mercoledì 24 aprile 2013

Gli adolescenti sono un problema?

Gli adolescenti sono un problema?
Si e no. 
Sì se l'adolescenza arriva improvvisa nella vita della famiglia. Se fino al giorno prima i figli non sono stati oggetto di azione educativa da parte dei genitori, se non si è mai affrontato il problema del bene e del male, se non c'è stata l'attenzione a crescere i figli nella responsabilità. In questo caso l'adolescenza è un vero problema, perché i ragazzi perdono i contatti con la famiglia, ma non hanno costruito ancora le risorse interiori per muoversi autonomamente nel mondo. E sono alla mercé di qualsiasi nemico.
Se invece l'adolescenza viene preparata fin dall'infanzia, dedicando tempo al dialogo con i figli, dando esempi  maturi e coerenti di vita adulta, abituando i figli ai "no", ecc, allora questa fase della vita è una fase importante, ma non drammatica, in cui tutta la famiglia si rinnova e ringiovanisce, e in cui il padre rappresenta il faro luminoso che serve all'adolescente a non perdere di vista la propria origine e nello stesso tempo trovare la forza per raggiungere la propria destinazione.
La questione centrale dell'adolescenza è stare in gruppo, perché il gruppo rassicura ed è un laboratorio di vita sociale. Il gruppo va a occupare il posto che era stato della famiglia, mettendo i ragazzi in una condizione in cui il ruolo di "figlio" viene sostituito, attraverso il gioco della la competizione, con il ruolo sociale conquistato nella relazione con il gruppo.  
La famiglia non esaurisce il suo compito quando un figlio diventa adolescente, me fino all'età adulta rappresenterà uno sfondo affettivo sui cui i ragazzi ritaglieranno la propria figura in primo piano.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 16 aprile 2013

Popoli senza "Oriente"

Il disorientamento. Una parola sufficiente a fotografare i nostri tempi e la nostra società. Dis-orientamento vuol dire aver perso di vista l'Oriente, cioè non possedere più un punto di riferimento fisso che serve a sapere dove ci si trova, a tracciare una rotta e a tornare a casa. 
 Per duemila anni buona parte del mondo ha avuto come "Oriente" un luogo preciso, che si trova al punto di intersezione del braccio verticale e del braccio orizzontale della Croce. In altre parole, l'Oriente era la persona stessa di Gesù Cristo, vista come Alfa e Omega, inizio e fine della storia, ricapitolazione di tutta la vicenda umana, la Verità stessa di Dio. Orientandosi verso la persona di Gesù Cristo miliardi e miliardi di uomini hanno trovato la ragione del loro esistere, del loro morire. Questo "Orientamento", cioè lo sguardo di tutta una vita concentrato su Cristo, per tutte queste persone ha rappresentato una direttrice per esaminare se stessi, il proprio comportamento, le proprie scelte. Questo "Orientamento" è anche stato un potente antidoto all'ansia, alla depressione, all'angoscia. E nello stesso tempo un invito alla laboriosità, alla produzione artistica, all'edificazione di architetture meravigliose.
Da osservatori occorre riconoscere che da quando la Chiesa - almeno in una buona misura - ha ceduto su questo fronte, lasciando indebolire in se stessa "l'Oriens", sia in senso teologico, che architettonico e liturgico, in tempi rapidissimi il mondo ha collassato,  perdendo davvero la bussola e quindi ritrovandosi "dis-orientato", senza Oriente e quindi senza se stesso.
Ovviamente lascio ai dotti e agli studiosi l'approfondimento della questione dal punto di vista teologico e storico. Ma non si può non osservare che, messo in crisi il cristianesimo, il mondo non è stato capace di costruire una religione alternativa, e chi ci ha provato ha creato solo mostri e dittature. Contemporaneamente le società sono entrare in un turbamento profondo che nulla, a meno di un ribaltamento radicale, fa prevedere breve, reversibile, e innocuo. 
Freud, il fondatore di quella che con un po' di ironia potremmo definire una "religione laica delle passioni laide", ha sostenuto in maniera molto convinta che la religione fosse una creazione dell'uomo in risposta ai propri bisogni. Io non lo penso affatto, ovviamente, ma se Freud fosse ancora tra noi credo che mai come adesso sosterrebbe che l'uomo abbia bisogno di una religione.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

sabato 13 aprile 2013

L'utero della grande madre e altre storie

Cerchiamo un rifugio. Ad una vita che non sappiamo vivere perchè non la sappiamo capire, perchè non la riusciamo ad interpretare. Ci sentiamo, provenienti da un utero troppo accogliente, affacciati su un mondo freddo e proiettati in un luogo inospitale perchè disordinato. E non abbiamo un Virgilio accanto a noi, cioè una guida che possieda una mappa, ci indichi i pericoli, che ci prepari alle difficoltà e ci spieghi il modo di affrontarle. E allora vogliamo scappare e tornare nell'utero, ma si è richiuso dietro di noi, e allora cerchiamo un'altra mamma, rassicurante e protettiva, in qualche modo narcotica, cioè che ci rassicuri, che non ci faccia pensare per non sentire il dolore della paura...

Questa è la realtà di un tempo pazzo come il nostro e la spiegazione di tanti fenomeni:

1. La femminilizzazione della società, iniziata con il femminismo e proseguita con la decadenza del maschio;
2. La diffusione a macchia d'olio delle dipendenze, declinate in migliaia di espressioni diverse nella forma, ma uguali nella dinamica;
3. La deresponsabilizzazione e la giustificazione di ogni comportamento, elette come categorie di comportamento sociale;
4. Il cancro del relativismo e la dittatura conseguente;
5. La dissoluzione della famiglia;
6. Il proliferare di miti, falsi maestri e ideologie di comodo cotte e mangiate;
7. E molto altro ancora...

Il richiamo dell'utero della grande madre è il marchio della nostra società, sbandata e completamente disorientata, perchè senza guida e senza guide. Hanno ucciso il Padre, e ora sono pecore senza pastore. 

Se noi psicologi vogliamo davvero renderci utili per il benessere delle persone dobbiamo abbandonare i falsi miti della non-direttività e del relativismo. Dobbiamo ripartire dalla filosofia e dalla metafisica,  recuperare il vero significato della parola amore, riscoprire l'insostituibile valore della famiglia tradizionale come nucleo fondante della società. Abbiamo un compito importante, e tanta gente si aspetta molto da noi.

13/04/13 Tutti i diritti riservati: Silvio Rossi - Roma

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

martedì 9 aprile 2013

Non-politici o non-uomini?

Se ci rendiamo conto che gli idraulici sono tutti ladri (e non è vero) non per questo dobbiamo mettere dei calzolaia a fare impianti.
Se ci rendiamo conto che i politici sono marci, questo non giustifica il fatto di mettere al posto dei politici dei "non professionisti della politica". Quello che è necessario è sostenere dei politici passabilmente meno marci degli altri.  
Guardiamo quello che sono riusciti a combinare i cosiddetti "tecnici". Monti, al pari dei suoi predecessori professori, ha peggiorato le condizioni del nostro paese, sapendo solo aumentare la pressione fiscale, punendo le famiglie e favorendo le banche. I suoi ministri hanno dimostrato un'incompetenza rara, tra piagnucolii pubblici, figuracce internazionali (vedi la squallida e inqualificabile vicenda dei marinai in India) e arroganza inconcludente. Un governo da dimenticare di uomini dannosi piuttosto che inutili. Ma la risposta non è stata migliore: altri "non professionisti" si sono affacciati alla ribalta, i grillini strilloni, tutto fumo e niente arresto. Appena insediati in Parlamento hanno imparato subito le regole del gioco, divisi tra di loro, contraddittori nel parlare, attaccati alle poltrone e allo stipendio fisso.
Ognuno faccia il suo mestiere.  Per fare il politico ci vuole studio (questi sono tutti ignoranti), gavetta (fino l'altro ieri facevano altro), lungimiranza (a mala pena prevedono in qualche ristorante ceneranno stasera) e moralità (lasciamo perdere). Soprattutto ci vuole una visione alta della politica, intesa come servizio alla collettività, come sostegno al suo nucleo fondante e irrinunciabile: la famiglia. E' una presa in giro sostituire i politici con i non politici. Bisogna creare nuove generazioni di politici, e prima ancora di uomini. Il che vuol dire - al solito - investire risorse nell'educazione, nella formazione, nella famiglia.

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

giovedì 4 aprile 2013

Cinquanta sfumature di perversione

 Judith Reisman sostiene che quasi tutti i programmi di educazione sessuale adottati a livello mondiale seguono linee similari, in sintonia con circoli pedofili  internazionali:. Si tratta cioè del tentativo - attraverso l'educazione sessuale - di sessualizzare i bambini e fornire 'carne fresca' per le voglie malsane di adulti perversi, di sdoganare l’omosessualità e altri comportamenti come normali manifestazioni della sessualità umana, nonché di rendere i giovani dipendenti dal sesso a tutto vantaggio dell’industria della pornografia e dei preservativi, e ciò con il pretesto della lotta alle malattie trasmissibili sessualmente.
E chi sarebbe,  Judith Reisman? E' uno dei maggiori esperti mondiali sul malfamato Kinsey Institute e il suo fondatore, Alfred Kinsey. E' stata consulente dell’FBI nonché del Parlamento e di diversi ministeri statunitensi, insomma è una studiosa competente in questa materia, la cui opinione va tenuta in debito conto.
Kinsey

Quello che sostiene la ricercatrice noi possiamo osservarlo nei media: una progressiva e sempre più esaltata sessualizzazione dei bambini, spinti ad atteggiarsi, muoversi e agire come piccoli adulti disinibiti e provocatori. Se dietro ci sia una deliberata strategia di lobby e di corruttori organizzati  non lo sappiamo, ma la sfida per gli educatori è comunque aperta: si tratta di proteggere i più piccoli da una società profondamente perversa, che tratta le persone come oggetti da consumare, con infinite sfumature di depravazione, cinismo, opportunismo e brutalità.

ps. Aggiornamento dall'Olanda, per dare ragione alla Reisman.


«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)