venerdì 2 ottobre 2009

Confusione perversa

L'altro ieri, girando tra i canali televisi mi sono fermato per un momento sul telegiornale (o almeno così vogliono far credere che sia) di Italia 1. C'era un servizio piuttosto noioso, con un video ripetuto almeno tre volte, su un parco in America dove alcuni elefanti lavano i vetri alle macchine dei visitatori. Tono scherzoso e leggero. Successivamente la giornalista toglieva il sorriso plasticato dalla faccia e annunciava seria l'aggravamento della situazione a Sumatra per il terremoto e lo tsunami. Sullo sfondo immagini di rovina e distruzione. Dopo un attimo riprendeva il tono leggero e partiva un servizio che sinceramente non mi ricordo, ma riguardava qualche sciocchezza canterina o cinematografica. Frizzi e lazzi. Ancora subito dopo immagini amatoriali su Sumatra, Morti, feriti e disperazione.
Questo tipo di miscuglio, una brodaglia stomachevole in cui tutto si mischia con tutto, serio con faceto, sangue con spumante, cadaveri con bionde ammiccanti, non è solo lo spettacolo orrendo che ci regala Studio Aperto. E' la cifra della nostra società, cioè è il marchio onnipresente che caratterizza in larghissima parte il mondo in cui viviamo. Questa confusione la troviamo dappertutto: nella società civile, in cui chi dovrebbe avere un ruolo di un certo tipo si comporta anche in modi che non si legano al suo status. Nelle relazioni, dove maschio, femmina, omosessuale, bisessuale, trans, ecc. ecc. va tutto bene ("l'importante è essere se stessi", appunto, ma quale dei se stessi possibili?). Nei comportamenti sessuali, dove adulti provano desiderio verso bambini. Nelle norme, dove si rifiuta ogni criterio oggettivo in nome di un relativismo che giustifica tutto. Nella religione, dove si fa appello alla coscienza individuale togliendo ogni riferimento ad un Assoluto valido per tutti. Nell'arte, dove qualunque analfabeta ha diritto ad esibirsi pretendendo anche di ottenere consenso. Nella scuola, dove quasi nessuno più, credo, insegna la passione per le idee "chiare e distinte". Nei rapporti sociali, dove non si ha il rispetto del limite e degli spazi altrui. A proposito di spazi, i graffiti sui muri sono l'emblema tipico di questa confusione: ragazzi senza idee che disegnano cose senza significato su spazi che sono di altri.
Insomma viviamo sempre più nella notte nera kantiana dove "tutte le vacche sono nere". Molti subiscono senza nemmeno capire dov'è il problema. Altri sono contenti, perchè pensano sia un progresso e magari battezzano il fenomeno con il termine "contaminazione", per darsi un tono da intellettuali. A me , che faccio il mestiere di psicologo, la compresenza confusa e indistinta in una stessa realtà di elementi tra loro incompatibili fa venire in mente una parola sola: schizofrenia. O se vi piace di più: dissoluzione della personalità, frammentazione dell'io, scissione. Comunque certo non un progresso. E infatti, il disagio sociale è sempre maggiore, molti cercano riparo in realtà iper-dogmatiche, settarie, integraliste, altri trovano rifuglio in mondi paralleli estraniandosi dalla realtà (vedi il mio articolo sulle dipendenze), altri ancora stanno semplicemente male, senza nemmeno rendersene conto.
Scoraggiarsi? certamente no. Tornare indietro nemmeno. Bisogna però impegnarsi a riscoprire la necessità dei limiti e dei confini. In tutto. Solo distinguendo, usando la ragione e ricercando la verità, si potrà rimettere ordine in una confusione che sta diventando sempre più ipercaos.

1 commento:

Marina ha detto...

Credo che sarebbe utile porsi con apertura mentale nei confronti di sè stessi e degli altri individui cercando di migliorare per raggiungere un equilibrio possibile, con sincerità ed onestà di intenti. Credo nel rispetto, nella comprensione ma anche nella consapevolezza e responsabilità delle proprie scelte.
Le Istituzioni dovrebbero svolgere la funzione di controllo ma soprattutto quella di educare a salvaguardare e tutelare sia i beni che il benessere comuni.
Penso che manchi moralità dell'azione.
Soprattutto coloro che sono legati a ruoli di responsabilità potrebbero, a mio avviso, anche avere dei privilegi, ma dovrebbero rispondere personalmente laddove i risultati mancano o addirittura sono negativi. Vorrei pensare al "potere" come strumento di legalità e di responsabilità e non solo come privilegio personale.
Sarà possibile? Forse è solo utopia, chissà!