martedì 30 settembre 2014

Si può fare?

 Siamo alla vigilia del sinodo della Chiesa Cattolica sulla famiglia. Sarà un'occasione per i cristiani di ribadire l'insegnamento perenne su questo tema e riaffermare la centralità della famiglia basata sul matrimonio indissolubile. Ma quindi, quanto verrà detto nel sinodo varrà  solo per i cristiani? Parliamoci chiaro: o una cosa è valida per tutti o non è valida. Non esistono verità partigiane, cioè buone per alcuni e non buone per altri. Quindi dobbiamo interrogarci se la visione tradizionale della famiglia così come è riconosciuta e promossa dai cristiani sia oggettivamente giusta e raccomandabile a tutti o no. 
La famiglia quasi-perfetta, è perfetta!

Cosa dice la psicologia in proposito? Dice tante cose,  spesso in contraddizione tra loro e non sempre chiarissime, come spesso capita in psicologia. Quale che sia l'orientamento dello studioso, comunque, la psicologia da sempre attribuisce alla famiglia un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'essere umano. E inoltre da qualche anno si sta lentamente riscoprendo la complementare importanza del ruolo paterno e di quello materno nell'educazione dei figli. Ma al di là delle teorie, che lasciano sempre a desiderare quanto a precisione, la pratica è sempre piu generosa di insegnamenti.
E la pratica è chiara. La pratica mostra come il benessere integrale, psicologico e fisico (e spirituale - in un certo senso) siano correlati ad un sistema sociale basato su un impegno esplicito di appartenenza reciproca, indissolubile, aperto alla vita. Insomma alla famiglia tradizionale.
Non è certamente un caso se novantanove pazienti su cento che abbiamo la possibilità di seguire nello studio di psicoterapia provengano da realtà familiari compromesse. Come pure non è un caso che chi viene da una famiglia sufficientemente sana abbia maggiori risorse psichiche. I bambini di famiglie problematiche sviluppano più degli altri problemi comportamentali, affettivi e scolastici. Chi ha un rapporto matrimoniale stabile nel tempo gode  di salute migliore ed è più longevo. E così via. Tutto ci dice che la famiglia è per la persona e la persona "è" nella famiglia. 
Ma come possiamo distinguere una famiglia sana da una a rischio? Cosa rende sano un matrimonio?  Domanda complicatissima come complicato è definire la persona sana psicologicamente. Allo stesso tempo domanda facilissima. E' difficile se cerchiamo una risposta tecnica, perché - in tutta onestà - a gran parte della psicologia manca la categoria dell'amore. Facilissima se rispondiamo con l'immediatezza del bambino: la famiglia sta bene quando papà e mamma si vogliono bene! E siccome noi sappiamo che quando le persone si vogliono bene condividono la vita l'uno dell'altra e promuovono il bene l'uno dell'altra, possiamo dire che la famiglia sana è quella in cui si può contare con certezza sull'altro, sentendosi quindi amati e 'presi in carico' per tutta la vita. Se a qualcuno scappa da ridere si ricordi che a chi costruisce una relazione basata su princìpi diversi è probabile che scapperà presto da piangere. 
Possiamo però anche decidere di assecondare il nostro pessimismo o il nostro egoismo; possiamo stare insieme con un rapporto a termine, provvisorio, chiuso alla vita, senza un totale investimento, sperando nella fortuna. E magari può andarci bene. Ma è una roulette russa. E magari, al contrario, chi si dà integralmente alla famiglia pieno di fiducia, può rischiare di incappare in un fallimento. Ma non mi pare ragionevole giocare col fuoco o col calcolo delle probabilità. Si può anche arrivare al termine del viaggio correndo bendati sull'autostrada, ma guidare ad occhi aperti, rispettando il codice della strada, aumenta le chanches di portare a casa la pelle...
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 24 settembre 2014

Cuba libre?

Molti adolescenti mi raccontano come siano bombardati da messaggi che li mettono in guardia dall'alcool. Campagne di prevenzione, iniziative di dissuasione, eventi di sensibilizzazione studiati da specialisti e condotti da operatori formati. Fa piacere sentire tanto impegno da parte delle istituzioni. 
Poi capita di uscire la sera e di inciampare in cocci di bottiglie di birra, capita di girare l'angolo e di imbattersi in gruppi di ragazzi che si vomitato addosso. capita di ascoltarli mentre organizzano una serata e di accorgersi che la loro preoccupazione è quella di dividersi la spesa per la vodka, i cocktail, il pub. 
Evidentemente qualcosa non funziona. I ragazzi, come nel caso del fumo, conoscono tutti i danni a memoria, sanno citare meglio di un medico patologie e rischi, ma senza che questo cambi il loro comportamento.  Si sballano, si ubriacano, si distruggono come se ogni sera non avesse più un'alba, come se questo momento avesse cancellato ogni altro momento. E in questo momento tutto il male che vivo appartiene  ad un'altra vita, ad un'altra persona, ad un altro mondo. 
Ma stupirsi vorrebbe dire non aver capito nulla di cosa vuol dire adolescente, di cosa vuol dire dipendenza.  Stupirsi
"Cuba libre!" Basta poco per essere felici
comunque è concesso, continuare con i vecchi discorsi sulla prevenzione ha qualcosa di diabolico. Si insiste a voler deliberatamente ignorare che se non si fa la vera e unica e primaria prevenzione in famiglia, dagli zero ai dodici anni, tutto il resto non
ha quasi nessun significato. Ma se dagli zero ai dodici i genitori non si assumono consapevolmente il ruolo di educatori e maestri, dopo non possono chiedere allo stato di andare a raccogliere il vomito dei loro figli. E se lo Stato continua a demolire la famiglia con leggi assassine che la mettono sullo stesso piano di unioni basate sull'egoismo e sul capriccio, poi non può chiedere ai genitori di dare buoni cittadini alla nazione. 
E la prevenzione nella scuola? Se la famiglia c'è è un piccolo aiuto in più, se la famiglia manca è quasi completamente inutile. Progetti ambiziosi ma sterili, montagne che partoriscono topolini astemi. Se non si riparte dalla famiglia ogni altro sforzo è destinato al fallimento.
 
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

mercoledì 17 settembre 2014

Non è che Fb ha preso il posto del Colosseo? E un nuovo link...

I giochi del Colosseo svolgevano varie funzioni presso gli antichi romani: offrire al popolo emozioni forti facendo scaricare la rabbia, ingraziarselo dandogli spettacoli gratis, canalizzare la protesta, glorificare  la potenza del governo...



Oggi Facebook, dopo il calcio, è chiamato a svolgere lo stesso compito, presentando rispetto allo stadio indubbi vantaggi: è ben accetto anche presso il pubblico femminile, offre una socialità senza (apparenti) pericoli come tafferugli e risse, e soprattutto permette a chiunque di sfogarsi. Anche il più timido può urlare dal suo profilo: "Governo ladro!", sentendosi poi felice di aver vissuto impunemente il suo brivido rivoluzionario. Anche la donna più sobria potrà gridare alle amiche: "Sono esaurita!" prima di organizzarsi per una seduta di manicure.  Facebook è il posto giusto dove si può cambiare niente illudendo di cambiare tutto, o si può dirigere  l'opinione pubblica regalando la sensazione di trovarsi nella terra della libertà di pensiero. Fb è il luogo dove gli adulti credono di potersi comportare da bambini, i bambini si illudono di comportarsi da adulti e gli adolescenti pretendono di distinguersi riproponendo quello che fanno adulti e bambini. I server si nutrono giornalmente di miliardi di nostri battiti di ciglia, di pensieri, di parole, di vignette, di video postati. Conoscono tutto di noi, anche i cattivi pensieri sul capo o sul Presidente. Ma non si offendono, ci lasciano fare, ci cullano con un'illusione di democratica piazza dove poter essere noi stessi.  Cioè schiavi. 
Ps. La cosa incredibile è che Facebook è così sicuro di sè da permettere anche di scrivere cose come queste...

Curiosamente, dopo  qualche giorno aver scritto quanto sopra, ho trovato questo articolo particolarmente interessante che mostra i meccanismi di inganno di Facebook

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 9 settembre 2014

Panico?

Gli attacchi di panico sono ben conosciuti nei Pronti Soccorso.  Infatti molte persone confondono i sintomi degli attacchi con quelli di un problema al cuore. Convinti di avere un infarto in corso vanno all' ospedale e  si sentono invece prescrivere un calmante.  In effetti ci si può sbagliare. E i medici sono molto comprensivi. Quello che però i medici dovrebbero ricordare è che il calmante può avere un senso nell' immediato, ma alla lunga si rivela invece un possibile potente fattore di mantenimento degli stati ansiosi, come qualsiasi altro tipo di sostanza in grado di creare dipendenza psichica. In altre parole, il farmaco attenua i sintomi e fornisce un senso di.benessere. Ciò dà  potere al farmaco, ma indebolisce le capacità di reazione del paziente, che per questo si percepisce sempre più fragile rispetto ai possibili attacchi. 
Si capisce quindi che i calmanti non siano la strada migliore, quantomeno se usati come unica risposta e sui lunghi periodi. Senza contare gli effetti collaterali possibili. Attualmente si conferma la Psicoterapia, soprattutto quella breve e ad orientamento Cognitivo-Comportamentale, come il migliore approccio per risolvere in tempi ragionevoli la diffusa patologia degli attacchi di ansia e di panico.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 2 settembre 2014

Le teste tagliate

Questa che sta finendo potremo ricordarla come "l.'estate delle decapitazioni": teste tagliate dai musulmani in medioriente, teste tagliate dagli psicopatici di casa nostra. Ma si tende ad ignorare un'altra realtà di decapitati, quelli che la testa ancora ce l'hanno, ma è come se fossero già passati sotto le mani del boia; sono tutti quelli che pur possedendo un cranio lo usano solo come portacapelli. In pratica è il rischio che tutti corriamo, quello di rinunciare a pensare con la nostra testa.
Essere autonomi nel giudizio rappresenta il massimo grado della libertà di pensiero.  Pensare con la propria testa vuol dire valutare in modo critico ciò che leggiamo o che ascoltiamo, non accogliere come vero tutto quello che sentiamo solo perché lo sentiamo, usare la migliore alleata della nostra mente: la memoria. La memoria ci ricorda chi nel passato ci ha raccontato balle, perché chi lo ha fatto una volta tende a rifarlo.  La memoria ci racconta gli errori del passato, e la storia tende a ripetersi...
Pensare con la propria testa, andare se necessario controcorrente, essere anticonformisti rispetto alle dittature ideologiche mai come oggi è indispensabile per custodire la propria salute mentale e la propria libertà. E non basta apparire diversi per esserlo per davvero. Gli anticonformisti per mestiere sono solo dei bastian-contrario servi sciocchi del potere. La vera autonomia di giudizio è di chi è ben inserito nella società e ne rispetta le regole, ma al momento opportuno sa opporsi e dire di no quando la verità è tradita o i valori oggettivi sono calpestati. La vera autonomia è morire con la testa ancora funzionante piuttosto che vivere con dei capelli sospesi sul vuoto.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)