Mi ha colpito la notizia. Roberta Tatafiore, la scrittrice femminista che si è suicidata lasciando una specie di diario degli ultimi tre mesi di vita. Ha voluto far sapere che la sua morte se l'era programmata da tempo e che è stata una sua libera decisione. Nel suo biglietto di addio ha scritto: "La mia è stata davvero una scelta". Secondo me una scelta coerente con la cultura della morte. Quella per cui quando non ho più motivi per vivere, allora mi uccido. L'idea (la presunzione?) di chi non essendo stato in grado di dare un senso assoluto alla propria vita la valuta a peso, e se il piatto comincia a pendere dalla parte che non piace allora la butta via. Una cultura da contabile dell'esistenza. Nessuno può sapere cosa sia passato nella testa della povera donna, non voglio quindi giudicare la Tatafiore - come d'altronde nessun'altra persona - ma l'idea, di cui involontariamente lei si è fatta testimonial. L'idea di considerare la vita un prodotto usa e getta.
Con il suo suicidio questa donna ha reso il peggior servizio possibile alla causa delle donne.
1 commento:
sono capitato per sbaglio su questo blog. Lasciami dire solo una cosa:
La vita di quella persona non appartiene certo a te, ed il suo dramma penso non abbia molto a che fare con la tua opinione convenzionale
Commentare in questa maniera la morte di una persona è quanto meno, dico quanto meno, di cattivo gusto
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