Per la serie: "Oggi voglio rendermi simpatico", mi scappano due parole sulla malattia mentale, ma non tanto quella dei pazzi, quanto quella malattia che si manifesta nella cieca ottusità dei sani che non vogliono vedere la realtà e vivono solo di riforme e di slogan ideologici.
Io che lavoro in carcere ho sotto gli occhi una progressiva trasformazione di questi luoghi di reclusione in succursali dei manicomi. Per chi non lo sapesse, infatti, nelle prigioni italiane stanno aumentando a vista d'occhio il numero di detenuti affetti da disturbi mentali. La maggior parte di loro mostra un'evidente correlazione tra l'uso di droghe e alcool (cannabis e cocaina in primis) e lo sviluppo di disturbi psichiatrici. Per altri, una minoranza, un pregresso stato morboso che li ha condotti a commettere reati e quindi, non essendoci posti adatti a loro finiscono tra i detenuti comuni, per la gioia del personale di Polizia Penitenziaria, che si trova ad essere, nella quotidianità, personale più somigliante ai vecchi infermieri del manicomio che ad un corpo di pubblica sicurezza. Sia quel che sia, il carcere è quel posto dove i criminali veri col cervello a posto sanno sfruttare ogni appiglio legale per abbreviare la loro permanenza e invece i folli che hanno commesso reati vengono deposti come in una sorta di cronicario che sostituisce luoghi più adatti, portando scompiglio, stress, emergenze continue e rischi per gli operatori e gli altri detenuti. I luoghi più adatti? Ce ne sono? No, non ci sono più. Il carcere è l'alternativa alla strada, la strada è l'alternativa al carcere, il carcere e la strada insieme sono l'alternativa al nulla.
Franco Basaglia, il profeta dell'antipsichiatria degli anni sessanta, illuminato divo celebrato dagli intellettuali di sinistra ex-sessantottini che tanto amiamo e per i quali spendiamo sempre una parola di benevolenza, proprio lui si era scandalizzato dei manicomi e, pensa che ti ripensa, convegno dopo convegno, libro dopo libro, ha condotto l'Italia, paese notoriamente bigotto ed arretrato, al 13 maggio del '78, giorno in cui la politica partorì la beneamata Legge Basaglia che ha chiuso i manicomi, Da allora i matti - casomai non ve ne foste accorti - dichiarati vittime del sistema oppressivo delle camicie di forza sono stati liberati. Lo sappiamo, la libertà guarisce, soprattutto quella imposta per legge, così la malattia è stata estirpata per decisione dei parlamentari. Noi non vediamo più matti in piazza, sulla metro, nelle sale giochi, perchè la Legge Basaglia li ha tutti guariti... e quei pochi che ancora girano è perchè non sono stati debitamente informati.
Per essere onesti qualche problemimo gli eredi di Basaglia ce l'hanno ancora, ma minimo: tipo qualche famiglia che sta lì disperata a domandarsi che fare di un figlio malato di mente a cui lo Stato Illuminato non dà più un manicomio brutto, nè un istituto psichiatrico bello, nè una guarigione. Sono piccoli incidenti di percorso, persone vecchie che pensano che non tutti i matti si possono guarire e che loro si dovranno tenere un pazzo in casa in saecula saeculorum. Comunque presto la questione verrà risolta alla radice: oltre ai matti non vedremo più nemmeno le famiglie dei matti, saranno messe alla gogna dagli emuli di quelli che hanno derattizzato i manicomi, perchè colpevoli di essere al servizio della società maschilista, oppressiva e liberticida.
Insomma, i manicomi erano luoghi terribili, e questo non abbiamo difficoltà ad ammetterlo, come non abbiamo difficoltà ad ammettere che Franco Basaglia avesse buone intenzioni e qualche buona intuizione, ma le menti brillanti di cui parliamo, invece di fare quello che qualsiasi persona di buon senso avrebbe fatto, cioè migliorarne le condizioni, li hanno chiusi, sostituendoli con parole, demagogie, applausi e cooperative sociali. Lasciando i malati, soprattutto quelli più gravi e senza risorse, cioè quelli più bisognosi di un posto adatto, soli e abbandonati, vittime di loro stessi e a rischio continuo.
Non finisce qua. Siccome i geni scappano dall'Italia, ma gli amministratori rimangono, abbiamo l'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, che la maggior parte ricorda per il positivo contributo di buon governo che ha donato alla Capitale, ma noi che ci occupiamo di salute mentale, ricordiamo grati anche per il lavoro encomiabile che ha svolto per chiudere pure gli istituti psichiatrici criminali, ovvero quei luoghi dove erano reclusi i malati di mente che avevano commesso reati. Così oggi, gente che ha ucciso in preda ad allucinazioni, gente che ha violentato perchè la testa così gli ha detto, che ha massacrato un compare con cui aveva organizzato un festino (ricordate tutti, vero?), non ha un manicomio criminale dove essere contenuto, trattato psichiatricamente, possibilmente tenuto lontano dalla comunità. Certo, Ignazio Marino ha pensato, e per noi è rassicurante, ha pensato di sostituire (quando?) questi luoghi terribili con case più umane, con operatori specializzati, luoghi dove non essere emarginati dalla società. Ma noi che non pensiamo, però vediamo, vediamo dei poveretti che durante crisi acute riescono a scardinare le porte delle celle, a distruggere gli arredi, a spaccare la testa a imprudenti che...
Ma la prudenza è una virtù per bigotti, non per intellettuali illuminati che conoscono il mondo attraverso il filtro dei pregiudizi ideologici, che non riescono a rassegnarsi alla rassegnazione, cioè alla semplice e pura evidenza dei fatti che la realtà non si adatta ai cervelli dei sessantottini, sono quelli che dovrebbero adattarsi alla realtà. Ma non si adatteranno, moriranno alienati, separati dalla realtà molto più dei cosidetti "pazzi", moriranno pensando di essere diversamente vivi, senza capire di essere sempre stati diversamente morti.
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)