Dando per scontato che cento psichiatri e psicologi daranno cento diverse definizioni di malattia mentale, possiamo individuare alcuni punti certi che distinguono una persona sana da una persona disturbata?
La scienza non si esprime chiaramente su questo, il buon senso sì. Il che vuol dire che lo scienziato, non possedendo criteri sicuri per definire una malattia mentale, non avrebbe nessun diritto a curare qualcosa che non sa esattamente cosa sia e se sia un disturbo. Lo scienziato allora, per orientarsi, ha inventato qualcosa che si chiama DSM, ovvero un libro che elenca le malattie mentali attraverso il raggruppamento e l'organizzazione di sintomi. In altre parole, il DSM dice che se una persona in un certo tempo presenta i sintomi a, b, c, d allora soffre di una certa malattia x. In teoria fila, in pratica no. Perché le malattie elencate sul DSM sono frutto di una convenzione tra specialisti, e sono il risultato di un compromesso tra teste diverse, di tempi e culture diverse. Non per niente nelle varie edizioni del libro, alcune malattie prima presenti, ad un certo punto scompaiono, o viceversa. Questo significa, ad esempio, che le case farmaceutiche vendono medicine per curare un qualcosa che oggi viene considerato una malattia mentale e domani magari sarà solo un'espressione della creatività personale. Nulla di certo e di definitivo. Oppure viene "scoperta" una malattia come la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) per cui in America vendono tonnellate di psicofarmaci per i bambini, quando alcuni dubitano persino che esista questo disturbo...
La malattia mentale è uno stato di sofferenza psichica? Non necessariamente. Alcuni malati psichiatrici non soffrono affatto, vivono nel loro mondo senza provare alcun turbamento. La malattia mentale porta a comportamenti anormali? Se si intende come normalità quella statistica, certo no. Ci sono persone che hanno comportamenti decisamente lontani dalla norma statistica e non sono malati. Se anormali vuol dire strani, bisogna domandarsi cosa stabilisce la "stranezza". Qualche decennio fa in Italia vestirsi come si vestono alcuni ragazzi di oggi avrebbe significato come minimo una notte in cella, oggi nemmeno ci badiamo. La malattia mentale implica dei comportamenti antisociali? No, ci possono essere persone con disturbi mentali completamente innocue e rispettose della legge.
Ma allora la malattia mentale non esiste? Qualche specialista, soprattutto qualche decennio fa, aveva anche provato a sostenere questa tesi, ma appare decisamente un'idea improponibile. Insomma, la malattia mentale esiste, è comprensibile col buon senso, ma non si può definire se non con degli accordi. Occorre ricorrere a convenzioni, ma sono convenzioni in cui troppi hanno interesse a buttarcisi in mezzo, dai produttori di psicofarmaci, a coloro che vogliono "normalizzare" o al contrario "patologizzare" comportamenti che a loro fanno comodo.
Allora non c'è scampo? In effetti è un terreno estremamente complicato quello del disturbo mentale, complicato e pieno di trabocchetti. Ma un minimo di chiarezza potremmo provare a farlo.
Personalmente ho trovato un criterio che mi soddisfa e che mi è di grande aiuto nello svolgimento del mio lavoro. Io parto dal presupposto che la malattia mentale sia qualsiasi condizione psichica in grado di limitare la libertà di scelta di una persona. Più la libertà è limitata, fino alla sua totale compromissione, più la malattia mentale è grave. Di conseguenza una persona in buona salute psichica è una persona pienamente libera. Per utilizzare questo criterio, bisogna naturalmente definire bene cos'è la libertà. La libertà è sapere scegliere consapevolmente tra più possibilità, in base a dei criteri oggettivi di bene e di male, assumendosi pienamente la responsabilità delle conseguenze a breve e lungo termine della scelta effettuata. Il nevrotico annulla la sua libertà in nome dei suoi comportamenti compulsivi e dei suoi pensieri ossessivi il depresso mortifica la sua libertà perdendo il desiderio stesso di scegliere, lo psicotico contemporaneamente sceglie e non sceglie, il dipendente si fa scegliere dalla sua droga, e così via.
La cura comune a tutti coloro che soffrono di disturbi psichici è aiutarli a comprendere che "non si può non scegliere", a formarli all'uso responsabile della propria libertà, ad addestrarli all'assunzione delle proprie responsabilità. In questo senso possiamo affermare che la psicoterapia è l'arte di riconsegnare alla persona la sua libertà.
11/05/13 Tutti i Diritti riservati: Silvio Rossi - Roma
11/05/13 Tutti i Diritti riservati: Silvio Rossi - Roma
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)
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