lunedì 6 febbraio 2017

Bravi preti e bravi medici

Un sacerdote qualche giorno fa diceva in un'omelia che se una persona cerca la felicità è inutile che vada dallo psicologo. E' altrove che si deve rivolgere: alla fede, al Vangelo.
Il bravo prete (lo dico senza ironia) non aveva del tutto torto, ma forse occorre distinguere, perchè distingure è sempre la strategia migliore quando davvero vogliamo capire le cose.
Se io soffro di mal di schiena vado dal medico. Innanzitutto perchè mi tolga il dolore, poi perchè mi aiuti a non farlo ripresentare, infine perchè io non venga impedito dal mal di schiena a svolgere i miei compiti quotidiani. In questo senso, indirettamente chiedo al medico un pò di felicità, perchè poter riprendere al meglio la mia funzionalità certamente influirebbe sul mio stato di benessere e la mia gioia. Questo non significa che vado dal medico per essere felice (anche chi si trova sulla sedia a rotelle può essere felice e per fortuna persone così ce ne sono), ma l'aiuto che può dare un medico  influisce inevitabilmente sulla qualità di vita e quindi sul benessere generale.
Cosma e Damiano, patroni dei medici
Allo stesso modo, andare dallo psicologo perchè "Lui" ha la ricetta della felicità, è ingenuo e sbagliato, ma sperare che il superamento di alcuni ostacoli psicologici mi ridoni quella libertà interiore che è condizione di uno stato di serenità e pace, questo sì che è legittimo. Non tutti gli ostacoli psicologici si possono superare da soli o con il supporto di un'amica, alcune volte serve l'aiuto professionale di chi lavora sul comportamento umano, le emozioni e sul funzionamento cognitivo.
La Felicità con la effe maiuscola certamente potranno raggiungerla anche i malati cronici sia fisici che (con più difficoltà) psichici, ma questo non vuol dire che chi soffre con il mal di schiena, oltre la fede religiosa che aiuta a dare un senso al dolore, non debba rivolgersi ad un bravo ortopedico. Come insegnava Benedetto XVI  tra fede autentica e retta ragione non c'è contraddizione.

In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

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