi incontra un santo non vede un marziano con l'aureola sulla testa, vede una mamma, o un impiegato, o un contadino, o un sacerdote, insomma vede una persona come ce ne sono tante. Che si confonde tra tante altre, senza dare nell'occhio o suscitare una grande impressione. Eppure i santi vivono in un modo che a noi crea scandalo e imbarazzo. E' gente che ha una scala di valori diversa dalla nostra, che dà poca importanza a ciò che per noi è vitale e sarebbe pronta a dare la vita (e tante volte la dà) per cose che noi talvolta trascuriamo completamente. I santi sono persone che come noi non amano la sofferenza, e se stanno male vanno dal dottore, anche loro come noi.
I coniugi Beltrame
Allo stesso tempo ringraziano Dio per la sofferenza che devono patire e la offrono in riparazione dei nostri peccati. E senza nemmeno avvertirci.
Bakita
Pur vivendo nel mondo i santi sarebbero pronti a rinunciare a tutto in nome di Dio, perchè per loro l'amore di Dio ha una forza di richiamo così forte che nulla potrebbe fermarli. I santi non appartengono ad una sola delle categorie in cui noi dividiamo la gente: poveri, ricchi, colti, ignoranti, occidentali, orientali, giovani, vecchi.
Giacinta, Francesco e Lucia di Fatima
Ci sono santi di tutte le specie e di tutte le appartenenze, l'unica cosa che li unisce è la spasmodica, violenta, imbarazzante aspirazione a fare la volontà di Dio, talvolta fregandosene completamente di quella che è la volontà dell'uomo. Epppure, allo stesso tempo, i santi amano l'uomo, lo servono, si spezzano per farsi nutrimento di chi ha fame. Strana gente, i santi, pronti a lasciare casa, amici, professione, onori, famiglia, per una promessa di felicità.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 16 aprile 2014

EKologia



Qualche pensierino sparso alla ricerca della vera ecologia.

 La vera ecologia (n°1): La natura è ordine, chi vuol fare come gli pare si mette automaticamente fuori dalla natura.
  
La vera ecologia (n° 2): I difensori degli animali sono persone. Anche i  difensori delle persone sono sempre persone. Gli animalisti dovrebbero rifletterci su.

La vera ecologia (n° 3): Avere un figlio non è un diritto, è un dono. Se un figlio arriva in modo naturale te lo tieni, se non arriva, forzare la natura è violenza. Tieni presente - oltretutto - che se non arriva c'è un motivo preciso. E spesso il motivo è legato ad uno stile totalmente antiecologico che hai vissuto fino a quel momento,
Volere un figlio è un bel desiderio, come desiderare la salute. Ma qualche volta siamo destinati alla malattia, per colpa nostra o per fatalità, e non ci si può far niente. Con buona pace dei Tribunali.
 
La vera ecologia (n° 4): In natura la vita e l'energia sono sempre prodotte dall'incontro di un polo positivo e uno negativo. 
Chesterton, patrono del buon senso

La vera ecologia (n° 5): Se possediamo delle papille gustative che ci fanno apprezzare una buona bistecca, e anniamo un naso che ci fa venire l'acquolina se sente il profumo di una brace accesa, forse vuol dire che mangiare carne non sia un comportamento contronatura.

La vera ecologia (n° 6): Sono diversi decenni che i soliti noti (vedi qui) minacciano riscaldamenti globali, scioglimento dei poli, buchi dell'ozono e altre previsioni apocalittiche. Per ottimizzare le forze dovrebbero mettersi d'accordo con i Testimoni di Geova, che dall'epoca del loro fondatore prevedono la fine del mondo, e poi quando non arriva la rimandano sempre. Dovrebbero stampare insieme, magari dividendo le spese, un bollettino periodico, intitolato "il Portasfiga", così da poter avere una scorta regolare di carta per le pulizie domestiche.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 15 aprile 2014

Bizze capricciose

Una gran fetta delle sofferene psichiche è data dal pessimo rappoorto che abbiamo con la realtà.
E' un fatto che siamo abituati ad avere una tale sopravvalutazione di noi stessi e delle nostre capacità da crederci quasi onnipotenti; ci sentiamo così in diritto di ottenere tutto quello che desideriamo, semplicemente per il fatto che siamo noi a desiderarlo, che pretendiamo di poter soddisfare ogni nostra aspirazione.
Ora, agendo in questo modo non solo ci comportiamo da bambini ineducati, ma ci prepariamo ad una vita estremamente dolorosa e ricca di delusioni. Infatti questa sorta di delirio di onnipotenza, secondo il quale il nostro io assomiglia tanto al nostro Dio, ci fa scontrare con la realtà, che evidentemente non è molto d'accordo con quest'idea. La realtà, infatti, ci sovrasta, ci supera, ci travolge, e - soprattutto - mostra i nostri limiti. La realtà, ovvero il mondo così com'è, ben diverso da come vorremmo che fosse, non ama affatto le nostre utopie, i nostri sogni di gloria, le fantastiche favole che ci raccontiamo per dare un senso alle nostre vite. La realtà ama la realtà, la realtà fatta di verità, mentre noi uomini amiamo molto le illusioni e chi le vende. Le persone vogliono essere prese in giro, e pur di ascoltare cose che fanno solletico alle loro orecchie sono disposte a pagare, talvolta caro.
donna di 35 anni
E' chiaro che questo braccio di ferro tra una persona che vuole imporre i suoi desideri e una realtà che invece ha progetti diversi, lascia sempre sul terreno una vittima e un vincitore: il vincitore è la realtà la vittima la lascio all'intuizione del lettore. E l'esperienza clinica mostra come molte sofferenze, soprattuto di tipo depressivo, scaturiscano proprio dall'incapacità di accoglienza della realtà. Proporre a queste persone un antidepressivo pensando che sia una malattia da curare con le pastiglie non merita nemmeno un
commento.
uomo di 40 anni
Gli psicofarmaci possono alleviare momentaneamente i sintomi, ma è l'intera personalità che va guarita, cercando di riportarla nella realtà, con un atteggiamento di serena accettazione, di pacifica "coabitazione" con i propri fallimenti, che se ben vissuti non sono mai tali, ma aprono le porte a evoluzioni positive della propria storia.
La realtà ama chi usa i verbi al condizionale: mi piacerebbe, vorrei, sarei contento se... e distrugge chi usa gli assoluti: devo, voglio, pretendo... Una persona è pienamente realizzata quando sceglie il bene e il vero, comprendendo che questi non sono mai in contraddizione con la realtà e tra di loro.
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«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

sabato 5 aprile 2014

La dipendenza fluttuante

La storia della dipendenza si può dividere in tre tappe molto precise:
La fase della tossicodipendenza propriamente intesa, cioè la fase, in cui c'è stato l'esplodere dell'uso delle sostanze psicotrope. Sono state diffuse a livello internazionale droghe sia naturali che di sintesi e, soprattutto a livello giovanile, è iniziata la diffusione e l'uso di questi prodotti, con tutto ciò che ne consegue: psicopatologie correlate, criminalità,  sconvolgimenti sociali, ecc. ecc. Se vogliamo inquadrare storicamente questa fase, possiamo individuarne l'origine intorno agli anni cinquanta del '900.

In seguito, diciamo intorno agli anni '80, alla tossicodipendenza si sono aggiunte le cosiddette "Nuove dipendenze" (Gioco patologico, porngrafia on line, shopping compulsivo, e così via). Nuove dipendenze che si sono diffuse a macchia d'olio a partire dalle zone più fragili del tessuto sociale, cioè le famiglie patologiche e sono diventate compagne di vita di un numero altissimo di persone.

Ora ci troviamo in una terza e ancora inesplorata fase, che potremmo chiamare "Fase della dipendenza fluttuante". E' una fase terminale del processo di perdita di libertà, oltre la quale non può esserci nulla, se non uno stato di totale asservimento e schiavità a qualsiasi potere. La caratteristica di questa fase è la dipendenza per la dipendenza, a prescindere dall'oggetto. In altre parole si tratta di un bisogno di dipendere da qualcosa, non importa cosa; può essere la cocaina, o il cellulare, o la birra, o lo sport, o il massaggio tailandese o la ripetizione di un mantra buddista,  C'è chi dipende dal proprio cane, chi dall'oroscopo, chi dalla propria depilazione, o chi dalla chat. Non importa. La dipendenza è fluttuante perchè può cambiare il proprio oggetto con facilità, l'importante è avere qualcosa che diventi il centro catalizzatore della propria vita e che isoli dalla realtà. Infatti ciò che fa realmente paura è non avere criteri per analizzare la realtà, e ciò che provoca lo sviluppo delle dipendenze è il rifiuto di accettare che esiste una realtà oggettiva, che bisogna farci i conti, che non possiamo crearci realtà parallele a nostro uso e consumo (garda un pò, uso e consumo sono i termini più usati quando si parla di droghe...).
Il perchè di questo distacco dalla realtà, è un perchè a cui è difficile rispondere. probabilmente, non sono estranei i cosidetti maestri del sospetto (Freud, Nietzsche, Marx)  e l'ambiente culturale che li ha partoriti, maestri che hanno inoculato il seme del dubbio su ogni aspetto del mondo esteriore, interiore e sociale, Lo hanno fatto così bene che hanno capillarmente insinuato in ognuno di noi, attraverso i loro inconsci portavoce (intellettuali di varie specie e provenienze), una percezione generalizzata di infondatezza e disorientamento, fino a dubitare di noi stessi, dei nostri pensieri, della nostra stessa esistenza.
Nietzsche, morto pazzo il 25 agosto1900. 
E' chiaro che quando si arriva a negare qualsiasi significato e fondatezza alla realtà esistente, eliminando ogni criterio di analisi e di conoscenza, insomma il nichilismo assoluto (nichilismo=niente esiste, niente ha senso, niente è certo), l'angoscia derivante conduce solo verso due strade: o la ricerca ossesiva di una dipendenza da qualunque cosa, pur di sopravvivere, o l'autodistruzione. E infatti, oggi si oscilla tra la dipendenza fluttuante di cui abbiamo parlato o l'autodistruzione operata in mille modi (la "Cultura della morte" che esalta il valore dell'aborto, dell'eutanasia, del suicidio, della pedofilia, della dittatura dell'omosessualismo, ecc. ecc.).

Scalfari, portavoce apparentemente vivo.

Opporsi alla dipendenza fluttuante e alla cultura della morte, che in fondo sono due facce della stessa medaglia, non si fa scomodando la sanità pubblica, ma svegliando dal torpore gli opeatori culturali, gli intellettuali, i professori, i comunicatori, per infondere nuovamente una fiducia verso la realtà e verso la possibilità di comprenderla oggettivamente, mandando definitivamente in pensione i maestri del sospetto e i loro servi sciocchi, e resistendo con fermezza ad ogni tentativo del potere che vuole mantenerci tutti in un nichilismo disperato per poterci controllare e dirigere a piacimento.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)