Fin da piccoli ci hanno insegnato a mentire. Mentire nelle piccole cose ("Non dire a Tizio che ieri sera abbiamo avuto a cena Caio, digli invece..."), mentire nelle cose di media importanza ("Dì a mamma che il negozio era chiuso..."), mentire nelle grandi cose ("Dai la colpa al tuo compagno di banco..."). Siamo diventati così bravi a mentire che spesso mentiamo anche con noi stessi ("E' solo un momento di crsi ma passerà...", invece di ammettere di aver sbagliato tutto nella vita matrimoniale...). Così, gradualmente, siamo diventati straordinari inventori di frottole sia per uso interno che esterno, dei narratori funambolici di scuse, alibi, coperture, circonlocuzioni verbali che mascherano, occultano, travisano, stravolgono la realtà. Siamo diventati talmente competenti da costruirci mondi interi completamente inventati. E di questi mondi noi chiediamo la nazionalità, il diritto di voto e vogliamo anche diventarne Presidenti.
Sì, perchè le bugie chiamano bugie, la falsità richiede altra falsità, e la menzogna ha una fame insaziabile. Nelle bugie ci nascondiamo, troviamo coraggio, assumiamo le facce che ci fa comodo mostrare, recitiamo parti che riteniamo siano utili nei rapporti con gli altri.
Quello che però va detto è che l'abitudine a stravolgere la realtà ci chiude sempre più in uno stretto cappio, in una galera sempre più angusta dove lo spazio vitale si riduce e lentamente ci soffoca. La menzogna conduce alla morte psichica ed esistenziale. L'bbligo di giustificarci sempre, di coprire le bugie, di non farci scoprire diventa una prigione orribile, in cui ogni spontaneità, ogni autonomia, ogni entusiamo è perduto. Raccontarsi favole impedisce anche di chiedere veramente aiuto, quell'aiuto che ci potrebbe tirare sul serio fuori dai guai. E allora anche i rimedi scelti sono degli imbrogli: guru, fattucchiere, chiromanti, le tendenze del momento, il sesso senza inibizioni o il bicchiere di vino. E questi falsi rimedi diventano vere dipendenze che complicano ancora di più la vita.
Negli anni mi sono reso conto che la risposta è - deve essere - una riscoperta della realtà, un cammino di verità con se stessi che fa rifiorire la persona e le dà un nuovo respiro. Guai a quei rimedi che tengono sempre la persona chiusa in se stessa, nel proprio microcosmo avvolgente, nato e alimentato da cumuli di balle sedimentate negli anni. La via deve essere una luminosa uscita nel reale, nella verità, nell'aderenza alla concretezza, perchè al sole della verità si sfaldi e si sciolga la bolla fittizia che ci soffoca. Sempre più mi rendo conto del valore di quella frase del Vangelo: "La verità vi farà liberi", che, pur nel rispetto per chi non crede, amo considerare come linea guida del mio modo di intendere la Psicoterapia.
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)
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