mercoledì 18 giugno 2014

I reduci di Villa Arzilla


Sembrava un paradiso terrestre, sembrava...

Marciare e poi marcire


...prima il cuore, poi il cervello e infine i bambini































Chi nel '68 aveva 15/18 anni, oggi ne ha 61/64. Ovvero, quelli che (e sono la maggioranza) sono stati nutriti dalla cosiddetta "Cultura sessantottina" , caratterizzata dal rifiuto dell'autorità, contestazione della famiglia, idolatria del sesso libero, uso delle sostanze psicotrope, ecc. sono quelli che strada facendo o hanno fatto in tempo a riciclarsi come radical-chic, piazzati in ruoli significativi della società grazie all'idea per cui è meglio sputare nel piatto in cui mangiano gli altri che nel proprio, oppure hanno preso la via dell'omologazione borghesuccia (protestare va bene, ma la pastasciutta è meglio). Un piccolo - relativamente piccolo - resto si è autodistrutto con i peggiori virus diffusi dallo spirito del '68.
Tutte queste categorie, però, hanno qualcosa in comune: una serie di sconfitte familiari e affettive, un senso di inutilità e perdita di identità, lo smarrimento ideale sostituito da ideologia prêt-à-porter, vuoi ecologico/animalista, vuoi spiritualista usa e getta, vuoi borghese/capitalista (ironia della sorte, proprio quella che da giovani combattevano).
Questi rottami, residui galleggianti sull'inquinato mare postrivoluzionario, portano dentro di loro l'impronta del fallimento. Sono disillusi, accomodati nell'anticamera della vecchiaia, ma già con la morte nel cuore, logorati dal vano tentativo di esorcizzarla a colpi di sedute di psicanalisi, di corsi di sommelier, di paginate di "Repubblica" e incontri di meditazione alla "Casa delle donne".
Il '68 ha seminato della vita di questi reduci vuoto e invidia. Invidiosi perché vuoti, sentendo che il vuoto se lo sono tirati addosso con le loro mani, seguendo i maestri dell'adulazione. Ma loro non si pentono. Non si pentono perché non capiscono. I loro pensieri utilizzano ancora categorie che si portano dietro da cinquant'anni, come una lumaca si porta dietro un guscio incrinato che non l'ha mai riparata: libertà (sempre confusa con l'anarchia), pace (sempre confusa con la non-appartenenza), dialogo (confuso con la ripetizione di slogan), fantasia (che hanno sostituito alla realtà), relativismo (con cui si sono definitivamente suicidati).


I ritrovi degli sconfitti del' '68 sono diversi, ma uno spicca per la sua intrinseca contraddizione, ed è la scuola. Nelle istituzioni dell'istruzione italiana, molti ex sessantottini hanno messo radici e la fanno da padroni. E si vede. Loro, che sono specialisti nel distruggere e inabili a riedificare, hanno raso a terra il sistema scolastico, rinnegando i fondamentali del pensiero e della cultura calpestandoli senza pietà, e isolando i colleghi più validi, che comunque esistono e resistono. Hanno demolito innanzitutto il concetto stesso di maestro ed educatore, privandolo di rispetto e giusta distanza. Hanno provocato la de-responsabilizzazione dell'alunno, mandando in crisi tutto il sistema valutativo e premiale.  Hanno dato troppo spazio alla politica e alle contingenze socio/economiche in un ambiente che dovrebbe essere consacrato ad una dimensione quasi a-temporale per poter agire nella realtà col dovuto distacco dalle ideologie del momento. Si è predicato l'obbligo scolastico indiscriminato realizzando una discriminazione al contrario, umiliando le abilità artigianali/professionali. Hanno - nel loro narcisismo malato di protagonismo - rifiutato di mettersi a servizio della famiglia, e invece di consacrarsi allo sviluppo intellettuale e civile dei giovani affidati si sono posti come liberatori della repressione, rinforzando i comportamenti più arroganti ed esibizionisti. Hanno preparato dei programmi ministeriali zeppi di note a margine, ma senza un contenuto da annotare. Così gli insegnanti sono sempre più burocrati, affetti da sindacalismo coatto, cavillosi, isterici. E carogne, molto più dei vecchi professori che hanno ucciso moralmente, i quali erano severi ed esigenti, ma non carogne; ma loro - diplomati grazie al “6 politico” - per tacitare la loro sporca coscienza pretendono dagli studenti al di là del ridicolo e al di sopra della loro stessa preparazione. Molti di loro hanno fatto carriera: sono presidi, dirigenti, funzionari dei provveditorati, estensori dei programmi, o semplicemente professori che per la loro età e la loro prosopopea fanno i "nonni" negli istituti. Hanno dalla loro anche la formazione degli inseganti più giovani, che pur non avendo partecipato al gran ballo del '68 ne hanno respirato tutti i veleni sparsi nell'aria, uniformandosi e ubbidendo
La scuola italiana attuale è in una condizione miserevole. E non per le strutture fatiscenti, ma per i cervelli fatiscenti dei responsabili, che cercano la benevolenza degli studenti giustificando e accettando tutto come normale, e umiliando quei pochi allievi che per un'educazione anacronistica ricevuta in famiglia si permettono ancora il lusso del rispetto. Tollerano che gli allievi più tranquilli e gentili subiscano le angherie dei loro compagni, andando sempre in soccorso del più prepotente. Sono propagandisti inconsapevoli del politicamente corretto, consumatori di buonismo e spesso anche di canne, fianco a fianco con gli studenti nelle loro battaglie contro l'omofobia, senza nemmeno saperli aiutare a capire che il concetto stesso di omofobia è un non senso lessicale. Ma in fondo, nella scuola il lessico da tempo ha lasciato posto al dislessico. E si vede.

 «In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)


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