martedì 12 aprile 2016

Misericordia, usi e abusi

E' un periodo in cui non si fa altro che parlare di misericordia, soprattutto in ambito ecclesiale.  Ma a volte abbiamo l'impressione che la misericordia venga ridotta ad un buonismo politicamente corretto, cioè al rifiuto di distinguere il bene dal male, ad un atteggiamento indifferenziato di scusare ogni cosa senza fare nemmeno lo sforzo di capire che cosa stiamo scusando. 
 Molti accettano tutto senza fare lo sforzo di evidenziare il male che stanno accettando. Facendo così si sentono misericordiosi, e sentendosi misericordiosi si sentono a loro volta perdonati prima ancora di conoscere il loro errore. 
La misericordia si può ammalare di buonismo tutte le volte che manca di verità.  E verità  è ciò che è. Se un genitore perdona un figlio "a prescindere", a prescindere cioè da
un'opera di educazione,  di  chiarificazione dello sbaglio, di un'assunzione di responsabilità,  questa è veramente misericordia?  Va bene che non si richiede che chi ha sbagliato raggiunga subito una piena consapevolezza,  lasciamo stare lacrime di pentimento, passiamo sopra sulla richiesta di scuse... Ma quanto meno si chiede che chi ha sbagliato si renda conto che quello che ha fatto è una cosa che gli ha portato dei danni,  che ha sbagliato scelta.  Perdonare chi ha gli occhi chiusi non è un atto nè misericordioso nè intelligente, ma più probabilmente un inganno.  La prima misericordia è istruire e formare alla verità,  chiamare bene il bene e male il male. Senza sconti. 

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

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