domenica 22 novembre 2015

Parigi, dal Mulino Rosso al rosso sangue

Il nulla...
Le bombe di Parigi, quale che sia il loro marchio di fabbrica, sono drammatiche e orribili, ma salutari. Perchè obbligano i padri a parlare con i loro figli. 
In questi giorni sono moltissimi i bambini e gli adolescenti che chiedono agli adulti una rassicurazione su quello che sta succedendo. Hanno paura, giustamente vista la loro immaturità, non riescono a capire il senso di questa violenza che esplode improvvisa in mezzo alle case di Europa. Si rivolgono ai "grandi" perchè qualcuno spieghi loro che cosa sta capitando. Non è una guerra chiara, non è ben definito il terreno dello scontro, in realtà non si conoscono nemmeno bene i protagonisti, tanta confusione e incertezza.
Allora, cosa dire? Citare a sproposito la Fallaci con le sue sparate contro l'Islam? Ripetere le idiozie di Obama sui valori (quali?) dell'Occidente? Credere ad una maggioranza di musulmani moderati? Accettare le tesi di chi pensa che i terrroristi siano manovrati dai grandi poteri, per giustificare strategie geopolitiche globali?
...Finisce in nulla
Quello di cui i ragazzi hanno bisogno è la verità. E la verità è che nel mondo esiste il male. Esiste come possibilità ed esiste quindi come scelta che alcuni fanno, liberamente e consapevolmente. La verità quindi è che l'essere umano ha la facoltà di scegliere se aderire al bene, scoperto alla luce della propria coscienza illuminata da solidi principi, o preferire il male, nelle mille facce che può presentare: dall'egoismo primario alla distruzione dell'altro per i propri fini. 
Guai se gli educatori - in primis i padri - non sfruttassero questo momento per parlare ai loro figli, per mostrare le mille seduzioni del male e le sue tragiche conseguenze, ma per mostrare anche la faticosa ascesi del bene e la luminosa pacifica esistenza che può donare.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 17 novembre 2015

"Mio figlio non sa" (mio marito non c'è)



Una mia paziente mi diceva, letteralmente: "Mio figlio non sa dove fermarsi". In questa frase ci sono tanti elementi su cui riflettere, ma cercherò di semplificare. Dividiamo la frase in due parti, la prima è: "Mio figlio non sa". In questa espressione c'è¨ tutto il cuore e l'intelligenza della madre, che sente questo ragazzo come suo, frutto delle sue viscere, il ragazzo che non è un ragazzo qualsiasi, ma proprio quello che ha voluto, desiderato, nutrito e quindi a livello profondo e affettivo, le appartiene (“mio figlio”).  Conseguentemente è il figlio che lei conosce e capisce, di cui si accorge quando sa o non sa. In questo caso lei capisce che il figlio non sa, ma qui finisce il suo territorio. La madre comprende, poi si ferma e non è in grado di trovare una soluzione, descrive il problema e poi si angoscia. L'angoscia è giustificata perché è sola. La madre è in grado di capire il figlio perché è visceralmente suo, ma non è in grado di aiutarlo a cambiare proprio perché è visceralmente suo. Noi possiamo educare gli altri, ma per educare noi stessi abbiamo bisogno degli altri.  Il figlio è parte della madre quindi la madre lo capisce ma non lo cambia. 



La seconda parte della frase è illuminante: "(Non sa) dove fermarsi". Certo, non sa perché non ha il padre. E’ il padre che mette i limiti, gli stop, li mette con l'autorevolezza di chi parla a qualcun altro e non a se stesso.  Chi parla a se stesso è sempre poco convincente, troppo complice e troppo permissivo; ecco perché la madre sa, ma fatica ad educare mentre il padre capisce molto meno, ma è efficace nel cambiamento. 

Chi lo farà diventare grande?
Le due metà della frase sono le due metà della coppia, una descrizione sintetica e acuta della complementarietà della madre e del padre, e del perché un figlio abbia bisogno di un papà e di una mamma: una mamma per essere capito e un papà per diventare adulto. Essere adulti, infatti, vuol dire essere liberi, cioè responsabili, cioè consapevoli dei limiti propri di ogni situazione.  Il dramma attuale della nostra società non è il terrorismo, ma la frammentazione familiare: la fatica eroica di tante donne che cercano di tirare sui figli da sole, la fuga dei padri, l'infantilismo cronico dei giovani che non sanno quando fermarsi.  

          «In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

giovedì 12 novembre 2015

Un regalo

 Ho trovato questa frase del mai abbastanza lodato Chesterton e la voglio regalare agli amici che ogni tanto vengono da queste parti. Con affetto:

G.K. Chesterton
“Finché non si salveranno i padri, non si potranno salvare i bambini e, allo stato attuale, noi non possiamo salvare gli altri, perché non sappiamo salvare noi stessi. Non possiamo insegnare cosa sia la cittadinanza se noi stessi non siamo cittadini; non possiamo dare ad altri la libertà se noi stessi abbiamo dimenticato l’ardente desiderio di libertà. L’educazione è semplicemente la trasmissione della verità; e come possiamo passare ad altri la verità se noi non l’abbiamo mai avuta tra le mani? […]Gran parte della libertà moderna è, alle radici, paura. Non è tanto che noi siamo troppo audaci per sopportare le regole, è che siamo troppo paurosi per sopportare le responsabilità. Mi riferisco alla responsabilità di affermare la verità della nostra tradizione umana e di tramandarla con la voce dell’autorità, una voce insopprimibile. Questa è la sola ed eterna educazione: essere così sicuri che qualcosa è vero da avere il coraggio di dirlo a un bambino”.

(G.K.Chesterton, da Che cosa c’è di sbagliato nel mondo)


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

giovedì 5 novembre 2015

Il fisioterapista della famiglia

Alcune volte nel corpo spuntano certi doloretti o disturbi di cui non cogliamo facilmente l'origine. Così prendiamo antidolorifici e  analgesici per cercare una soluzione. Poi magari qualcuno ci consiglia di farci vedere da un fisiatra, ed esce fuori che i doloretti insospettabili dipendevano dalla schiena, dalla postura. Così magari basta un ciclo di mobilizzazione o di rieducazione posturale e tutto va a posto. Si trattava di correggere uno sbilanciamento, di allungare la colonna, nulla di straordinario, però era quello che ci voleva.
La famiglia può essere assimilata ad un corpo umano. Talvolta ci sono dei sintomi psicologici o relazionali, o affettivi, di cui non si comprende bene l'origine. Molti pensano subito a ricorrere agli psicofarmaci, altri si arrampicano sugli specchi per cercare delle cause dirette, ma certe volte la verità è piuttosto semplice. Occorre osservare la componente portante, la colonna vertebrale della famiglia, cioè la coppia. Bisogna individuare squilibri, carichi eccessivi, difetti di relazione. Serve un delicato ma incisivo rimaneggiamento delle delicate armonie di coppia per ristabilire la giusta proporzione tra le parti e la ridistribuzione dei ruoli. A volte bisogna incoraggiare l'uomo ad uscire dall'ombra, a volte bisogna aiutare la donna ad essere più collaborativa, talvolta bisogna invece limitare il peso per alleggerire tensioni. Insomma, in certe situazioni uno psicoterapeuta si sente come un fisioterapista, ma sotto le sue mani non ci sono muscoli e ossa, ma persone da rimettere in sincronia con tutte le altre del sistema...

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)