I giochi del Colosseo svolgevano varie funzioni presso gli antichi romani: offrire al popolo emozioni forti facendo scaricare la rabbia, ingraziarselo dandogli spettacoli gratis, canalizzare la protesta, glorificare la potenza del governo...
Oggi Facebook, dopo il calcio, è chiamato a svolgere lo stesso compito, presentando rispetto allo stadio indubbi vantaggi: è ben accetto anche presso il pubblico femminile, offre una socialità senza (apparenti) pericoli come tafferugli e risse, e soprattutto permette a chiunque di sfogarsi. Anche il più timido può urlare dal suo profilo: "Governo ladro!", sentendosi poi felice di aver vissuto impunemente il suo brivido rivoluzionario. Anche la donna più sobria potrà gridare alle amiche: "Sono esaurita!" prima di organizzarsi per una seduta di manicure. Facebook è il posto giusto dove si può cambiare niente illudendo di cambiare tutto, o si può dirigere l'opinione pubblica regalando la sensazione di trovarsi nella terra della libertà di pensiero. Fb è il luogo dove gli adulti credono di potersi comportare da bambini, i bambini si illudono di comportarsi da adulti e gli adolescenti pretendono di distinguersi riproponendo quello che fanno adulti e bambini. I server si nutrono giornalmente di miliardi di nostri battiti di ciglia, di pensieri, di parole, di vignette, di video postati. Conoscono tutto di noi, anche i cattivi pensieri sul capo o sul Presidente. Ma non si offendono, ci lasciano fare, ci cullano con un'illusione di democratica piazza dove poter essere noi stessi. Cioè schiavi.
Ps. La cosa incredibile è che Facebook è così sicuro di sè da permettere anche di scrivere cose come queste...
Curiosamente, dopo qualche giorno aver scritto quanto sopra, ho trovato questo articolo particolarmente interessante che mostra i meccanismi di inganno di Facebook
Curiosamente, dopo qualche giorno aver scritto quanto sopra, ho trovato questo articolo particolarmente interessante che mostra i meccanismi di inganno di Facebook
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)
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