sabato 5 aprile 2014

La dipendenza fluttuante

La storia della dipendenza si può dividere in tre tappe molto precise:
La fase della tossicodipendenza propriamente intesa, cioè la fase, in cui c'è stato l'esplodere dell'uso delle sostanze psicotrope. Sono state diffuse a livello internazionale droghe sia naturali che di sintesi e, soprattutto a livello giovanile, è iniziata la diffusione e l'uso di questi prodotti, con tutto ciò che ne consegue: psicopatologie correlate, criminalità,  sconvolgimenti sociali, ecc. ecc. Se vogliamo inquadrare storicamente questa fase, possiamo individuarne l'origine intorno agli anni cinquanta del '900.

In seguito, diciamo intorno agli anni '80, alla tossicodipendenza si sono aggiunte le cosiddette "Nuove dipendenze" (Gioco patologico, porngrafia on line, shopping compulsivo, e così via). Nuove dipendenze che si sono diffuse a macchia d'olio a partire dalle zone più fragili del tessuto sociale, cioè le famiglie patologiche e sono diventate compagne di vita di un numero altissimo di persone.

Ora ci troviamo in una terza e ancora inesplorata fase, che potremmo chiamare "Fase della dipendenza fluttuante". E' una fase terminale del processo di perdita di libertà, oltre la quale non può esserci nulla, se non uno stato di totale asservimento e schiavità a qualsiasi potere. La caratteristica di questa fase è la dipendenza per la dipendenza, a prescindere dall'oggetto. In altre parole si tratta di un bisogno di dipendere da qualcosa, non importa cosa; può essere la cocaina, o il cellulare, o la birra, o lo sport, o il massaggio tailandese o la ripetizione di un mantra buddista,  C'è chi dipende dal proprio cane, chi dall'oroscopo, chi dalla propria depilazione, o chi dalla chat. Non importa. La dipendenza è fluttuante perchè può cambiare il proprio oggetto con facilità, l'importante è avere qualcosa che diventi il centro catalizzatore della propria vita e che isoli dalla realtà. Infatti ciò che fa realmente paura è non avere criteri per analizzare la realtà, e ciò che provoca lo sviluppo delle dipendenze è il rifiuto di accettare che esiste una realtà oggettiva, che bisogna farci i conti, che non possiamo crearci realtà parallele a nostro uso e consumo (garda un pò, uso e consumo sono i termini più usati quando si parla di droghe...).
Il perchè di questo distacco dalla realtà, è un perchè a cui è difficile rispondere. probabilmente, non sono estranei i cosidetti maestri del sospetto (Freud, Nietzsche, Marx)  e l'ambiente culturale che li ha partoriti, maestri che hanno inoculato il seme del dubbio su ogni aspetto del mondo esteriore, interiore e sociale, Lo hanno fatto così bene che hanno capillarmente insinuato in ognuno di noi, attraverso i loro inconsci portavoce (intellettuali di varie specie e provenienze), una percezione generalizzata di infondatezza e disorientamento, fino a dubitare di noi stessi, dei nostri pensieri, della nostra stessa esistenza.
Nietzsche, morto pazzo il 25 agosto1900. 
E' chiaro che quando si arriva a negare qualsiasi significato e fondatezza alla realtà esistente, eliminando ogni criterio di analisi e di conoscenza, insomma il nichilismo assoluto (nichilismo=niente esiste, niente ha senso, niente è certo), l'angoscia derivante conduce solo verso due strade: o la ricerca ossesiva di una dipendenza da qualunque cosa, pur di sopravvivere, o l'autodistruzione. E infatti, oggi si oscilla tra la dipendenza fluttuante di cui abbiamo parlato o l'autodistruzione operata in mille modi (la "Cultura della morte" che esalta il valore dell'aborto, dell'eutanasia, del suicidio, della pedofilia, della dittatura dell'omosessualismo, ecc. ecc.).

Scalfari, portavoce apparentemente vivo.

Opporsi alla dipendenza fluttuante e alla cultura della morte, che in fondo sono due facce della stessa medaglia, non si fa scomodando la sanità pubblica, ma svegliando dal torpore gli opeatori culturali, gli intellettuali, i professori, i comunicatori, per infondere nuovamente una fiducia verso la realtà e verso la possibilità di comprenderla oggettivamente, mandando definitivamente in pensione i maestri del sospetto e i loro servi sciocchi, e resistendo con fermezza ad ogni tentativo del potere che vuole mantenerci tutti in un nichilismo disperato per poterci controllare e dirigere a piacimento.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

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