E' curioso il fatto che noi tendiamo ad abbinare il termine "nuovo" a un'idea di valore e positività. Basta dire: "La nuova politica", "Il nuovo che avanza", "la lavastoviglie di nuova generazione"... e tutto sembra bello e radioso. La parola "nuovo" ha un che di portentoso. Persino Cesare, se fosse ancora vivo, direbbe: "Per una nuova spedizione in Gallia!", sapendo di emozionarci e farci venire voglia di arrivare in Francia a piedi e invadere Parigi con lance e scudi. Non esiste pubblicità senza che dentro qualcuno ci schiaffi il termine "nuovo" o "novità", o "innovativo". E noi, pronti a cedere alla seduzione.
Naturalmente il magico potere della parolina provoca l'effetto opposto sul termine contrario "passato". Per cui, tutto ciò che appartiene alla storia, fosse anche di dieci minuti fa, è già vecchiume, roba da nonni, sorpassata e da buttare. In effetti la storia si proietta verso l'avvenire, gli anni passano, tutto diventa abitudine, e noi abbiamo voglia di cose nuove, di stimoli mai provati, di attese di cambiamento. Ma il fatto che noi abbiamo questo slancio garantisce di per sè che il nuovo sia per forza positivo? Insomma, il nuovo è sempre meglio del vecchio?
La risposta è semplice, basti pensare che nel 1920 il nuovo si chiamava Adolf Hitler, o che la rivoluzione francese inventò la soluzione nuova per eliminare gli oppositori: la ghigliottina. E' evidente che non tutte le novità sono buone. Come. d'altronde, non tutto ciò che è datato è da scartare: la Divina Commedia era e rimane un capolavoro, Aristotele era e rimane uno dei massimi pensatori, ecc.
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Il nuovo che avanza |
Eppure noi fatichiamo moltissimo ad avere una disponibilità critica verso le novità, e questo è un problema. Qualsiasi cialtrone che fa qualcosa di originale e nuovo, per esempio mettere della merda in un vaso e presentarla come opera d'arte, noi siamo pronti a giudicarlo benevolmente semplicemente perchè ha rotto i vecchi schemi dell'arte. Ma se i vecchi schemi si chiamano Michelangelo o Raffaello, Van Gogh o Caravaggio, viva i vecchi schemi, e i nuovi cialtroni rimangono cialtroni, e chi li ammira... è degno del barattolo.
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)