martedì 28 giugno 2016

Elogio dell'ubbidienza

 L’ubbidienza è tra le virtù umane quella più odiata e insopportabile. Semplicemente perché è quella che ricorda all'uomo che da solo non sta in piedi e ha bisogno di dipendere da qualcuno. Anche l'umiltà trasmette lo stesso significato ma con l'umiltà si può (e ci si può) ingannare, con l'ubbidienza invece non si bara, o si ubbidisce o non si ubbidisce.
Sono pochi quelli che ubbidiscono, ancora meno quelli che amano ubbidire.  E’ vero però che sono pochi anche quelli che comandano.  Di tiranni ce ne sono parecchi, i comandanti latitano, perché un conto è schiacciare l'altro per i propri capricci, un conto è saper dare i giusti ordini per il bene comune.
La crisi dell'ubbidienza e l'inizio della sua decadenza possiamo datarla con buona precisione, a cavallo tra il 1400 e il 1500.  In quell'epoca infatti, si crea l'alleanza stretta tra due realtà nascenti, la riforma protestante di Lutero e l'Umanesimo.  Sia Lutero che gli umanisti esaltavano l'individualismo, l'interpretazione personale e soggettiva delle Sacre Scritture, il rifiuto di ogni autorità e il primato della coscienza individuale. Insomma, il trionfo dell’io soggettivo. Questa rivoluzione dell’egocentrismo, che trova un pretesto storico nell'abuso della pratica delle indulgenze, in realtà rappresenta una ribellione dell'egoismo umano e della sua pretesa di autodeterminazione, contro un sistema comunitario ordinato gerarchicamente che   fu il fulcro degli splendidi secoli medievali. L’abbraccio mortale tra movimento riformatore e Umanesimo portò presto alla dissoluzione anche politica dell’Europa, avviando il processo del “particolarismo”, della creazione delle monarchie nazionali in cui ognuno difendeva il proprio piccolo interesse contro tutti e contro tutto.
Periodo caotico e frammentato quello della Riforma protestante, in cui ogni ortolano ed ogni falegname pretendeva di farsi teologo e di predicare in piazza. D’altronde, se ognuno rispondeva solo alla sua testa in ogni testa c'era un Papa ed un Imperatore.
La disubbidienza quindi, eletta segno d’autonomia e indipendenza, diede inizio, dopo 15 secoli di epoca antica, all'epoca moderna. Ed infatti l'uomo moderno, frutto dei successivi quattro secoli di pensiero libero, di autonomia di giudizio di autodeterminazione, ha finito di liberarsi nelle braccia amorevoli di Stalin, di Mao, di Hitler, ed ultimamente della TV ed Internet.
Il luteranesimo è stato il principio di una frammentazione di cui esso stesso è risultato -  ovviamente -  vittima.  Infatti dal 1500 in poi si è osservato un susseguirsi di divisioni, guerre intestine, creazione di sette, chiese locali, predicatori e chi più ne ha più ne metta, facendo dal mondo protestante un pasticcio colorato e litigioso, unito solo dall'odio verso Roma, dai pentecostali ai Testimoni di Geova all'ultimo millenarista che predica in Hyde Park.
Probabilmente è ora di riscoprire la bontà dell’ubbidienza, la quale non è triste umiliazione di se stesso, ma saggio e cosciente riconoscimento di non essere da soli nell'universo, di far parte di un ordine cosmico all'interno del quale ognuno ha un posto, un compito e qualcuno da cui dipendere.
Anche se non amiamo sentircelo ricordare, ripetiamocelo: noi non siamo Dio, abbiamo limiti e imperfezioni che vanno accettati. Invece la caricatura finale del protestantesimo è il superuomo di Nietzsche, modello per tutti i supereroi americani a loro volta caricatura dell'ignoranza eletta a mito.  Il superuomo è la pretesa della formica di toccare il cielo, di andare oltre la propria realtà in una tensione verso L’onnipotenza. Ovviamente la fine del superuomo è la morte, ma non quella serena, naturale ed ecologica (perché secondo natura) della formica, ma quella penosa e autodistruttiva di chi non volendo ubbidire nemmeno alla morte si ammazza da sè (droga eutanasia suicidio sport estremi, ecc. ecc.).
Nel nostro corpo tutto obbedisce ad una serie di regole...
Come psicologo ho in grande considerazione l’ubbidienza, ovvero il sapersi uniformarsi a delle esigenze riconosciute ed espresse da chi ha il ruolo per farlo. Credo che l’ubbidienza non sia in contraddizione con l’esercizio della propria libertà, ma ne sia anzi una garanzia per non disperdersi oltre i limiti consentiti.
Ho rilevato da tanto tempo che spesso basta ristabilire l'ordine in famiglia, ricordare i ruoli, mettere ognuno al suo posto, abbassare le pretese individuali per ritrovare salute e armonia.  Non c'è nulla di più bello che dare regole per amore e ubbidire a regole ricevute per amore.  La trasgressione così è punita innanzitutto dal dispiacere di aver tradito l’amore, prima ancora che da sanzioni, comunque accettate come giuste.
L’ubbidienza crea comunità e fiducia reciproca, invita alla sincerità e ci fa uscire dalla solitudine del presuntuoso.  Chi ha delle responsabilità deve chiedere ubbidienza, non alla propria persona, ma all’autorità che rappresenta.  Chi ha dei superiori (e ognuno di noi in un ambito o in un altro ne ha) non deve ubbidire alla persona del superiore, cosa di nessun significato, ma al ruolo che riveste, sapendo che nell’ubbidienza rinnova la sua esistenza il significato del suo essere sociale.
...Ma non vale per tutti, purtroppo


Non è facile ubbidire ad un sistema di regole esterne a noi, ma la storia dimostra che è molto meno nocivo del cedere alla dittatura dei propri capricci

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

venerdì 24 giugno 2016

EuropaKastigata

Quelli che di tanto in tanto si affacciano su questo blog per leggere queste mie piccole riflessioni, stupendomi ogni volta per la loro fedeltà e gentilezza, sanno perfettamente che se di psicologia qualcosa ne mastico, di politca ed economia sono completamente a digiuno. Però questo voto inglese costringe a pensare anche chi è al di fuori di questioni che mettono in difficoltà pure gli esperti.
Non so cosa il Brexit comporterà in termini economici, probabilmente molto meno di quello che i suoi oppositori hanno minacciato. Mi interessa però di più capire il significato sociale di questo voto.
Che cos'è l'Europa per gli europei? E' una casa dove i cittadini hanno facilitazioni, servizi, cultura condivisa, difesa e tutela? E' una democrazia dove gli abitanti del continente contano davvero? E' un'economia che difende i deboli e  limita i potenti?
Nulla di tutto questo. L'Europa è un posto dove i burocrati (megastipendiati) sono legati a doppio filo con le banche. E' un luogo dove non sappiamo chi decide, come decide e cosa decide. L'Europa è una costruzione fantastica in cui migliaia di funzionari deliberano sulla lunghezza delle carote, sulla pezzatura del broccolo e sul peso delle sardine sotto sale. E' una realtà che affossa completamente la sovranità popolare. L'Europa mette in difficoltà con mille lacci chi vuole fare commercio, avvantaggiando concorrenti asiatici e non. L'Europa fa guerre non richieste, si accoda ubbidiente al gunizaglio del padrone americano, minaccia Putin con sanzioni che non ha mai riservato ai peggiori dittatori, investe cifre astronomiche per fare propaganda gender nelle scuole elementari, dove bambini piccoli devono essere addestrati a pratiche omosessuali e perversioni di ogni tipo, l'Europa  ha rifiutato la richiesta di Benedetto XVI di riconoscere nalla propria costituzione le sue indiscutibili radici cristiane.
L'Europa, i cui uffici principali sono in Belgio, trova proprio lì una diffusione inquietante di pratiche pedofile terribili, con protezioni ad altissimo livello e testimoni scomparsi.
Parlano di Europa unita. dell'Europa dei cittadini, della cultura europea. in realtà ai cittadini resta solo la perdita di sovranità, di ricchezza, di identità. 
Se il popolo, quando viene messo nelle condizioni di scegliere, dimostra il proprio risentimento e la propria ribellione, anche rischiando qualche transitorio effetto economico ce ne stupiamo? Non tutti ragionano come i banchieri e i potenti depravati che ci governano, non tutti sono disposti ad accettare la manipolazione del pensiero che viene dai mass media pilotati,  non ci sono solo i soldi, prima c'è l'uomo.
Mi sa che c'è rimasto male...

 «In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 21 giugno 2016

Ieri una signora...


A proposito di un precedente post sul femminicidio.

Ieri una signora mi raccontava del proprio figlio di cinque/sei anni: "Quando si tratta di mangiare a tavola è un vero problema, mi esaurisce, per il resto tutto bene"..."Ora che ci penso, anche quando è ora di andare a dormire mi dà un sacco di guai"... "In effetti, tutte le volte che deve rispettare delle regole è un continuo 'no', per il resto è un bambino meraviglioso".
Io le chiedo chi dei due genitori è più coinvolto nell'educazione (ma è una domanda ovviamente superflua): "Io, senza dubbio, mio marito è un giocherellone, sta sempre per terra con lui a rotolarsi e a giocare, quando io dico al bambino che deve lavarsi o deve andare a letto mio marito lo difende sempre ed è lui che sminuisce quello che dico".
Ottimo, la santa protettrice degli psicologi non ci fa mai mancare clienti... 
So che la signora dice la verità, senza una punta di esagerazione, purtroppo. Il marito è un'altro esemplare che usa le palle solo come serbatoio per spermatozoi troppo vivaci.
Maschi inutili, inesistenti, senza autorevolezza, senza dignità. Padri a cui i figli, appena diventeranno adolescenti, rideranno in faccia, avendo perfettamente ragione. Padri che si sentono buoni perchè non hanno mai dato uno sculaccione, senza sapere che con uno sculaccione un padre può salvare un figlio.
La signora di ieri è un'altra mogliettina innamorata che non ha saputo mettere in riga il marito - questo è chiaro - figuriamoci se adesso è in grado di gestire questa apocalisse familiare. Qui non ci vuole SOS Tata, ci vuole SOS Provvidenza.
E' piuttosto scoraggiante notare la velocità della progressiva scomparsa dell'uomo occidentale. Uomo non come biologia, ce ne sono ancora in giro, ma uomo come ruolo sociale e identità psicologica. Uomo forte, uomo del "no"  e del "sì" chiari, uomo della coerenza e della verità, uomo della fermezza e della responsabilità, della decisione stabile.

Lei, la signora, ieri rideva, raccontava quel teatrino di burloni che è casa sua, con il figlio che continuerà fino a quarant'anni a giocare col papà (o finchè potrà mantenerlo), trastullandosi nel frattempo con balocchi vari ed eventuali. 
Ridi, ridi. 

La protettrice degli psicologi qualche volta esagera.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 14 giugno 2016

"Eran cinquanta, eran giovani e forti...

...e li voglion santi", ammazzati da uno di loro: gay e frequentatore di locali trans. Il quale "terrorista", appararentemente musulmano, in realtà era impiegato in una società inglese, paramilitare, che offre servizi a Israele, che sorveglia aereoporti da dove sono partiti i terroristi dell'11 settembre, che si occupa di diverse cosette tipo Guantanamo, il rinomato luogo di vacanze dove gli americani del pacifista Obama torturano i loro prigionieri  (forse) islamici... Se interessa, questo è un articolo documentato sull'argomento.
Insomma il solito pasticcio stile Parigi, stile Bruxelles, dove si sa chi spara, non si sa di chi sono le pallottole.
Ma, dalle nostre parti, il famoso statista Scalfarotto coglie al volo l'occasione dei gay uccisi per chiedere una legge sull'omofobia, la quale legge non c'entra niente col fatto,  e nemmeno con la ragione, visto che omofobia, come femminicidio, sono parole che vengono usate quando non si ha nulla di serio da dire.

Statista dalla barba austera impegnato a fare politica
Comunque, con buona pace dello statista dalla barba austera, dopo mesi in cui decine di migliaia di cristiani in tutto il mondo, uomini, donne e bambini, sono stati uccisi, torturati, bruciati vivi per la loro fede con la massima noncuranza dei mass media, a parte l'umano dispiacere per le cinquanta vittime non penso proprio che questi morti debbano essere santificati, che debbano soprattutto essere usati come pretesto politico a uso e consumo di Scalfarotto. Lo sciacallaggio non è consentito a nesuno, nemmeno ai gay.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 8 giugno 2016

E' davvero femminicidio?

Purtroppo sono tante le storie di donne maltrattate e uccise dagli uomini. Politici e giornalisti, al solito, quando non riescono a comprendere un fenomeno e a gestirlo, l'unica cosa che sanno fare è attribuirgli un nome. Che non dice niente (ed è il male minore), ma soprattutto confonde e inganna.
Uno sculaccione da piccolo, evita una bestia da grande
Femminicidio è un'espressione idiota, come molte altre inventate dai nostri ignoranti non-eletti.  Non si tratta di crimini perpetrati con l'intenzione di far fuori una donna in quanto donna, allora quelli si potrebbero chiamare feminicidi con buona ragione. Le donne muoiono semplicemente perchè dicono "no" ad un uomo che invece pretende un sì. Questo non è femminicidio, è altro. E' l'esito finale di un processo di disgregazione del maschio, privato di virilità, cioè di forza d'animo, autodisciplina, senso della realtà e capacità di accettare le frustrazioni. La virilità in un certo modo appartiene sia ai maschi che alle femmine; consiste in una capacità di stare al mondo perseguendo i propri obiettivi liberamente scelti, ma nel rispetto della realtà. La quale realtà si concretizza anche nell'accettazione delle inevitabili sconfitte, delle proibizioni, dei no, della rinuncia a qualche eccessiva speranza. Dobbiamo riconoscere che le donne hanno mantenuto una certa dose di virilità, molti uomini se la sono lasciata scippare da un'educazione familiare e sociale che li ha resi degli eterni pupi. I pupi, si sa, sono bambolotti carini, ma sono anche gli esseri più egoisti, narcisisti e egocentrici che esistano. Un pupo in certi momenti potrebbe ammazzarti di fronte ad un no. Se non lo fa è solo per l'incapacità  di concretizzare la sua rabbia. Il pupo adulto, la capacità ce l'ha, eccome. E infatti, coloro che non hanno avuto un'educazione autorevole che li conducesse dallo stato di pupi a quello di adulti virili, non sono in grado di accettare le frustrazioni. Possono uccidere.
La brutta invenzione grammaticale "femminicidio" serve a nascondere la verità impronunciabile: Quando si distrugge la famiglia, questi sono i risultati.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)