sabato 9 giugno 2007

Come gira il vento...

In diversi colloqui avuti in questi giorni, con pazienti, ma anche conoscenti o semplici persone incontrate casualmente, ho riscontrato più volte un atteggiamento largamente diffuso di pessimismo e scoraggiamento. C'è in giro una forte disillusione nei confronti di tutto. Non solo è ormai completamente in calo qualsiasi interesse o desiderio di partecipazione politica, non solo c'è sfiducia verso le scelte economiche, non solo si è spaventati per il disagio sociale che si manifesta attraverso l'aumento di fenomeni criminali o comunque di illegalità e violenza. Quello che colpisce maggiormente è proprio un atteggiamento di totale sfiducia verso il futuro in generale, come se ci si aspettasse dai prossimi mesi o anni un graduale peggioramento ormai visto come inevitabile.

Non si tratta di depressione in senso clinico. E' più una consapevolezza del livello di marcio e corruzione che ha coinvolto ogni settore della società e l'incapacità di vedere nella stessa società aree sane sui cui investire con uno slancio di fiducia. E il bello - anzi - il brutto, è che non sono tanto gli anziani che facendo il confronto con il loro tempi criticano quelli presenti, ma sono i giovani che si guardano intorno e si anticipano un futuro sempre più nero e critico.

Anche in televisione tira un'aria preoccupante. Nella scatola dell'ottimismo dei lustrini e delle ballerine mi è capitato di sentire nelle ultime settimane diversi commenti assolutamente allarmanti: commentatori autorevoli e prestigiosi che parlavano fuori dai denti di punto di non ritorno e di rischio di ricorso alla piazza.

Ripeto, non si tratta di preoccupazione per la propria pensione o per l'immigrazione clandestina, quello che si respira nell'aria è un senso di angoscia profonda e generalizzata, di assenza di speranza, di scoraggiamento esistenziale, di clima da apocalisse prossima ventura.

Si vive nell'individualismo e nel soggettivismo. Ciò che i maestri del sospetto - come li definiva il filosofo Ricoeur - (Marx, Nietzsche, Freud) hanno seminato, oggi raccogliamo. Si vive uno contro l'altro in uno stato, che talvolta rasenta la patologia, di pensiero paranoico: "Tutti gli altri mi vogliono fregare". In uno stato, quindi, di separazione, di ansia e di "Si salvi chi può".

Quello che manca nella nostra società è la presenza di aree di fiducia e libertà, spazi sani dai quali attingere nuova energia per lavorare alla ricostruzione di sè e del mondo. Quello di cui si sente fortemente la mancanza sono comunità di uomini e donne animata da forti ideali, da idee chiare, legata da un vicolo di donazione reciproca, comunità nelle quali ci si possa ricaricare, trovare slancio, essere incoraggiati a mettere la propria intelligenza a servizio del bene comune. Quello che le persone cercano sono altre persone alle quali unirsi, nelle quali aver fiducia, dalle quali non doversi guardarsi le spalle, con le quali condividere un progetto.

Mi viene in mente - in questo momento non ricordo esattamente la citazione, chiedo scusa - un pensiero, forse di Padre Kolbe, che ho letto da qualche parte. Diceva più o meno così: "Nell'epoca della fine dell'impero romano, quando i barbari imperversavano per il continente e minacciavano di cancellare le tracce della civiltà occidentale, i monaci nei conventi conservarono il meglio del pensiero e della cultura greca e romana, la custodirono e le trasmisero alle nuove generazioni, in modo tale che nel medioevo si potè assistere ad un rifiorire civile e sociale e si pose mano alle fondamenta della rinnovata civiltà europea. Così sarà che le famiglie, nel futuro, saranno come quei conventi. Al loro interno custodiranno quei valori che nella società esterna si vorranno distruggere, e tramanderanno alle nuove generazioni i germi di un mondo rinnovato".

Credo che davvero quegli spazi di libertà e fiducia che la gente cerca possano essere le famiglie. la famiglia rappresenta psicologicamente l'unico antidoto davvero efficace alla sfiducia e allo scoraggiamento. E' l'unico ambiente umano in cui ci sono tutte le caratteristiche per una convivenza sociale basata sulla fducia, sulla donazione reciproca, sulla condivisione, sul mutuo aiuto, sull'accoglienza. La famiglia può essere la risposta giusta alle tante domande di felicità che l'uomo si pone, ma perchè questo sia davvero, la famiglia deve avere le caratteristiche di dono generoso, di abnegazione totale, di legame indissolubile, di scelta totale.










3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Silvio,
ho letto quà e là il blog. trovo i tuoi pensieri molto interessanti.
Oggi sono in piena crisi mistica...e i miei pensieri vanno verso il sociale,la filosofia.
Anch'io avverto un certo "mal di vivere" generale. Nelle aziende c'è meno voglia di lavorare. Visi disillusi che vagano per i centri commerciali frutto di questa bella globalizzazione.
Non saprei dire quando tutto questo è cominciato, forse nel 2000?
L'entrata dell'euro..nel 2001? le torri gemelle...Non so, ma credo che negli ultimi anni ci sia stato un volta pagina totale.
Tutto è cambiato rispetto qualche anno fa...a mio parere c'è un calo di entusiasmo totale, le speranze in un futuro migliore sembrano essere solo utopie per pochi eletti.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi tu, secondo te cosa ha modificato così radicalmente i ns. comportamenti,la nostra psiche?

TT ha detto...

Ciao, le crisi mistiche alcune volte sono provvidenziali, fanno venire a galla grandi domande. Così grandi che quasi mettono paura... Onestamente non so bene che cosa abbia portato all'attuale situazione, però è un fatto che le classiche categorie di spiegazione (depressione, vuoto esistenziale, terrorismo, problemi economici, ecc.) non siano sufficienti a inquadrare un fenomeno assolutamente preoccupante e diffuso. Io vedo soprattutto solitudine. Più i centri commerciali si fanno grandi e affollati e più la gente si sente sola. Più i nuovi media entrano nella vita quotidiana di tutti e più le persone non sanno con chi parlare in un clima di sincerità e accoglienza. Strano, no? Quando non c’era la televisione, i telefonini, internet le persone parlavano e si sentivano capite, oggi che siamo sempre attaccati alla tastiera del computer o del cellulare viviamo l’epoca del distacco dagli altri, e quel che è più grave anche da noi stessi. Tutto ciò conduce all’angoscia e alla tristezza. L’origine di questo senso di abbandono io penso e ripeto (a costo di essere noioso) che sia riferibile alla crisi della famiglia. Dove manca il “luogo” dell’amore gratuito e totale, dell’accoglienza “senza se e senza ma”, dove cedono le difese dell’unico spazio di libertà umana che è la famiglia, allora rimane solo la dinamica della disperazione, della solitudine, della prevaricazione del forte sul debole. Ecco perché l’opera più urgente, più essenziale dei nostri tempi è la rifondazione della famiglia, quella naturale, quella basata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, l’unica che può ridare slancio, fiducia e salute al nostro futuro.

Anonimo ha detto...

Ciao Silvio,
Si, la crisi della famiglia. Ma la famiglia è composta da noi...noi personaggi in cerca di autore! Noi in piena crisi esistenziale, noi che ogni giorno che passa diventiamo sempre più superficiali, che ci riempiamo di tutto per non sentire il vuoto che c'è dentro.
Anch'io ho sempre sognato di avere una famiglia, con il gatto, il cane e il caminetto...ma ahimè non è così semplice. Sono in tanti ormai che non si vogliono impegnare, che a parole si aggrappano a valori, ma poi non sono capaci di difenderne solo uno! Silvio, non è così semplice...Credo che ci vorrebbe un ritorno alla famiglia, dove sia i media, sia la forze politiche, sia l'economia cominci a favorire la nascita di pensieri pro-famiglia...Sino a quando in tv ci faranno vedere che sei "up" solo se possiedi 4 telefonini, giovane a tutti i costi, minimo la quarta di reggiseno, e un bel conto in banca...credo che non ci sia spazio per la famiglia!
Auspico con tutto il cuore alla nascita di un nuovo pensiero globale, una nuova spiritualità più vera più elevata, che salvi le sorti del ns. genere umano.
A presto leggerti...Anny