sabato 23 febbraio 2013

Chi pe sti mari va...


... sti pesci pija, dicono a Roma. Ma ora , purtroppo, si dice molto meno.

La maturità psicologica di una persona si misura con una semplice osservazione. Non servono test, nè profonde analisi: Una persona è tanto più matura  quanto più si assume la responsabilità delle proprie azioni. Non è difficile, no? O meglio, non è difficile da capire, ma è molto difficile da fare.
E' difficile da fare perchè oggi viviamo in una società debole che crea persone de-responsabilizzate.
Nel nostro mondo, se un operaio si fa male in un cantiere, si parla subito di leggi sulla sicurezza sul lavoro.  Perdonate il cinismo, ma io penso che se che un operaio è talmente incosciente da non proteggersi adeguatamente (ovviamente nella misura che a lui spetta), tre mesi di ingessatura sono la conseguenza prevedibile. Se un ragazzo si schianta contro un muro perchè aveva fumato spinelli e bevuto, il padre dovrebbe rompergli lui le ossa eventualmente rimaste integre.  Non è tollerabile uno stato/mamma che rimbocca pure le coperte agli incoscienti. Non bisogna obbligare per legge a portare il casco, chi non ci arriva da solo si rompa pure la testa e si paghi pure i danni.
 Purtroppo noi siamo allevati in un paese declinato al femminile, una società in cui manca l'apporto del maschio come categoria pedagogica e morale. Siamo troppo protetti, accuditi, premurosamente difesi, sempre giustificati e tenuti al riparo da ogni pena. Salvo poi essere tenuti al guinzaglio dai nostri vizi tollerati come arma di condizionamento e controllo. 
Una persona è pienamente persona nel momento in cui fa una cosa dopo averci pensato, e quando l'ha fatta si assume pienamente la responsabilità delle sue conseguenze. 
Molto spesso mi trovo a che fare con pazienti che danno un'estrema importanza al sentimento. Al fatto che non si sentono di fare una cosa, o che si sentono depressi, o che hanno paura di sentirsi ansiosi, ecc.  Per queste persone quello che conta è che ci si deve sentire bene, costi quel che costi, perchè il sentimento diventa l'assoluto criterio delle proprie azioni. Ma così si tende a fare solo ciò che si sente, e quello che si sente è ovviamente solo il richiamo dei propri istinti, delle proprie pulsioni e dei propri desideri, del proprio egocentrismo e della propria autoreferenzialità. Questo posto di assoluta centralità psichica che si da al sentimento è sbagliato, in quanto attribuisce un ruolo dominante all'elemento più superficiale, mutevole e inaffidabile della personalità.
Dobbiamo capire che non ci si può sentire bene se ci si comporta superficialmente, o in maniera impusiva e senza adeguata riflessione. Non possiamo sentirci bene se agiamo sotto l'impulso del momento. Altrimenti ci rendiamo schiavi del sentimento, come un bambino capriccioso che cerca sempre nuovi giocattoli. Il sentirsi bene è un effetto di una scelta pensata e cosciente, di un comportamento improntato alla responsabilità, di un coraggioso rispetto di ciò che giusto, che non sempre coincide con ciò che ci piace.
Dietro un bambino capriccioso ci sono due bamboccioni
Essere maturi, allora, è superare la schiavitù del sentimento per approdare alla libertà della ragione.  La scuola della maturità è la famiglia, ma una famiglia dove c'è un padre oltre che una madre. Un padre che dia il senso delle norme, del loro rispetto, della forza d'animo necessaria per adeguarsi ad esse. Il padre deve  insegnare che non è la società che si deve adattare al bambino, ma il bambino alla società; che non è la scuola che deve capire l'allievo, ma l'allievo che deve fare ciò che la scuola richiede; che non è la porta che si deve spostare per far passare il pallone, ma che bisogna tirare bene per fare gol.



«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

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