Una mia paziente mi diceva, letteralmente: "Mio figlio non sa dove fermarsi".
In questa frase ci sono tanti elementi su cui riflettere, ma cercherò di
semplificare. Dividiamo la frase in due parti, la prima è: "Mio figlio non sa". In questa
espressione c'è¨ tutto il cuore e l'intelligenza della madre, che sente questo
ragazzo come suo, frutto delle sue viscere, il ragazzo che non è un ragazzo qualsiasi,
ma proprio quello che ha voluto, desiderato, nutrito e quindi a livello
profondo e affettivo, le appartiene (“mio
figlio”). Conseguentemente è il
figlio che lei conosce e capisce, di cui si accorge quando sa o non sa. In
questo caso lei capisce che il figlio non sa, ma qui finisce il suo territorio.
La madre comprende, poi si ferma e non è in grado di trovare una soluzione,
descrive il problema e poi si angoscia. L'angoscia è giustificata perché è
sola. La madre è in grado di capire il figlio perché è visceralmente suo, ma
non è in grado di aiutarlo a cambiare proprio perché è visceralmente suo. Noi possiamo
educare gli altri, ma per educare noi stessi abbiamo bisogno degli altri. Il figlio è parte della madre quindi la madre
lo capisce ma non lo cambia.
La seconda parte della frase è illuminante: "(Non sa) dove fermarsi". Certo, non
sa perché non ha il padre. E’ il padre che mette i limiti, gli stop, li mette
con l'autorevolezza di chi parla a qualcun altro e non a se stesso. Chi parla a se stesso è sempre poco convincente,
troppo complice e troppo permissivo; ecco perché la madre sa, ma fatica ad
educare mentre il padre capisce molto meno, ma è efficace nel cambiamento.
Chi lo farà diventare grande? |
Le due metà della frase sono le due metà della coppia,
una descrizione sintetica e acuta della complementarietà della madre e del
padre, e del perché un figlio abbia bisogno di un papà e di una mamma: una
mamma per essere capito e un papà per diventare adulto. Essere adulti, infatti,
vuol dire essere liberi, cioè responsabili, cioè consapevoli dei limiti propri
di ogni situazione. Il dramma attuale
della nostra società non è il terrorismo, ma la frammentazione familiare:
la fatica eroica di tante donne che cercano di tirare sui figli da sole, la
fuga dei padri, l'infantilismo cronico dei giovani che non sanno quando
fermarsi.
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