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Sembrava un paradiso terrestre, sembrava... |
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Marciare e poi marcire |
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...prima il cuore, poi il cervello e infine i bambini |
Chi nel '68 aveva 15/18 anni, oggi ne ha 61/64.
Ovvero, quelli che (e sono la maggioranza) sono stati nutriti dalla cosiddetta
"Cultura sessantottina" , caratterizzata dal rifiuto dell'autorità,
contestazione della famiglia, idolatria del sesso libero, uso delle sostanze
psicotrope, ecc. sono quelli che strada facendo o hanno fatto in tempo a
riciclarsi come radical-chic, piazzati in ruoli significativi della società
grazie all'idea per cui è meglio sputare nel piatto in cui mangiano gli altri
che nel proprio, oppure hanno preso la via dell'omologazione borghesuccia
(protestare va bene, ma la pastasciutta è meglio). Un piccolo - relativamente
piccolo - resto si è autodistrutto con i peggiori virus diffusi dallo spirito
del '68.
Tutte queste categorie, però, hanno qualcosa in
comune: una serie di sconfitte familiari e affettive, un senso di inutilità e perdita
di identità, lo smarrimento ideale sostituito da ideologia prêt-à-porter, vuoi
ecologico/animalista, vuoi spiritualista usa e getta, vuoi borghese/capitalista
(ironia della sorte, proprio quella che da giovani combattevano).
Questi
rottami, residui galleggianti sull'inquinato mare postrivoluzionario, portano
dentro di loro l'impronta del fallimento. Sono disillusi, accomodati
nell'anticamera della vecchiaia, ma già con la morte nel cuore, logorati dal
vano tentativo di esorcizzarla a colpi di sedute di psicanalisi, di corsi di
sommelier, di paginate di "Repubblica" e incontri di meditazione alla
"Casa delle donne".
Il '68 ha seminato della vita di questi reduci vuoto e
invidia. Invidiosi perché
vuoti, sentendo che il vuoto se lo sono tirati addosso con le loro mani, seguendo
i maestri dell'adulazione. Ma loro non si pentono. Non si pentono perché non
capiscono. I loro pensieri utilizzano ancora categorie che si portano dietro da
cinquant'anni, come una lumaca si porta dietro un guscio incrinato che non l'ha
mai riparata: libertà (sempre confusa con l'anarchia), pace (sempre confusa con
la non-appartenenza), dialogo (confuso con la ripetizione di slogan), fantasia
(che hanno sostituito alla realtà), relativismo (con cui si sono definitivamente
suicidati).
I ritrovi degli sconfitti del' '68 sono diversi, ma
uno spicca per la sua intrinseca contraddizione, ed è la scuola. Nelle
istituzioni dell'istruzione italiana, molti ex sessantottini hanno messo radici
e la fanno da padroni. E si vede. Loro, che sono specialisti nel distruggere e
inabili a riedificare, hanno raso a terra il sistema scolastico, rinnegando i
fondamentali del pensiero e della cultura calpestandoli senza pietà, e isolando
i colleghi più validi, che comunque esistono e resistono. Hanno demolito
innanzitutto il concetto stesso di maestro ed educatore, privandolo di rispetto
e giusta distanza. Hanno provocato la de-responsabilizzazione dell'alunno,
mandando in crisi tutto il sistema valutativo e premiale. Hanno dato
troppo spazio alla politica e alle contingenze socio/economiche in un ambiente
che dovrebbe essere consacrato ad una dimensione quasi a-temporale per poter
agire nella realtà col dovuto distacco dalle ideologie del momento. Si è
predicato l'obbligo scolastico indiscriminato realizzando una discriminazione
al contrario, umiliando le abilità artigianali/professionali. Hanno - nel loro
narcisismo malato di protagonismo - rifiutato di mettersi a servizio della
famiglia, e invece di consacrarsi allo sviluppo intellettuale e civile dei
giovani affidati si sono posti come liberatori della repressione, rinforzando i
comportamenti più arroganti ed esibizionisti. Hanno preparato dei programmi
ministeriali zeppi di note a margine, ma senza un contenuto da annotare. Così
gli insegnanti sono sempre più burocrati, affetti da sindacalismo coatto,
cavillosi, isterici. E carogne, molto più dei vecchi professori che hanno
ucciso moralmente, i quali erano severi ed esigenti, ma non carogne; ma loro -
diplomati grazie al “6 politico” - per tacitare la loro sporca coscienza
pretendono dagli studenti al di là del ridicolo e al di sopra della loro stessa
preparazione. Molti di loro hanno fatto carriera: sono presidi, dirigenti,
funzionari dei provveditorati, estensori dei programmi, o semplicemente
professori che per la loro età e la loro prosopopea fanno i "nonni"
negli istituti. Hanno dalla loro anche la formazione degli inseganti più
giovani, che pur non avendo partecipato al gran ballo del '68 ne hanno
respirato tutti i veleni sparsi nell'aria, uniformandosi e ubbidendo.
La scuola italiana attuale è in una condizione
miserevole. E non per le strutture fatiscenti, ma per i cervelli fatiscenti dei
responsabili, che cercano la benevolenza degli studenti giustificando e
accettando tutto come normale, e umiliando quei pochi allievi che per
un'educazione anacronistica ricevuta in famiglia si permettono ancora il lusso
del rispetto. Tollerano che gli allievi più tranquilli e gentili subiscano le
angherie dei loro compagni, andando sempre in soccorso del più prepotente. Sono
propagandisti inconsapevoli del politicamente corretto, consumatori di
buonismo e spesso anche di canne, fianco a fianco con gli studenti nelle
loro battaglie contro l'omofobia, senza nemmeno saperli aiutare a capire che il
concetto stesso di omofobia è un non senso lessicale. Ma in fondo, nella scuola
il lessico da tempo ha lasciato posto al dislessico. E si vede.
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)