E' la domanda più
frequente che uno psicologo si sente fare. La domanda che più di
ogni altra esprime da una parte, il desiderio di comportarsi in
maniera normale, dall'altra la paura che il proprio comportamento non
sia normale.
Ma nornale, nel
linguaggio comune assume un significato che oscilla tra "sano di
mente", "uguale agli altri", "senza fragilità",
ecc. Quindi la domanda posta vuol dire: "Dottore mi dica se sono
malato di mente, se sono simile agli altri, se il mio comportamento è
sano, se mi devo preoccupare...". E' evidente che ad una
domanda di questo tipo non si può rispondere. Primo, perchè se uno
è malato di mente non capirebbe se io gli dicessi che è malato di
mente. Secondo, perchè nessuno è simile a qualcun altro, quindi
ogni confronto è fuorviante. Terzo, perchè un comortamento non è
normale o anormale in assoluto, ma solo in riferimento a
qualcos'altro. Quarto, perchè
la misura della nostra salute mentale non sta nella statistica, e
cioè in quale percentuale noi ci discostiamo dal comportamento
medio di un gruppo di riferimento.
All'università, quelle
pochissime volte che ci sono stato (preferivo studiare per conto
mio),ricordo come un incubo quelle lezioni in cui un professore si
divertiva a farci rompere la testa sul discorso della normalità. E
dopo averci esaurito dimostrandoci che il concetto di normalità in
psicologia non aveva molto senso ci lasciava alla fine senza averci
dato la chiave della soluzione. Ora, alla luce dell'esperienza e della maturata conscenza delle persone, credo di poter dire che la chiave non ce la forniva
semplicemente perchè da bravo scienziato positivista-marxista
qual'era non poteva concepire la soluzione, che stava al di là
delle sue categorie. Il problema però, è che questo professore era
in buona copmpagnia, e molti altri colleghi sapevano solo dire cosa
non era la normalità, ma nessuno si azzardava a dire cos'era.
Io
non sono uno scienziato positivista marxista, nè tanto meno
professore universitario, ma un semplice artigiano della
psicoterapia, penso, e non per esserci arrivato da me, ma
grazie all'esperienza di tanti pazienti e a mille aiuti, che la chiave della
normalità ci sia.
Noi realizziamo la nostra identità e viviamo con
pienezza usando la capacità di
agire da persone libere. Coscienti di noi stessi e capaci di decidere nel rispetto
del sistema sociale di cui facciamo parte, ma anche con quel giusto
spirito critico che ci rende coerenti con i nostri principi,
sviluppiamo quella "normalità", che è la salute. Chi soffre di
disturbi psicologici è una persona che ha uno spazio di libertà
ridotto a causa di limitazioni derivanti da blocchi dello sviluppo
psichico, da traumi, da educazione sbagliata, ecc. Ma la "normalità"
assoluta, come la salute assoluta, è un progressivo avvicinamento ad
un ideale che non si finisce mai di possedere interamente, è libertà
che tende all'infinito. Perciò la salute è dinamica, mai
acquisita del tutto, è in qualche modo un "Lavoro in corso"
per strappare al caos un sempre maggiore spazio di libertà, quindi
di ordine, dipendenza di giudizio alla luce di pricipi esterni. E'
importante ricordarci che i nostri riferimenti per il giudizio devono
essere esterni a noi. Uno schizofrenico o uno psicotico grave
in fondo sono persone che hanno uno spazio di libertà nullo, in
quanto completamente autoreferenziale, senza confronto con
un'oggettività indipendente dal proprio io.
Essendo la normalità un
cammino di indipendenza, i problemi di salute psicologica che si
possono incontrare lungo la strada vanno visti – e curati – come
osatacoli a questo cammino. Il terapeuta svolge bene il suo lavoro
quando aiuta il paziente a rimuovere questi ostacoli e a fargli
riprendere autonomamente il suo percorso, non offrendogli la propria
strada, ma aiutandolo a correggere quelle scelte che lo hanno
indirizzato su strade senza uscita.
Silvio Rossi, 2014 Tutti i diritti riservati
Silvio Rossi, 2014 Tutti i diritti riservati
«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)
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