mercoledì 23 novembre 2016

Un condizionale per cambiare pensiero

Volevo condividere con voi un piccolo lavoro fatto con un giovane paziente, all'interno di una terapia per altri versi piuttosto complessa. Spero possa essere utile anche a qualcuno degli amici che viene a trovarmi sul blog:

Chiedendo di elencare qualche suo difetto mi ha portato questa lista:

 non riesco a dire ciò che penso
non riesco a fare discorsi seri
non riesco a non stancarmi delle persone
non riesco a dimostrare i miei sentimenti verso qualcuno.

Ho evidenziato in rosso i quattro "Non riesco" per fargli notare il peso di questa colpevolizzazione espressa in modo così assoluto.

Abbiamo poi tradotto insieme le stesse frasi in una maniera più neutrale, eliminando le negazioni, ed è venuto fuori questo:

Esprimo con difficoltà i miei pensieri
Scherzo sempre, anche a sproposito
Le persone mi annoiano
Ho difficoltà a far capire alle persone che loro mi piacciono.

Già in questo modo i suoi difetti sembrano meno incombenti, vero? Sono descritti sempre in modo veritiero, ma non sono opprimenti, in qualche modo liberano dalla colpa ed evidenziano dei fatti.

In ultimo abbiamo provato a tradurli ancora una volta, ma con l'intenzione di farli diventare impegni da realizzare, progetti di cambiamento. E' venuto fuori questo:

Vorrei esprimere con spontaneità e semplicità i miei pensieri
Mi piacerebbe, quando necessario, avere un atteggiamento più serio
Mi piacerebbe trovare dei motivi per interessarmi alle persone
Mi piacerebbe manifestare i miei sentimenti positivi verso le persone

Decisamente così ci piace. Espressi al condizionale, come desiderio, i difetti sono sempre chiari, ma ora sono diventati un compito da svolgere, giorno per giorno, una attività quotidiana di miglioramento. Abbiamo trasformato i suoi limiti: da prove accusatrici della sua incapacità, a occasioni di crescita e maturazione.

Non riesco, non riesco, non riesco...
Il mio paziente è sembrato incoraggiato da questo "Cambio d'abito", così lo propongo anche qui per suggerire di giocare con le parole, non per mascherare la verità, ma per riuscire ad esprimerla in un modo costruttivo e dinamico, per uscire da quella gabbia di colpevolizzazione nella quale da soli ci andiamo a ficcare così spesso...

«In questo tempo di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario» (George Orwell)

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