giovedì 22 novembre 2012

Quali prese in giro

Il ragazzo si sentiva omosessuale, lo esternava con caratterizzazioni quasi caricaturali: unghie smaltate, abiti rosa, e ora è morto. Dicono che si è suicidato perché i compagni lo prendevano in giro.
Tutti da ragazzi siamo stati presi in giro, o abbiamo visto compagni presi in giro. E' frequente, è doloroso, è la crudeltà degli adolescenti, e magari anche di adulti - più imbecilli degli adolescenti  in quanto adulti.  Ma la maggior parte di coloro che sono stati presi in giro, per le orecchie a sventola, per i denti storti, per la goffaggine  per la balbuzie, per la magrezza, per i chili di troppo, per uno dei centomila motivi che fanno ridere gli stupidi, la maggior parte è tra noi, magari ha fatto carriera, magari ora è rispettata. Chi si è suicidato, pochi per fortuna, non lo ha fatto per le prese in giro, ma per la mancata reazione psichica alle prese in giro, per l'incapacità di adattarsi alla realtà, per drammi familiari. Se non ci fosse stata la presa in giro, l'innesco sarebbe avvenuto in altre circostanze. L'ironia sugli omosessuali (ributtante, ma qui semmai l'ironia era solo sugli aspetti esteriori del look) non è la causa del suicidio del ragazzo, come il professore che mette un'insufficienza ingiustificata non è la causa di chi si ammazza per un brutto voto.
I gay, buttandosi a capofitto nella vicenda del povero quindicenne suicida per farne un martire della causa, compiono uno scempio. E' una vera offesa alla sua memoria. Lasciamo stare il suo orientamento, qui si deve parlare della fragilità dei nostri adolescenti, della loro incapacità di reagire alla vita e alle sue prove, la fragilità legata per lo più alla fragilità delle loro famiglie. Semmai, se proprio vogliamo parlare di omosessualità, è la spinta a fare Outing che costringe persone, ancora in ricerca di loro stesse, al conflitto psichico (approfondisci). Il problema è che quando vincono le ideologie perde l'uomo.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

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